“Se vuoi votare un compagno, ecco, qua
c’è tutto”. Roma, Piazza del Popolo, chiusura della campagna elettorale del
Movimento 5 Stelle; quello che sembra un mio coetaneo mi allunga materiale
elettorale con i riferimenti per votarlo al Municipio, lista M5S. Quando gli
dico che il mio Municipio è comunque diverso dal suo, mi rassicura: ce so’ bei
compagni anche al tuo. “E come li distinguo da quelli che non sono compagni?”
gli chiedo pensando a quanto troppo trasversale mi sia da sempre sembrato il
M5S. Il compagno sorride complice, la consapevolezza della confusione è tanta e
comune, ma almeno lui una strada che lo gratifichi sembra averla trovata. Penso
a questa conversazione nella settimana che precede il ballottaggio. La stessa
conversazione credo sarebbe potuta accadere contemporaneamente, con lo stesso
grado di estraniamento e complicità, anche in altri contesti concorrenti. A una
chiusura per Giacchetti, per Fassina, per De Magistris o per altri candidati
con l’ambizione di rappresentare anche, se non solo, l’elettorato di sinistra.
E però mi è successo tra i 5 stelle, in un evento tanto simile alle chiusure di
piazza delle vecchie campagne elettorali di massa di sinistra, da lasciar
intuire che, quando dai l’impressione di essere organizzato e radicato, tanto
male le elezioni non ti andranno, e che derubricare tutto a “voto di protesta”
forse non è la lettura più saggia da dare del fenomeno in corso. La diaspora
del “compagno” dal “Partito”, è fenomeno ormai antico, vissuto drammaticamente
dalla bolognina in poi, infine divenuto fisiologico col succedersi di
Repubbliche e mutazioni sociali. Ora, nei giorni delicatissimi che precedono i
ballottaggi, non aiuta a invertire la tendenza leggere di un Segretario di
Partito (nonché Presidente del Consiglio) pronto a usare il lanciafiamme nel
suo stesso Partito (quindi, di fatto, contro se stesso, visto che ne è
segretario già da un po’). E disorienta assai leggere sull’Unità, altro riferimento
perso dal “compagno” migrante in cerca di appigli, l’appello per una
“coalizione repubblicana di forze di centrodestra e centrosinistra” a Roma,
Napoli e Torino, da opporre a quelle populiste. Equiparare De Magistris e M5S
ai nazisti austriaci o a Marine Le Pen non pare una grande idea, così come
convincere l’elettore di sinistra che votare Lettieri sia preferibile a
confermare De Magistris. L’elettorale di sinistra, debole e insicuro, andrebbe
coccolato, rassicurato. Spesso l’elettore di cui sopra si è trovato a dover
votare candidati che poco lo rappresentavano, ma l’alternativa era talmente
diversa da lui (Fini, Berlusconi) da non permettere dubbi. Oggi la situazione è
molto più fluida. Non tenerne conto, potrebbe rendere vano l’uso di lanciafiamme.
Il lavoro potrebbe già essere stato fatto da altri.
Diego
Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 17 giugno 2016 -
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