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sabato 1 ottobre 2016

Lo Sapevate Che: Frugando nelle tasche si trovano mille risposte...



Ogni Tanto Sui social network si fanno incontri casuali e bellissimi che sono come regali inaspettati. Sulla pagina Facebook di un’amica mi imbatto in un video in cui un famoso scrittore israeliano che si chiama Ergar Keret, seduto su un divanetto color grigio ardesia su uno sfondo color grigio talpa, legge un racconto tratto dalla raccolta All’improvviso bussano alla porta, pubblicata in Italia nel 2012. Nonostante la deprimente scelta cromatica del contorno e una regia spartana e latitante, resto inchiodata allo schermo fino alla fine della lettura, irretita dal potere ipnotico delle parole. Cos’abbiamo in tasca? si chiama il racconto. “Cosa tengo nella tasca?” , domanda l’autore. Un accendino, una pastiglia per la tosse, un francobollo, una sigaretta piegata, uno stuzzicadenti, un fazzoletto, una penna. Oggetti all’apparenza messi lì per caso ma in realtà accuratamente selezionati. Perché se una notte una ragazza dal sorriso incantevole se ne stesse lì, davanti a una buca delle lettere con una busta affrancata in mano, e chiedesse: “Scusa, sai per caso se a quest’ora c’è un ufficio postale aperto?”, tu potresti estrarre dalla tasca il francobollo e regalarglielo e in cambio lei ti regalerebbe uno sei suoi incantevoli sorrisi. E poi tossirebbe, perché a volte anche le ragazze hanno , così tu le daresti la pastiglia. “Ehi, cos’hai in tasca?”, domanderebbe lei, incuriosita. “Ho tutto quello di cui hai bisogno”, diresti tu. E forse è esattamente questo che dobbiamo avere sempre in tasca: la possibilità di essere pronti, all’occorrenza. La lettura  finisce. Lui, l’autore con tutte quelle cose meravigliose nelle tasche, resta lì per un attimo, un po’ stropicciato, senza saper bene che fare, adesso, in mezzo a tutto quel grigio dopo parole così folgoranti. Il video si blocca sul suo imbarazzo. Premo di nuovo il tasto play e poi ancora e ancora una volta. E penso che forse quello che abbiamo nelle tasche, che sono angoli privati, intimi ma anche angusti ed essenziali, parla di noi e della chance che vogliamo dare all’eventualità di dover essere pronti. Quando carico la lavatrice ho imparato a controllare le tasche dei pantaloni delle felpe e delle giacche. Perché, nonostante le raccomandazioni e le minacce, nessuno dei miei figli si ricorda di svuotarle prima di infilare i vestiti sporchi nell’apposita cesta verde in bagno. Mi precipito all’imboccatura di quel pozzo sempre colmo di pedalini, magliette, felpe e biancheria varia. Ne estraggo un paio di jeans sbrindellati, i preferiti di mio figlio minore. Infilo le dita nelle piccole tasche: trovo una minuscola torcia con il logo di una casa farmaceutica stampato  sopra (dove l’avrà raccattata?), una barchetta di carta (solitamente le fa navigare nel bidet), una caramella già u po’ consumata e riavvolta bell’e meglio nella stagnola, un’anonima pietruzza. Direi che c’è tutto quello che gli serve, tutto il meglio da offrire a chi – il bambino del piano di sopra, la ragazzina con le trecce in cortile, il cane dei vicini – fosse casualmente colto nel momento del bisogno. (..). Le mie tasche sono vuote ma ho deciso che da oggi, comincerò a riempirle. Perché anch’io, un giorno, voglio poter rispondere: “Ho tutto quello di cui tu hai bisogno”
Claudio de Lillo – Opinioni – La Donna di Repubblica – 17 settembre 2016 -

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