Secondo l’Agiografia corrente la fondazione del ministero
dei Beni Culturali (1975) è merito di Spadolini, suo primo titolare. A dire il
vero Spadolini ebbe due predecessori, Camillo Ripamonti e Giuseppe Lupis (IV e
V governo Rumor). Ministri senza portafoglio, come all’inizio Spadolini: ma il
ministero con portafoglio fu davvero una buona idea? All’indomani della
fondazione, Sabino Cassese lo definì “una scatola vuota”, Giovanni Urbani “un
buco nero, capace di inghiottire tutto, e tutto nullificare in vuote forme
verbali”. Urbani avrebbe messo insieme beni culturali e ambiente, ma le
alchimie romane generarono due distinti ministeri, quello dei Beni culturali e
ambientali e quello dell’Ambiente (creato nel 1086), separati in casa fino al
1999, quando i “beni ambientali” sparirono dal nome del primo. Ma le intenzioni
di Spadolini? Misuriamole dalla sua prefazione a “I Beni culturali
dall’istituzione del Ministero ai decreti delegati” (1976). Le leggi di tutela
del 1902 e 1909, scrive, sono quelle “su cui riposa ancora quel che è stato
fatto nel trentennio della Repubblica”. Nessun cenno alla legge sul paesaggio
firmata nel 1920 da Benedetto Croce, né alle leggi Bottai (1939). Non una
sillaba sull’art.9 della Costituzione, peraltro dimenticato anche nella legge
istitutiva. Intanto, ministro da otto mesi, Spadolini subiva in silenzio la
devoluzione dei beni culturali alla Sicilia (agosto 1975). Nato come una bella
addormentata, il Ministero si sveglia ogni tanto di soprassalto, di solito per
giocare al ribasso, come quando Franceschini abolisce le sovraintendenze
archeologiche e invischia la tutela in una crescente burocrazia, sottoponendola
ai prefetti. Forse, come nella Bella addormentata, il sortilegio di una fata
permalosa, scagliato sulla culla del ministero neonato, lo condanna a
inciampare di continuo. Sarà stata la fatina dell’Ambiente?
Salvatore Settis – Sestante www.lespresso.it -
L’Espresso – 9 giugno 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento