Leggenda Vuole che il termine lobbying nasca
all’epoca del presidente americano Ulisse Grant, che amava rilassarsi la sera
sulle poltrone dell’hotel Willard a fumarsi un sigaro. Chi voleva perorare la
propria causa si affollava nell’atrio (lobby) dell’hotel . Da qui lobbying è
diventata l’attività di perorare la
propria causa di fronte ad un’autorità. Ma l’attività di lobbying non è certo
stata inventata nel 1870. Quando Mosè cercò (inutilmente) di convincere il
faraone egiziano a rilasciare il popolo ebraico, faceva lobbying. Come
l’esempio biblico dimostra, fare lobbying non è di per sé malvagio. Tanto che
il diritto a fare lobbying è protetto dalla costituzione americana. Perché
allora la rivelazione che Gianluca Gemelli aveva fatto pressioni sull’allora
ministro Federica Guidi ha provocato le dimissioni di quest’ultimo. (..) Questa
competizione tra opposti interessi produce risultati desiderabili solo a due
condizioni: che tutti i lobbisti abbiano uguale accesso ai governanti e che gli
opposti interessi abbiano le stesse risorse per farlo. Purtroppo queste condizioni
non si verificano mai. In alcuni paesi – come gli Stati Uniti – almeno si è
lavorato sul primo punto. Fin dalla prima legge sul lobbying, che risale al 1912,
si è cercato di equilibrare le condizioni di accesso. Ad esempio un ex ministro
non può fare lobbying nel suo ex dicastero per due anni dalla cessazione dalla
carica. Allo stesso modo il coniuge di un ministro non può svolgere attività di
lobbying nell’area di competenza del proprio coniuge. Quando le condizioni di
partenza permangono squilibrate, almeno si è cercato di reprimere gli abusi,
forzando la trasparenza. (..).Purtroppo In Italia non c’è nulla di tutto ciò. La prima
proposta di legge sul lobbying è del 1976. Da allora si sono succedute 58
proposte, tutte finite nel cestino. E il “registro dei portatori di interessi”,
appena istituito, serve a poco. (..). Anche con una legge adeguata, però rimane
il problema dell’asimmetria tra interessi concentrati e quelli diffusi.
Immaginiamo per ipotesi che il beneficio economico di continuare ad estrarre il
gas dai nostri mari sia pari a 10 miliardi, ma il costo atteso (in termini di
danni ambientali) sia di 12 miliardi. In teoria, gli ambientalisti (che cercano
di prevenire una perdita di 12 miliardi) dovrebbero disporre di maggiori
risorse dei petrolieri (che beneficiano dalla legge solo per 10) per convincere
i governanti e quindi prevalere. Peccato Che Il Potere dei petrolieri sia rappresentato da
un paio di società, ciascuna delle quali perde molto da uno stop alle
concessioni, mentre i cittadini sono tanti e, anche se ipoteticamente il danno
ambientale è elevato, il costo subito da
ciascuno di essi è relativamente basso. Pertanto i cittadini fanno fatica a
mettersi d’accordo su chi paga per la campagna informativa. Anche un
ambientalista sfegatato è riluttante a contribuire con la sua quota, se sa che
gli altri hanno già contribuito abbastanza. Questo problema, che in gergo si
chiama free riding, indebolisce la
forza di persuasione degli interessi diffusi. Anche le migliori legislazioni
esistenti non sembrano in grado di risolvere il problema. Sappiamo però che
l’assenza di regole sull’accesso dei lobbisti al potere politico non fa che
acuirlo. Ragione di più per introdurre anche in Italia una legge sul lobbying.
Luigi Zingales – Libero mercato www.lespresso.it – L’Espresso – 5 maggio
2016
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