“Ma ti piacerebbe De Magistris come premier?” chiedo
alla fine del Pride a Loredana, leader storica delle trans di Napoli. “Magari!”
mi risponde. “Vorrebbe dire avere finalmente un premier attento alle esigenze
di tutti”. “Ma se De Magistris fa il premier, il sindaco di Napoli poi chi lo
fa?” insisto. “Magari un trans” risponde Carmen, trans (o femminiello, parola da loro ben più amata), mentre guida l’auto che
ci riporta verso il lungomare. Stiamo tornando da Bagnoli, dove si è svolto il
primo Pride dopo la legge sulle unioni civili. La partecipazione è stata minore
rispetto al passato. Decidere di attraversare Bagnoli era il prezzo da pagare a
fronte di una maggiore difficoltà nel raggiungere la zona, spiegano i presenti.
Ma tanto e tale era il peso specifico e politico del contesto scelto da far
sopportare il sacrificio di una minor partecipazione. A rendere questo Pride più fertile di spunti
non c’è stato solo il carburante nel motore immesso dalla legge Cirinnà, ma
anche, e forse soprattutto, il fatto che si sia svolto a pochi giorni dal primo
turno delle elezioni amministrative, e che a marciare in testa al corteo ci
fosse il sindaco candidato Luigi De Magistris. Di lui, in questa campagna
elettorale, si è parlato soprattutto per un video circolato in rete in cui, in
tono minaccioso, avvertiva Renzi di doversi “cagare sotto” grazie a Napoli,
comune che il sindaco ama definire come “ derenzizzato”. Per affermare ciò e
tradurlo in consenso, De Magistris butta il corpo nella contesa. Totalizza,
occupa fisicamente (e mediaticamente) tutto quello che c’è da occupare, in
maniera tale che per le rivendicazioni del Pd sulla paternità della legge sulle
unioni civili, in questo Pride, di fatto non ci sia spazio per gli altri. Le
immagini sono tante, tutte forti. Come il corteo che fende Bagnoli “scortato”
dai poster di Gianni Lettieri (il candidato al Comune di Berlusconi) mentre dai
balconi e dalle finestre la gente guarda attonita, divertita, armata di
telefonino per immortalare quello che qui non si pensava di poter vedere mai. O
come la foto simbolo del sindaco col pugno alzato sotto la ciminiera dell’area
industriale chiusa e abbandonata. Ma il blob di icone, riferimenti e messaggi da
riesumare, rivisitare e giustapporre sembra non avere limiti. Accade così che
il Pride si conclude con l’ingresso del corteo e del sindaco candidato
circondato da trans, gay e lesbiche (parecchi dei quali candidati) nella ex
base Nato nel quartiere di Bagnoli cantando Bella
Ciao col pugno chiuso. Dati i tempi, roba comunque inusuale.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di
Repubblica – 10 giugno 2016 -
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