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domenica 12 giugno 2016

Lo Sapevate Che: Come imparano i robot...



Se Non Me L’Avessero detto avrei pensato a un giocatore un po’ strano ma molto forte, di certo una persona reale”. A parlare è Fan Hui, il primo campione internazionale di Go messo k.o. da un programma. Una disfatta rivelatrice, forse addirittura profetica. Questo antico gioco da tavola, descritto da Confucio e ritenuto una delle quattro arti essenziali per il gentiluomo cinese, ha una possibilità di disposizione delle pedine superiore al numero degli atomi dell’universo. Lui, il software, si chiama AlphaGo. In un ufficio londinese ha battuto Fan cinque partite a zero. Lo ha fatto grazie al metodo del “deep learning”, combinando alberi di ricerca con reti artificiali che simulano i nostri neuroni e si rafforzano con l’esempio e l’esperienza, proprio come accade nel cervello umano. “E’ una svolta epocale e sorprendente che apre nuove frontiere”, spiega a “l’Espresso” Yoshua Bengio, professore dell’Università di Montreal, uno dei riferimenti mondiali per l’apprendimento profondo che ha risvegliato l’Intelligenza artificiale (IA) da un letargo ventennale. Ma dove stiamo andando? E chi stabilisce la rotta? Per rispondere a queste domande bisogna tornare a Londra, dove ha sede Deep Mind, la startup acquisita da Google che ha creato il software AlphaGo. Fondata nel 2010 da Demis Hassabis, un neuro scienziato che a cinque anni giocava i campionati inglesi di scacchi, non ha più di 150 dipendenti. Sin dall’inizio ha puntato sugli algoritmi “genral-purpose”, in grado cioè di incamerare enormi quantità di dati, maturare esperienze e riutilizzarle in diversi ambiti e per più compiti. Il primo banco di prova di DeepMind sono stati i giochi. E proprio le vittorie sui campioni umani di Space Invaders e degli altri classici del gaming della Atari hanno spinto prima Facebook e poi Google a farsi avanti. Per averla nel 2014 il colosso di Mountains View ha sborsato 400 milioni di dollari. “E si capisce perché”, dice Bengio: “Gli esperti di “deep leaarning” sono in tutto una cinquantina e almeno dieci già lavorano per DeepMind”. Gli altri si dividono tra università e colossi del Web. Da Amason a Microsoft, tutti pazzi dei giochi ma pronti a guardare oltre. (..). E, come suggerisce la “Technology Review” del Mit, aiutare gli umanoidi a capire il nostro mondo potrebbe essere una delle applicazioni pù importanti dell’Intelligenza artificiale. Ma ce ne sono molte altre. Dalle previsioni finanziarie al riconoscimento di immagini e video . Dalla capacità di determinare l’importanza di un’informazione, realizzando contenuti ad hoc e targeting pubblicitari efficaci, alla comprensione dei linguaggi naturali. Una delle chiavi, spiega Bengio, si chiama “unsupervised learning”, apprendimento non supervisionato: “E’ quello dei bambini, che osservano il mondo imparando a vedere e a comprendere senza che nessuno gli dica ogni momento cosa fare e come interpretare le immagini davanti ai loro occhi”. Alle possibilità potrebbero però accompagnarsi problemi. Uno dei nodi è la gestione privata di risorse fondamentali per l’umanità. “ Vogliamo applicare le nostre tecniche ai problemi più gravi e pressanti del mondo reale, si tratti di modelli climatici o di analisi di malattie complesse”, ha detto Hassabis dopo il trionfo di AlphaGo. Ipotizzando anche un comitato etico, taggato Google.
Vincenzo Giardina – Deep Learning – L’Espresso 9 giugno 2016 -

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