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mercoledì 22 giugno 2016

Lo Sapevate Che: La Libertà di pensiero si conquista...



Ho scritto su un blog molto frequentato: “La Chiesa sbaglia condannando l’amore omosessuale, e un cristiano che pensa con la propria testa ha il dovere di dirlo”. Un religioso mi ha risposto: “Parafrasando Papa Francesco, si potrebbe affermare: “Chi sono io per dire che la Chiesa sbaglia?”. Il Magistero è frutto di una tradizione millenaria, approvata dal consenso dei vescovi di tutte le chiese locali. Si può proporre nei modi opportuni una modifica, ma ritengo che sia fondamentale l’obbedienza, soprattutto per cose che facciamo fatica a capire o che, in buona fede, non approviamo”. Tradotto in altre parole, i discorso è questo: il cervello e il cuore degli uomini (non delle donne ovviamente) della Chiesa è il tuo pensiero. Tu devi solo obbedire. Si d il caso che il sottoscritto non faccia nessuna fatica a capire che è sbagliato pretendere dalle persone omosessuali la rinuncia per tutta la vita all’esercizio della sessualità.  Si dà il caso che di errori la Chiesa, per suo stesso riconoscimento, ne abbia commessi nel passato, e non si vede perché non potrebbe continuare a commetterne oggi. Del resto: dobbiamo obbedire alla nostra coscienza, oppure agli uomini della Chiesa? Considerato anche che: “La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare” (Siracide 37,14). Considerato anche che: “ Tutto ciò che non viene dalla coscienza è peccato” (Romani 14,23). E, infine, che Gesù disse: “Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Luca 12,57).  Carmelo Dini carmedini@gmail.com
Se guardiamo la storia dell’umanità non si può riconoscere che la religione, recingendone tenendo in sé raccolta (re-legere) l’area del sacro, che è il luogo della violenza indiscriminata e della sessualità indifferenziata, abbia condotto con i suoi dogmi, i suoi comandamenti, i suoi precetti, i suoi divieti, l’umanità  da uno stato selvaggio a uno stato quasi civile. E tutti, almeno Europa, per secoli hanno pensato nel modo che la Chiesa insegnava, anche perché per ch osava pensare con la propria testa erano pronte le torture e i roghi. Fu nel Settecento, con l’Illuminismo, che si avanzò, tra mille difficoltà, il diritto di pensare con la propria testa, che Kant celebrò con questa espressione: “L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da una condizione di minorità di cui egli stesso è responsabile”. “Minorità” è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri”. Ne consegue che l’illuminismo non è solo una corrente di pensiero o un compendio di conquiste filosofiche, ma un atteggiamento, una condotta,  una pratica di vita,un esercizio del pensiero da cui non è possibile esonerarsi se non al costo, scrive Kant, “di violare e calpestare i sacri diritti dell’umanità”.(..). Quando si dice la propia “testa” o la propria “coscienza”, in realtà non si sta dicendo niente di interessante, perché il problema è: quante cose sa quella testa? E di quanto giudizio critico e autocritico è nutrita quella coscienza?. Ne consegue che il principio di autodeterminazione, nel formulare le nostre opinioni o nel dirigere la nostra condotta, non è di per sé un criterio a cui dobbiamo inchinarci, perché la nostra coscienza non è altro che il frutto dei condizionamenti a cui, anche senza una nostra decisione, ci siamo arresi, vittime in un modo o nell’altro di chi ci ha persuaso. E qui a soffrirne è anche la democrazia, perché là dove non c’è cultura, conoscenza, riflessone critica, vale sempre il principio: “una testa un voto”, ma forse quella testa non è proprio la nostra, ma un’appendice di chi, a nostra insaputa, ce la sta guidando.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 18 giugno 2016 -

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