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martedì 21 giugno 2016

Lo Sapevate Che: La scuola pubblica minacciata da chi teme la meritocrazia ...



Una delle poche cose sulle quali tutti concordano, almeno a parole, è questa: l’Italia è un Paese dove il merito conta sempre meno. I centomila italiani che ogni anno vanno a cercare (e a trovare) all’estero lavori adeguati al loro livello di studi, creatività e capacità, Saper fare bene il proprio mestiere, essere brillanti negli studi, da noi non è considerata la prima qualità per ricoprire un ruolo, rispetto a conoscenze, amicizie, parentele, fedeltà politiche, obbedienza al capo. Gli esempi sono davanti agli occhi di tutti, anzi sfilano ogni sera in televisione, e quindi non occorre far nomi. Ogni nuovo potere promette un’ondata di meritocrazia e dopo poco si ritorna alla solita infornata d’imbecilli miracolati, inevitabilmente destinati a peggiorare i conti di questa o quell’azienda pubblica o privata, amministrazione, televisione o ente culturale, eppure inamovibili perché garantiti alto. Meritocrazia può essere un termine fastidioso, e allora parliamo, come fa l’Istat, di qualcosa di più profondo, la mobilità sociale. L’Italia è stata per decenni, dal dopoguerra, un esempio europeo di opportunità. Grazie a grandi investimenti di Stato e a un ottimo sistema d’istruzione pubblica, il figlio di un operaio, di un contadino, di un impiegato poteva spirare a migliorare la propria posizione sociale ed economica, nonostante il tradizionale familismo. Guarda caso allora eravamo il Paese d’Europa con il maggior livello di crescita economica. Le élites si sono spaventate per il destino dei propri pargolo, dunque per la sopravvivenza oligarchica, e il sistema è cambiato. Si è disinvestito in istruzione, formazione e, riforma dopo riforma, stravolto il sistema scolastico. Oggi l’Istat certifica che l’Italia è uno dei Paesi più immobili d’Europa e guarda caso siamo diventati la nazione che cresce meno. Come se ne esce? Non certo importando a casaccio ricette straniere. Per esempio il sistema duale del Nord, l’alternanza scuola lavoro, può funzionare bene in Germania, dove l’apparato industriale è moderno, fondato su grandi investimenti, innovazione e ricerca. Mentre in Italia, adattare la scuola alle esigenze di un’industria bolsa e a basso livello tecnologico significa creare studenti di serie B, rispetto al resto d’Europa. Perché anche le élites tedesche o inglesi cominciano a preoccuparsi di questi brillanti italiani che tolgono posti ai loro figli meno capaci.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 17 giugno 2016 -

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