Diamo L’Italia in mano alle donne? Veramente ce
l’avrebbero già, e da secoli, se non fossero state costrette a far finta di
niente per consentire agli uomini, col potere delle loro leggi, di confinarle
nello spazio domestico, in cui però i “padroni” venivano spesso tiranneggiati e
puniti (anche con mortali veleni casalinghi) per il loro imperio sociale e
familiare. Avrebbero potuto seppellirli tutti se non fosse stato per
l’ininterrotta sequela di parti che le ammazzavano assieme ai loro piccini: deve essere nato da lì il vezzo maschile di
trovarsi, invecchiando, donne sempre più giovani, tuttora molto valido. Da anni
ormai sembra stravincere questa ambigua nuova moda: lasciare vistosamente
spazio alle donne, metterle a capo di tutto, con magnanima generosità,
riconoscendo finalmente il loro valore, sebbene meno millenario e ovvio. (..).
E in generale nulla è più “contro” che essere contro se stessi, i maschi, e,
per le donne, poter schierarsi contro un’altra donna, che se si impossessa di
un potere, c’è da scommettere che non lo userà a favore delle altre. Quindi
anche dietro questo entusiasmo nel far largo alle donne deve probabilmente
celarsi una fregatura. E Per Farne Un Esempio già passato alla storia: agli inizi
dell’istruzione obbligatoria da no, dal 1859 (per soli due anni di elementari),
i maestri erano quasi solamente maschi, disapprovando il buon senso e l’onore
che le donne si sottraessero ai loro doveri familiari e casalinghi, a meno che
facessero le domestiche, le governanti o le meretrici, mestieri considerati i
soli che le femmine avessero la capacità e il diritto di affrontare. Ancora
oggi per esempio il cuoco, personaggio che dedicandosi al cibo dovrebbe essere
per tradizione una signora, è quasi sempre un uomo, perché la sua arte, anche
se talvolta vomitosa, è suprema, quindi maschile: DA Vattei, il cuoco secentesco del Grand
Condé, suicidatosi per non avere trovato pesce destinato a una cena in onore di
Luigi XIV all’inarrestabile invasione di imperiose e venerate telestar dette
chef, in camice bianco firmato. (..). E Viene In Mente che comunque,
l’emancipazione dei neri dalla schiavitù, legalizzata nel 1865, avvenne prima
di quella chiesta dalle donne per uscire dalla loro nullità: e per esempio la
militante femminista Susan Anthony, fu arrestata a Rochester nel 1872, per
essersi presentata a un seggio elettorale non avendo le donne diritto di voto.
Quando in Italia furono elette le prime donne ministro per un vezzo innocuo di
democrazia, furono affidati loro uffici ritenuti, grave errore, non importanti,
cioè femminili, tipo beni culturali e istruzione: a signore certamente che lo
meritavano,di grande esperienza e valore, mature, a cui non si chiedeva di
mostrare belle gambe e bella scollatura, bastava pettinate e poi neanche
sempre. (..). La sindaca di Roma, come quella di Torino che però si è trovata a
gestire una città in ordine, è giovane e graziosa e l’hanno infatti incastrata
al fondo di una voragine quasi impossibile da eliminare. E’ vero i romani
furibondi per i vergognosi casini precedenti hanno votato un Movimento che
inneggia all’onestà non avendo ancora provato a metterla in gioco, (..) hanno
affidato il compito horror alla graziosa e volenterosa Raggi: la tengono
d’occhio come si fa con una figlia tontolina, la sgridano, la correggono,
dovesse diventare disubbidiente o magari solo ingrassare ed essere meno
appetibile agli elettori, la caccerebbero.
E’ vero l’han fatto anche con sindaci e onorevoli uomini, ma una donna,
in Italia, anche se non si pensa, porta con se un antico sentimento di
sudditanza. Anche Perché, ma ovvio che non sia un problema
della Raggi, certe volte se fai di testa tua, in tempo di potere per le donne,
c’è un ex che ti crede ancora una cosa sua, che neppure nelle strisce degli
Antenati l’hanno mai raccontata, e ti dà fuoco. E non sono né le Merkel, né le
Clinton, né le Boschi che gli fanno cambiare idea. E poi un’ultima
considerazione sullo sguardo in grugnito e saccente, questa volta del mondo,
non solo dell’Italia, sulla immagine delle donne, che dà loro il potere o
glielo toglie. A parte che il burkini è sexissimo, certo più delle panciotte
debordanti dal bikini, ma perché nessuno si è mai chiesto come vanno in
spiaggia i maschi islamici osservanti: in tanga, in costume intero come i sollevatori
di pesi, o nascosti dentro i loro camicioni bianchi?
Natalia Aspesi – Battaglie – Rovesciamo il cielo – L’Espresso
– 28 agosto 2016 -
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