Stavolta, A Differenza del pre e del post Sanremo, nessuno l’ha buttata in politica.
Almeno finora. Relegando quindi il remake del “Rischiatutto” formato Fabio
Fazio in una fortunata operazione amarcord. Di grande successo. Il programma
non ha raggiunto infatti 13 milioni di spettatori del Festival – tanti italiani
quanti quelli corsi a votare contro le trivelle in mare… - ma sette milioni e
rotti sì, quanti furono, chessò, gli elettori che nel 2013 optarono per i
senatori di Beppe Grillo. Grandi numeri. Anche stavolta, comunque, si
registrano un insieme di circostanze sulle quali vale la pena di riflettere, un
po’ sul serio e un po’ per gioco. Se non altro perché la tv ci rimanda
l’immagine del Paese, a volte la anticipa, o magari la spiega. Mamma Rai certo
non è più quella degli anni di Mike. A guidarla c’è ora una pattuglia di
cinquantenni che negli anni Settanta, dunque, oscillava tra scuola elementare e
media. Ora, è pur vero che Ettore Bernabei ed Enzo Biagi avevano quarant’anni
quando l’uno diventò il capo azienda e l’altro il direttore del tg, ma oggi
sulla tolda di RaiUno, la rete ammiraglia che ha mandato in onda Fazio-Mike,
c’è un giovane manager, Andrea Fabiano, che quando “Rischiatutto” andava n onda
non era nemmeno nato. E dunque colpisce
ancora di più che la nuova dirigenza, battezzata nella stagione della Generale
Rottamazione, e chiamata a viale Mazzini a rinnovare, cambiare, riformare, si
metta come fiore all’occhiello il già visto, il consolidato, il vecchio
verrebbe da dire se non avessimo il massimo rispetto per la tv di Mike. Perché?
(..). Nuova Filosofia. E vabbè. Nella
comunicazione, e nella politica che di comunicazione vive, vince
talvolta il colpo di genio, spesso l’istinto, ma di fatto ogni scelta risente
sempre dell’aria che tira (in azienda o nel paese). Ora, è vero che la tv si
nutre di amarcord, Fazio e Arbore lo sanno bene. Ed è provato, che il marchio
affermato consola e rassicura, e spinge a partecipare ad un evento che presumibilmente
– com’è successo – coinvolgerà su di sé milioni di curiosi e fan:
“Rischiatutto” “non è nostalgia, ma è un classico, un archetipo, un meccanismo
perfetto”, ha subito precisato Fazio. (..). In Questo Senso, insomma, se è ancora concesso
giocare con i rimandi dalla Rai alla politica, il “Rischiatutto” di Fazio e CDO
sarebbe allora molto poco renziano perché non rottama un bel niente anzi. Ma lo
sarebbe invece per i molti sapori trasversali, Mediaset in casa Rai, in cabina
Frizzi e Maria De Filippi. Così, se l’altro anno Panariello scherzava a Sanremo
su Conti jr. appena battezzato Matteo, oggi Fiorello auspica una riedizione
della “Ruota della fortuna”, star di Matteo originale. In un temerario ping
pong tra ieri e oggi, tra prima e dopo il passaggio di Mike da Rai a Mediaset,
tra prima e dopo la Bicamerale e il Patto del Nazareno. O più semplicemente si
confermerebbe che i tentativi di capire davvero il Paese, indagare le
trasformazioni, individuare nuovi linguaggi capaci di alto gradimento sono
ardui assai. O forse ancora che, qualunque cosa accada o si faccia, c’è sempre
una larga fetta di italiani che di fronte all’insondato si rifugiano nell’unica
cittadella che conoscono bene, quella della tradizione. Ieri Sanremo, oggi
“Rischiatutto”, domani chissà. Certo, non è tutta l’Italia, o magari non è
l’Italia che qualcuno vorrebbe, ma è certamente un’Italia che dovremmo
ascoltare. Almeno provare a capire. Qui si parla di Tv, eh? Ma se volete, anche
un po’ di politica.
Bruno Manfellotto
Questa settimana www.lespresso.it -
@bmanfellotto - 5 maggio 2016 -
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