Mi Sembrano Ben Pochi i risultati del 5 giugno atti a
suscitare grandi sorprese. Non lo sono certo i dati dell’astensione. Che ci si
poteva aspettare dopo il 37% delle regionali Emilia-Romagna? Giunti al fondo
del 40-50% è possibile solo rimbalzare, come qua e là è pure avvenuto. A Roma,
realisticamente, dopo i disastri della gestione Pd della crisi, il risultato di
Giachetti dovrebbe apparire più che discreto. Che potesse poi vincere, Renzi
era di sicuro l’ultimo a pensarlo. Lo stesso, mutatis mutandis, vale per la povera Valente a Napoli, dove la
vittoria di De Magistris era scontata. Un ballottaggio in meno o in più non
cambia nulla. Certo, se Fassino e Merola dovessero alla fine non farcela
sarebbe catastrofe, ma la loro vittoria al ballottaggio, che mi azzardo a
pronosticare, non suonerebbe che come una banale, anzi: faticosa, conferma. Qui
il Pd ha molto da perdere e nulla da guadagnare in termini di immagine
complessiva. E Siamo Dunque Al Punto che vado ripetendo dal momento della
candidatura di Sala: è a Milano la vera partita. Qui davvero anche Renzi si
gioca parte della pelle. Fino alla sera del 19 giugno, il giudizio politico
generale su questa tornata deve perciò restare sospeso. Ciò vale per il partito
di Renzi come per le disiecta membra del
Destra centro. L’ora dell’esito del duello tra Salvini e Berlusconi non è
ancora suonata. (..). Sono Altri I Problemi politici generali che queste elezioni
hanno messo a nudo. Ben più interessante del conto dei partecipanti al voto
(misura in sé davvero “avara” della partecipazione alla vita politica) sarebbe
un’analisi sull’aumento vertiginoso delle liste cosiddette civiche di ogni
specie e colore. Un proliferare anarchico, il cui solo significato è lo
sradicamento delle forze nazionali dai territori, l’accattonaggio di voti,
appoggi e simpatie. Sintomo profondissimo della crisi di rappresentatività che
connota più o meno tutti i sistemi democratici. Ciò provoca il seguente
fenomeno, che sarebbe comico se non fosse tragico: in misura inversamente
proporzionale al numero degli elettori aumenta il numero dei candidati. (..).
L’unica forza che si presenta ovunque in splendida solitudine sono i 5 Stelle.
Dove per qualche ragione non sono in grado di farlo, rinunciano. E’ un
messaggio “identitario” molto forte e controcorrente. Il loro linguaggio è
ancora (anche se, oggettivamente, sempre meno) quello “irreale” fatto di
analisi abborracciate, soluzioni semplici per affari complessi, promesse, ecc.,
proprio delle demagogie ovunque imperanti; ma
del compromesso o trasformismo, è destinata a incidere e, penso, a
convincere.(..). Intanto, il tener duro sul proprio simbolo,
lo stesso non voler correre ovunque per qualche sotto-poltrona, sono decisioni
che si dimostrano propizie al formarsi nei 5 Stelle di figure e gruppi locali
capaci di una certa rappresentatività e anche autonomia. Ora che il
mago-inventore è ri-asceso al teatro, la varietà della leadership penta stellata può diventare
un altro fattore distintivo del movimento da far valere contro l’inesorabile
logorio del potente solo al comando. <oggi come oggi, e con l’Italicum che
si è inventato Renzi non potrebbe che augurarsi una mini-rinascita del
Destra-centro. In ballottaggio con i 5 Stelle temo che il suo astro di rivelerebbe
una cometa.
Massimo Cacciari – Parole nel vuoto www.lespresso.it – L’Espresso – 16 giugno
2016 -
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