Gli hanno tolto una parte di intestino
facendosi guidare da un navigatore. Una sorta di TomTom chirurgico che, per la
prima volta in Italia e la seconda in Europa, è stato utilizzato per trattare una
diverticolosi dell’intestino. Il paziente, 50 anni, è stato per un’ora e mezza
sotto i ferri dell’équipe dell’azienda ospedaliera Monaldi di Napoli coordinata
dal presidente della Società italiana di chirurgia, Francesco Corcione.
L’intervento non è tecnicamente cambiato rispetto al passato, ma è
rivoluzionario il dispositivo che restituisce all’operatore in tempo reale le
immagini della situazione anatomica su cui sta mettendo le mani. La visione che
si ottiene dall’associazione di una particolare Tac, della laparoscopia e del
Gps chirurgico è stata definita “realtà aumentata”. Cioè, si vede con una
percezione maggiore di quella ottenibile con l’incisione dell’addome e la
visione diretta. In questo caso, virtualmente la mano del chirurgo accede
all’interno di un organo, ne scopre subito eventuali anomalie anatoliche (per
esempio, la mancanza di un’arteria o di una vena in un determinato territorio),
sa come evitare errori e può dunque giocare d’anticipo”.Finora a sperimentare
la nuova tecnologia era stato Jacques Marescaux che 33 anni fa ha fondato a
Strasburgo l’Ircad (Institut de recherche
contre les cancers de l’appareil digestif), il più importante centro
europeo di chirurgia laparoscopica. “Lo sviluppo della tecnologia va oltre il
comune Gps che vede le strade come fa un pilota militare” dice Marescaux. “Con
la realtà aumentata, dopo che il paziente è stato sottoposto a scanner (Tac)
vengono utilizzati algoritmi speciali
che danno luogo a un suo clone digitale. Questo significa poter ricostruire in
tre dimensioni tutto quello che c’è all’interno di un organo, vedere in ogni
particolare vene e arterie. Quando si deve intervenire all’interno di un
fegato, ad esempio, grazie alla trasparenza delle immagini sovrapposte tra
reale e virtuale, si saprò dall’inizio dove andare a cercare il tumore”. “Il
nostro paziente aveva uno “pseudotumore” del colon (una massa benigna su base
infiammatoria, ndr)” racconta Corcione. “Con la “realtà aumentata” ci si trova immersi in un ambiente totalmente
integrato, in cui le immagini virtuali ottenute in digitale si completano con
quelle del reale campo operatorio”. Ma non ci si deve illudere di essere così
al riparo da qualsiasi possibile complicazione”. Anche con il TomTom si può
sbagliare e uscire fuori strada”.
Giuseppe Del Bello – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 17
giugno 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento