Panino libero o mensa scolastica? Il
dilemma è stato sciolto, almeno per il momento, dal Tribunale di Torino, che ha
riconosciuto alle famiglie il diritto di schiscetta, respingendo il reclamo
presentato dal ministero dell’Istruzione. Adesso, salvo un diverso
pronunciamento della Cassazione, i ragazzi potranno portarsi il pranzo da casa.
Per il momento a vincere sono istanze giuste come la sicurezza alimentare e la
lotta contro il caro mensa. Ma a perdere sono altre istanze non meno giuste
come la “funzione pedagogica, sociale e di educazione alimentare della
ristorazione scolastica”. Lo ha detto il presidente della Regione Chiamparino.
E non si può dargli torto in quanto a tavola, oltre ai piatti, si condividono
anche i gusti. Si fanno esercizi di educazione alla convivenza civile. Alla
messa in comune delle risorse e delle esperienze. All’integrazione tra
individui che imparano a negoziare la propria identità e i propri gusti per
renderli compatibili con quelli altrui. Il rischio, insomma, è di rendere il
pasto in comune non più un momento di unione, ma di divisione, il che mina alla
base un principio fondamentale della scuola, cioè la costruzione
dell’uguaglianza. Che significa stesse
crace, stessi diritti e doveri. In realtà l’istituzione scolastica
non dovrebbe assecondare tutti, ma dare a tutti le stesse opportunità. Ovviamente una
società può decidere di cambiare la sua mission
pedagogica, ma deve essere consapevole che se si prende una certa strada non si
cambia solo il menù dei propri figli, ma anche e soprattutto quell’idea di
collettività che sta intorno al cibo e alla sua condivisione.
Marino Niola – Miti d’Oggi – Il Venerdì di Repubblica – 30
settembre 2016 -
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