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domenica 9 ottobre 2016

Lo Sapevate Che: A casa di Osama, fuggito da Calais nascosto tra le scatole di un camion...



“Ma qui c’è la giungla”, esclama il tassista quando la strada finisce in una radura senza uscita. In effetti l’asfalto è finito e davanti a noi ci sono solo fratte, ma chiamare giungla, anzi jungle, quei dieci metri di disorientamento percorsi alla ricerca del civico giusto tra le cassette allineate Milton Keynes, provoca in me una risata irrefrenabile difficilmente spiegabile al conducente spazientito. Quello che il tassista non sa  è che mi sta portando a casa di uno che la jungle, quella di Calais, l’ha abitata, vissuta, odiata e amata per nove mesi circa, rischiando la vita svariate volte per lasciarla o farci ritorno. Osama, anni trentuno, siriano scappato da Aleppo, mi vede arrivare dalla finestra, apre la porta e mi viene incontro seguito da due enormi cani bianchi. Sorridente, contento, impeccabilmente casual, visibilmente dimagrito, mi fa strada nella sua nuova casa, in questo paesino tanto perfetto quanto all’apparenza impersonale, a un’ora circa di distanza da Londra. I padroni di casa, imprenditori progressisti che lo ospitano da quando è arrivato, sono in vacanza in Francia, ma Osama è perfettamente a suo agio nel ruolo di padrone di casa. Prepara un piatto siriano pieno di ceci e cipolle, poi attraversa il grande giardino e mentre supera un piccolo ruscello non posso non far caso alle eleganti scarpe. Solo pochi mesi fa gli regalai due calosce per camminare nel fango, calzando le quali teneva comunque ai piedi, a mo’ di doppio calzino, due buste contro l’umidità. Accomodatici sul dondolo di casa, Osama racconta . “Dopo gennaio ho passato mesi in giro per la Francia a cercare un modo per avere documenti falsi. Quelli che ho avuto   erano fatti   male, mi avrebbero preso, ho lasciato perdere. Tornato nei pressi di Calais, dopo altri vani tentativi nei quali ero stato trovato da cani e polizia e rimandato nella jungle, una sera ho visto un camion parcheggiato nei pressi dell’autostrada con scritto GB. Non era previsto ma aprii e saltai su, nascondendomi tra mille scatole di cartone. L’autista era con una ragazza, salutata la quale si è messo in moto verso la dogana. a Calais ci sono quattro controlli, francesi prima, inglesi poi. Ogni volta che il camion veniva aperto pregavo. I controlli furono rapidi, pioveva. I cani con la pioggia hanno difficoltà ad annusare l’uomo. Capii di essere sulla nave, di avercela fatta. Mi ritrovai vicino a Bristol. Scappai dal camion senza che l’autista se ne accorgesse. Quel giorno era il giorno della Brexit. Ora sto qui, aspetto l’asilo. Faccio sport, studio inglese, non faccio niente, mi sento inutile. Lavorerò qui, per tornare un giorno in Siria. Il Paese più bello del mondo”.
Diego Bianchi - Il Sogno di Zoro . Il Venerdì di Repubblica – 1 Ottobre 2016 -

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