“Ma per i terremoti esistono i cl
titolo di puntata colpevoli?”, chiede mia figlia Anita dopo aver letto il
titolo di puntata di un talk show di tarda estate. Le responsabilità degli
uomini davanti alla natura che ti ribalta la vita, a una tredicenne non
appaiono immediatamente chiare. Al genitore in difficoltà vengono in soccorso
le parole usate dal vescovo ai funerali di Amatrice (“non uccide il sisma, ma
le opere dell’uomo”), anche se non è una cosa semplice da far passare. E mentre
realizzo che all’adolescente in rapida crescita il mondo sembrerà ora un posto
un po’ più brutto di prima, torno con la testa a quelle prime ore passate tra
macere, polvere, disperazione, voglia di aiutare e necessità di stare vicini,
ognuno come poteva, a chi da poche ore aveva perso tutto. Tra gli altri,
davanti agli altri, il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi. Lo individuo per la
prima volta nel pomeriggio, mentre solca il prato del campo di calcio,
accompagnando Renzi all’elicottero. Impossibile non notare la “salviniana”
felpa indossata da Pirozzi con la scritta “Amatrice”, ma mentre lo penso mi
dico anche che dovrebbe essere impossibile mettersi a pensare a Salvini in un
contesto del genere, ragion per cui mi limito ad osservare il sindaco in azione
nelle ore più assurde della sua vita. Passare dall’anonimato di un piccolo
comune alle cronache internazionali nello spazio di una scossa che ha fatto
crollare il tuo mondo, che tu sia sindaco di sinistra o di destra. non deve
essere semplice. Eppure Pirozzi, in pochi minuti ha capito che di Amatrice era
rimasto in piedi solo il nome e il sapore di un piatto tipico; ha comunicato al
mondo quello che aveva intuito nel buio della notte e ha cominciato ad usare
penne e telecamere, come un navigato uomo di comunicazione. Nelle pause mi
aveva raccontato di essere diventato allenatore con tanto di patentino ottenuto
a Coverciano. Prima di intervistarlo, ho dovuto aspettare che terminasse di
fargli le domande una tv colombiana. Quando gli ho chiesto se fosse consapevole
del rischio che tutta questa attenzione svanisse presto, mi ha detto: “Sono
allenatore. L’allenatore è un uomo solo. nella vittoria e nella sconfitta”. Non
pensava Pirozzi in quel momento, che peggio dei riflettori spenti ci sono solo
i riflettori accesi su di te in quanto possibile responsabile dell’accaduto.
Non per garantismo, ma per umana pietà, ancora non riesco a cercare in lui il
colpevole da indicare a mia figlia.
Diego
Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 9 settembre 2016 -
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