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giovedì 16 giugno 2016

Lo Sapevate che: E se l'elisir di lunga vita si trovasse nella pancia?...



Da tempo la scienza cerca di svelare i meccanismi della longevità, tentando di  capire quanto per essa contino Dna, dieta, abitudini di vita e semplice fortuna. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Tecnologie biomediche del Cnr e dell’Università di Bologna ha ora indagato su un altro versante: il ruolo che può esercitare sulla durata della vita il micro bioma batterico che ci portiamo nella pancia. “Il micro bioma intestinale svolge compiti essenziali per la salute” dice Marco Severgnini, ingegnere biomedico dell’Itb-Cnr. “In particolare, ci aiuta a digerire bene gl alimenti, per esempio producendo acidi grassi a catena corta  facilmente assimilabili, ma anche tenendo alla larga i batteri patogeni e producendo vitamine e sostanze antinfiammatorie. Oggi sappiamo che avere un micro bioma sbilanciato può portare a disturbi, come l’obesità o l’eccessiva permeabilità intestinale, che consente a tossine e microrganismi di entrare nel sangue, con danni alla salute”. Essere accompagnati lungo la vita dai “batteri giusti” potrebbe quindi essere il viatico indispensabile per superare i cento anni, Per capire se lo sia davvero Severgnini e colleghi hanno esaminato il micro bioma di decine di persone dai 20anni in su, fra le quali 24 di oltre 105 anni di età, tutte provenienti dall’area bolognese, per avere un campione il più omogeneo possibile per quanto riguarda dieta e ambiente, I risultati mostrano che anche il micro bioma invecchia insieme a chi se lo porta dentro: mentre i giovani hanno nel loro intestino soprattutto batteri “buoni”, come Ruminococcaceae e Lachnospiraceae, più si invecchia e più compaiono nuove specie, fra cui alcune che sarebbe meglio tenere alla larga, come gli Enterobatteri. “Questo è probabilmente dovuto al fatto che se si vive a lungo i batteri da cui siamo circondati riescono a poco a poco a farsi strada nel nostro organismo. Per esempio abbiamo trovato nel micro bioma di anziani i batteri che normalmente si trovano sulle gengive”. Diventano ultracentenari quelli che evitano questo declino? “Non esattamente, anche il loro micro bioma appare invecchiato. Ma in loro si riscontra anche una parallela proliferazione di specie che svolgono attività antinfiammatoria e protettiva del rivestimento intestinale, come il Bifidobacterium e l’Akkermansia, che probabilmente contrastano l’azione negativa di altri batteri. Inoltre negli ultracentenari abbiamo scoperto la presenza di Christensenellaceae, batteri che sembrano ridurre il rischio di obesità. Da studi su gemelli si sa che  questi batteri si trovano soprattutto in persone dotate di certe varianti genetiche. Potrebbe essere quindi che i geni dei centenari, oltre a preservarne direttamente la salute, “attirino” i batteri giusti”. Ma allora si potrebbe imitare il “microbioma di Matusalemme”,  per esempio assumendo bevande che contengano i microrganismi giusti? “Non ci conterei molto” dice Severgnini. “Si sa che il microbioma è molto difficile da cambiare: persino dopo una cura di antibiotici che lo alteri completamente, tende a ritornare come era prima”. Lo conferma una recente ricerca compiuta   dal microbiologo Oluf Pedersen, dell’Università di Copenaghen, che ha riesaminato i sette migliori studi fatti finora sull’efficacia delle bevande probiotiche, quelle con i “batteri buoi”, concludendo che mentre sembrano essere utili per chi ha certi disturbi intestinali, non c’è la prova che cambino il micro bioma di persone sane. Per diventare centenari, quindi, meglio insistere su dieta sana e attività fisica sperando poi di aver ereditato i geni (e i batteri) giusti.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 10 giugno 2016 -

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