Si Comporta Come l’erede di Mario Monti senza averne
il livell, emula Denis Verdini senza averne la stazza demoniaca, ma un campo
d’eccellenza lui pure ce l’ha. Entico Zanetti, 43 anni, dottore commercialista,
viceministro dell’Economia, è uno che sulle briciole sa prosperare fino a
sentirsi un re. Guida non a caso Scelta civica, un partito dal destino
intuibile. Ne ha conquistato il vertice quando ormai l’operazione era fallita,
e un mese fa è riuscito persino ad andare in minoranza, da segretario, nel
proprio gruppo parlamentare: su venti l’anno seguito in tre. Ma lui non si
spaura. Anzi tira dritto. Afferra una liana via l’altra,combatte anche contro
il nulla se necessario. E’ il suo destino. Forgiato dalla vita, oltreché
dall’esperienza nevrotica del partito montiano, Zanetti è infatti un campione
di salto sugli abissi del trascurabile. Un tratto titanico che sulle prime non
spicca. Come del resto tutto in lui, sin dai tempi di scuola. Figlio di un
radiologo e di una insegnante, venuto su al Lido di Venezia, per il liceo si
iscrisse al prestigioso classico Stellini di Udine, sezione B, dove era l’unico
della classe a dover arrivare a lezione
in treno, ogni giorno, facendosi largo tra macchinoni e figli di papà. Nemmeno
allora lasciava gran traccia di sé: sobrio, pacifico, non secchione, non
malandrino. Uno di quelli di cui si ricorda giusto la parlantina coi professori
per strappare almeno un sei. Ecco, l’immagine dei compagni di classe di allora
non è distante da quella di oggi: Zanetti non ha alambicchi, non ha passioni,
non ha armi segrete, persino la montatura delle lenti – che lo fa riconoscibile
– è sgargiante per calcolo. La differenza tra il liceale e il viceministro sta
più cje altro in questo: una volta calato in politica il suo guaio esistenziale
di medietà è diventato la sua fortuna. Visibile ma irrilevante, come
tappezzeria Zanetti è perfetto, In tv lo si ritrova infatti ovunque, molto
anche sui giornali. Interviene, polemizza, dialoga. Ha l’allure del ruolo di
governo, e un opinione su quasi tutto, pure sullo stipendio della capa di
gabinetto di Virginia Raggi. Non che le cose vadano poi come lui impetra: un
anno fa voleva dimissionare la direttrice della Agenzia delle Entrate Rossella
Orlandi, lei continua a star là. “E’ che ha cambiato atteggiamento”, sostiene
lui. Sapendo che, in fondo, era uguale. E dire che uno così, nella seconda
Repubblica, avrebbe avuto molti simili e persino qualche peso. Adesso, al
contrario, se ne trovano pochi che abbiano il coraggio di dire che “la politica
è anche prendere atto delle situazioni che mutano”, e di mutare con esse,
saltando sul successivo mucchio di briciole. Zanetti dovette farlo da subito.
Fu Claudio Siciliotti, presidente dei commercialisti, a introdurlo presso la
corte di Luca Cordero di Montezemolo, prima di non essere rieletto alla guida
dell’Ordine. Zanetti divenne responsabile fiscale dell’Associazione
Italiafutura, e da l’, prima che pure questa si perdesse nel nulla, spiccò il
salto verso la Camera dei deputati. Da dove, per un bel pezzo, fu bravissimo a
stare buono mentre in Scelta civica volavano le sedie. L’arrivo di Renzi fu la
sua fortuna; all’epoca lui era il meno anti-renziano di tutti, cos’ fu
sottosegretario. Ancora se le ricordano,le feste che fece. “Ma è un onore clamoroso”,
ha cinguettato del resto in primavera, ormai viceministro, anche di fronte al
primo Tapirod’oro. Perché l’ambizione si puntella anche coi tapiri. Nulla va
buttato. Dunque adesso che l’estate è andata, e il senso del progetto pure,
farà comunque gruppo unico con i verdiani, in attesa di capire dove altro
andare e perché. Spunti non mancheranno, è sicuro.
Susanna Turco – Poteri inutili – L’Espresso – 4 settembre
2016 -
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