L’hanno chiamato progetto ReAnma, ma
forse era più appropriato chiamarlo progetto Frankenstein: riattivare il
cervello di persone morte. E’ l’obiettivo di due società biotech americane,
Revita Life Sciences e Bioquark, che hanno ottenuto la via libera dalle
autorità di sanità indiane e americane a un trial clinico su venti soggetti in
“morte cerebrale” per trauma cranico all’Anupam Hospital di Rudrapur: “La nostra idea è riattivare il tronco
cerebrale combinando tecniche già sperimentate su persone in stato vegetativo”
dice Ira Pastor, amministratore delegato di Bioquark. “Pensiamo di ottenere
risultati entro due, tre mesi e cominciare a lavorare a richiesta su altri
pazienti subito dopo”. Il tronco cerebrale è la parte più antica e profonda del
cervello, deputata a regolare le funzioni di base del corpo, come respirazione
e temperatura. Quando i neuroni di
questa zona non emettono più segnali l’organismo può essere mantenuto in vita
solo grazie a macchine, e se la situazione si protrae per 6-12 ore viene
dichiarata la morte cerebrale e quindi il decesso. “E nel tronco encefalico c’è
anche l’area reticolare attivante, quella che stimola l’attività di tutto il
cervello, regolando sonno e veglia e gli stati di coscienza” dice Leandro
Provinciali, presidente Società italiana di neurologia e direttore della
clinica neurologica agli Ospedali Riuniti di Ancona, “Quando questa area cessa
di funzionare, come accade in certi tipi dii coma, tutto il resto del cervello
si degrada rapidamente.”, Per riattivare il tronco encefalico, Pastor e
colleghi intendono infondere nel cervello dei loro pazienti peptidi che
stimolano la rigenerazione cellulare, introdurre cellule staminali che ricreino
il tessuto danneggiato, e persino illuminare il tronco con laser che, in vitro,
hanno mostrato di indurre la formazione di sinapsi. Non mancherà la
stimolazione con correnti elettriche, alla Frankenstein. Questo “attacco
concentrico dovrebbe, secondo loro, far ripartire l’attività di base del
cervello, cancellando la morte cerebrale. “Dubito che con quelle tecniche
avranno successo nel rianimare tessuti nervosi gravemente compromessi da danni
a lunga inattività, mentre l’introduzione sperimentale di staminali nel
cervello per curare il Parkinson, ha addirittura portato a tumori” ricorda
Provinciali. “Ma anche se riuscissero a ripristinare una qualche attività nel
tronco cerebrale a che servirebbe? Avremmo soggetti in sindrome apallica, cioè
mancanti delle ben più complesse e delicate funzioni corticali, ormai perse, e
quindi destinati a restare privi di coscienza per il resto della vita”. “Non
sappiamo se si potrà mai ottenere un pieno recupero di questi pazienti, ma far
ripartire l’attività di base del cervello è comunque un primo passo verso
quell’obiettivo” amette Pastor. Intanto però ReAnima un risultato, negativo,
potrebbe conseguirlo subito. “Se comincia a circolare l’idea che la morte
cerebrale non sia irreversibile, cade il presupposto che rende possibile il prelievo
di organi per i trapianti” conclude Provinciali. “E allora i morti per mancanza
di organi arriveranno molto prima che si riesca a “resuscitare” un tronco
encefalico”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 3 giugno
2016 -
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