Nel suo libro Cristianesimo, la religione del cielo vuoto,
lei afferma: “L’uomo ha perso la sua padronanza del mondo, non essendo più il
suo un mondo naturale, ma un mondo artificiale governato dalle macchine”.
Vorrei osservare che, se per Natura si intende l’insieme delle leggi che
determina l’esistenza e l’evoluzione dell’Universo, non può esserci nulla,
all’interno dell’Universo stesso che è un sistema chiuso, che non sia naturale.
Da dette leggi hanno infatti avuto origine la Terra, la vita, la specie umana.
Ciò che l’uomo pensa e produce è dunque necessariamente naturale, tutto senza
eccezioni: la filosofia, la scienza, l’arte, i computer, la plastica, i forni
di Auschwitz. A meno di non ipotizzare che l’uomo e il suo agire siano
governati da qualcosa di sovrannaturale esente, in quanto tale, dalle leggi
della Natura. Ma questo, non è al momento, dimostrabile. Alessandro Diligenti alessandrodiligenti@gmail.com
Il Suo Ragionamento, per cui tutto è giustificato per
natura, forni di Auschwitz compresi, parte dal presupposto che la natura sia un
sistema chiuso e onnicomprensivo. In realtà la natura è un sistema aperto alle
scelte tecnica che gli uomini compiono. I quali uomini non sono al di fuori
delle leggi di natura, ma con la tecnica raggiunta possono incidere sulla
natura stessa in termini costruttivi o distruttivi, fino al punto di
distruggere le stesse condizioni che rendono possibile la vita umana sulla
Terra. Quello che al suo ragionamento sfugge è che ci sono fenomeni che, se
aumentano quantitativamente, determinano, come osserva Hegel, non solo un
aumento quantitativo del fenomeno, ma anche un radicale mutamento qualitativo
del passaggio. Come se sopraggiunge un terremoto di grado 2 della scala Mercalli
e nessuno probabilmente se ne accorge, ma se ne sopraggiunge uno di 9 gradi non
assistiamo solo a un aumento in quantità, ma anche e soprattutto a un radicale
cambiamento qualitativo del passaggio. Per i Greci antichi la natura era quello
sfondo immutabile che, come dice Eraclito, “nessun uomo nessun Dio fece, ma
sempre è stata, è, e sarà”. Quando nella tragedia Il Prometeo incatenato di Eschilo il coro chiede all’eroe che aveva
donato la tecnica agli uomini se sia più forte la tecnica o la legge che governa
la natura, Prometeo risponde che la prima è di gran lunga più debole della necessità
che vincola la natura delle sue leggi. (..). Solo considerando erroneamente la
natura un sistema chiuso e non aperto alle scelte che gli uomini compiono, è
possibile giudicare “naturale” anche la distruzione della natura stessa,
peraltro già nelle possibilità a disposizione dell’uomo, se si pensa alla
quantità di bombe atomiche presenti sulla terra e pronte all’uso. Benché la
quantità di dispositivi sia già sufficiente a distruggere la terra, questo non
impedisce neppure l’assurda ricerca di un “perfezionamento” degli ordigni. E
qui già dovremmo chiederci che senso abbia cercare un effetto “maggiore
rispetto all’effetto “assoluto” (distruggere la Terra e con essa la storia
dell’uomo di cui disponiamo. Se nella natura ogni cosa e ogni vivente ha una
ragione d’essere e un senso, la tecnica intesa come universo di mezzi che
lavora a prescindere da qualsiasi fine, ci ha già immesso in un “assoluto
astorico”, non avendo mai la storia umana conosciuto un agire che non avesse in
vista un fine e non fosse perciò depositario d’un senso. L’uomo può distruggere
la Terra perché non è dotato, come tutti
i viventi, di quegli istinti naturali che li rendono armonici con la natura.
L’uomo, non essendo regolato da istinti, è disarmonico rispetto alla natura, o,
come dice Arnold Gohlen nel suo libro L’uomo (Feltrinelli), è un “essere
manchevole” bisognoso per vivere di cure, di educazione,di leggi, precetti,
comandamenti, istituzioni che ne regolino i comportamenti (tutte cose di cui
gli animali non hanno bisogno). E proprio per questa sua dis-armonicità con la natura
(che a molti appare come “libertà”, mentre invece è semplice
“indeterminazione”). Per questa sua manchevolezza l’uomo ha potuto sopravvivere
unicamente inventando la tecnica, che in un certo senso la sua essenza, con cui
può tanto creare quanto distruggere l’ordine naturale.
umbertogalimberti@repubblica.it - Donna di Repubblica – 8 Ottobre 2016 -
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