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lunedì 5 settembre 2016

Lo Sapevate Che: Non confondiamo rimpianti, tradimenti e bugie...



Caro professore, con mio marito abbiamo visto La comune del regista danese Thomas Vinterberg, non un gran film, ma non immaginavamo che avrebbe toccato così profondamente un nostro nervo scoperto. Tema: la fedeltà coniugale. Siamo per festeggiare il nostro 46esimo anniversario di nozze e non ci siamo mai veramente traditi. Coppia inossidabile, dicono di noi, ma da anni io so di profonde crepe.  Non possiamo lasciarci (troppa storia bella tra di noi). Le chiedo come sopravvivere alla mancanza di desiderio che risiede, come quasi tutto, credo, nel nostro cervello e non nelle stelle: c’è un modello? Coppia poligamica istituzionalizzata, coppia aperta anni’70, coppia che si tradisce in silenzio, coppa in cui uno dei due accetta? Mi dia la sua visione “a grandangolo” su una quaestio che ci tormenta.                                           
GabriellaVernole gvernole@gmail.com
La sua lettera è troppo strana perché io possa darle una risposta “a grandangolo” come lei che chiede, ammesso che ne sia in grado. E allora non mi resta che invertire le parti, e chiedere io qualche chiarimento. Innanzitutto, la questione di cui mi parla è, come lei scrive : “una quaestio che “ci” tormenta”, o che “la” tormenta? Perché se tormenta tutti e due, per risolverla basta aprirsi entrambi ad altri affetti. Se invece tormenta lei sola, allora il problema è più complicato,a comunque risolto perché  ma va comunque risolto perché la rassegnazione spegne la vita. Una seconda cosa trovo ancora più strana: dice che siete sposati da 46 anni, e siccome non avete contratto nozze appena nati, dovreste avere un’età in cui il desiderio, di cui lei lamenta la mancanza, si affievolisce come natura vuole. Oppure in lei non si è per nulla affievolito, e allora non le resta che trovare la strada per soddisfarlo, a meno che lei confonda la mancanza attuale del desiderio con la rinuncia a occasioni a cui non ha aderito quanto il desiderio lo avrebbe voluto. In questo caso però non si tratta di malinconia per l’estinzione del desiderio. (..). La terza cosa strana è che lei mi dice che non vi siete mai lasciati perché “troppo bella era la storia tra di noi” Verrebbe da dire: ma allora cosa pretende? Non glielo dico, perché so che le persone anziane pretendono  che torni la giovinezza che rimpiangono, anche quando fanno la morale ai figli o ai nipoti evocando “sani principi” dei loro tempi. Ho infine un ultimo dubbio, suscitato dalla sua lettera, là dove scrive: “ Non ci siamo mai veramente traditi”. Che significa “veramente”? Solo in sogno? Solo col pensiero? Solo con la fantasia? Solo con la tentazione? Solo per mancanza di coraggio? E com’è un “vero” tradimento? (..) Quando il tradimento ci offre l’occasione di scoprirlo, ci emancipiamo da quella condizione infantile che non ci trattiene in quella “storia troppo bella tra di noi” come lei scrive. Che è, sì, rassicurante, ma non può allontanare il rimpianto, per dirla come Freud, “di aver barattato una parte della nostra possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”. Con questo non voglio fare l’elogio incondizionato del tradimento, ma non posso neppure negare quello che la sociologa Gabriella Turnaturi mette in evidenza nel suo libro Tradimenti (Feltrinelli), dove scrive che quando lui o lei iniziano un viaggio fuori da “noi” e che prescinde dal “noi”, tradiscono solo rispetto alle attese sociali o ai precetti religiosi, mentre in realtà salvaguardano la loro individualità dall’abbraccio mortale del “noi”, è. Nel viaggio che si intraprende fuori dal “noi”, è il “noi” che si tradisce, e raramente il “tu”, dunque il suo rimpianto per “non aver mai veramente tradito” è in realtà per non aver mai avuto la forza di uscire dalla sicurezza e anche dalla beatitudine garantita dal “noi”, rinunciando a conoscere davvero se stessa e i desideri e i sogni che si sarebbero potuti dispiegare se il cerchio chiuso del “noi” non li avesse spenti sul nascere.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 27 agosto 2016

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