Abbiamo ascoltato le
parole del Papa che nega l’amore per cani e gatti in quanto lo toglierebbe ai
vicini di casa. Quanto male hanno fatto le parole del Papa agli esseri
senzienti, diversi da noi, ma figli anch’essi della Natura e quindi di Dio, che
secondo gli scienziati firmatari della dichiarazione di Cambridge, hanno
coscienza! La sofferenza è sofferenza sia degli animali che degli uomini umani.
E negare compassione agli animali rappresenta quella parzialità d’amore che il
Papa sollecita come fosse una virtù anziché una mancanza. Classificare porta a
dividere, e dividere porta a valutare: prima i bianchi e poi i neri, prima gli
uomini e poi le donne, prima i potenti e poi gli inermi, prima questi e poi
quelli. Noi preferiamo non chiudere l’amore in compartimenti stagni e diciamo
con Alphonse de Lamartine: “Noi non abbiamo due cuori: uno per gli animali,
l’altro per gli umani. Nella crudeltà verso gli uni e gli altri, l’unica
differenza è la vittima”. Gabriella Costa www.caart.webnode.it
Il Papa non ha “negato l’amore per
cani e gatti in quanto lo toglierebbe ai vicini di casa”, ha semplicemente
detto che spesso si riservano agli animali amore e cure che si negano agli
uomini. E’ cosa ben diversa da quello che lei attribuisce a papa Francesco, il
quale, proprio perché ha scelto per sé quel nome e ha intitolato una sua
enciclica Laudato si’, non può ignorare le lodi che Francesco d’Assisi
riservava agli animali e a tutti gli enti di natura. Detto questo, lei afferma
nella sua lettera una cosa importante: “Classificare porta a dividere e
dividere porta a valutare: prima i bianchi e poi i neri, prima gli uomini e poi
le donne, prima questi e poi quelli”. Questa gerarchia è stata inaugurata dalla
tradizione giudaico-cristiana che ha posto l’uomo al vertice dell’universo
assegnandogli il dominio su tutto il creato: “Poi Iddio disse: facciamo l’uomo
a nostra immagine e somiglianza: domini sopra i pesci del mare e sugli uccelli
del cielo, su gli animali domestici, su tutte le fiere della terra e sopra
tutti i rettili che strisciano sopra la sua superficie” (Genesi 1,26). In questo modo la tradizione giudaico-cristiana ha
stabilito una gerarchia che prevede al vertice l’uomo, inaugurando quella
cultura antropocentrica che ha portato a trattare la terra come semplice
materia prima, con tutte le catastrofiche conseguenze di cui oggi incominciamo
a renderci conto. Non così i Greci antichi. Scrive Platone: “Anche quel piccolo
frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo rapporto con il
cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra che tu ti accorga che ogni
vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell’universa armonia. Non
per te infatti questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la
vita cosmica”. (Leggi, X, 903c). Aver dimenticato il messaggio greco e
privilegiato quello della tradizione giudaico-cristiana non ha consentito di
costruire in Occidente una morale che si faccia carico degli enti di natura.
(..). E’ ovvio che non bastano i buoni propositi per salvare la terra e tutti
quelli che la abitano, piante e animali compresi. Quel che occorre è un
radicale capovolgimento nel modo di pensare che, come intendevano i Greci,
ponga la natura e non l’uomo al centro dell’universo. Questo capovolgimento va
poi interiorizzato, perché le sole a essere osservate sono quelle leggi morali
che si sono tradotte in convincimenti psichici. Come l’omicidio o la violenza
sessuale, che ricevono una condanna immediata da parte di chiunque, a
differenza per esempio dell’inquinamento o della contraffazione, che non
suscitano un’ analoga reazione. Quanto poi agli animali, non ritengo che li
amino quelli che li tolgono dal loro ambiente naturale per costringerli nei
loro appartamenti dopo averli castrati per evitare che generino come natura
detta e spargano odori nei gironi di calore. Allo stesso modo non li amano i
cacciatori che li uccidono non per cibarsi come un tempo facevano i nostri
progenitori, ma per piacere. Forse è meglio prendersela con loro che con un
messaggio del Papa, per giunta frainteso.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 11 giugno 2016 -
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