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martedì 3 maggio 2016

Lo Sapevate Che: Partiti, sindacati, lobby le riforme che Renzi non fa...



Non Sono Poche, né di poco conto, le riforme timbrate da questa maggioranza di governo. I  critici puntano il dito sulla loro qualità degli interventi: viaggiano dal lavoro al fisco, dalla Costituzione alla legge elettorale, dai diritti civili alla pubblica amministrazione. Eppure rimane una lacuna – anzi una triplice lacuna – che investe il ruolo dei gruppi associativi più importanti nella vita economica e politica. Questo vuoto resiste ormai da settant’anni, da quando la Carta repubblicana ha emesso i suoi vagiti. Sarà il caso di metterci rimedio. Primo: La legge sui partiti. Sarebbe “consona a tutto lo spirito della Costituzione”, disse Mortati in Assemblea costituente. Dove peraltro risuonò a lungo la domanda di Calamandrei, come può respirare una democrazia. se i suoi principali attori non sono a loro volta democratici? Dopo di che l’articolo 49 non ne menziona espressamente l’esigenza. Però la manifesta in controluce, e infatti il primo progetto di legge sui partiti venne presentato da don Sturzo nella 1° legislatura. Niente da fare, allora come adesso. Le nuove norme inoculate nel corpaccione dei partiti riguardano il finanziamento pubblico, a partire dalla legge Piccoli del 1974. (..). Nel frattempo vige un’anarchia che da un lato disorienta gli elettori (sulle primarie, per esempio, ciascun partito fa un po’ come gli pare), dall’altro lato favorisce il malaffare (a Napoli  primarie al veleno nel 2016, annullate per brogli nel 2011). Da qui un’accelerazione ai lavori della Camera:il resto dovrebbe andare in aula entro fine mese. Già, ma quale testo?(..). Come sempre, oscilliamo fra il nulla e il troppo. Fra un vuoto, a differenza della Germania, del Regno Unito, della Spagna, di tutti quei Paesi che una legge sui partiti ce l’hanno da decenni. E un eccesso di regolamentazione, che oltretutto incorre in un abbaglio storico, perché presume la forma novecentesca dei partiti. Secondo: la legge sui sindacati. Questa volta la Costituzione è chiara: il legislatore deve garantire che “sanciscano un ordinamento interno a base democratica”, dice l’articolo 39. a il legislatore italiano non se n’è mai curato, anche per l’opposizione delle stesse associazioni sindacali, recalcitranti a denunciarsi di fronte allo sguardo occhiuto dello Stato. Tuttavia settant’anni possono bastare. E’ tempo d’interventi, per ragioni analoghe a quelle che impongono di dettare una legge sui partiti. Tanto più che la riforma Boschi sopprime il Cnel, l’unica stanza di collegamento fra lo Stato e i sindacati. Non possiamo lasciarli nel Far West. Terzo: la legge sulle lobby. Negli Stati Uniti il Lobbying Act risale al 1946, e viene aggiornato di continuo (in ultimo da Obama, nel 2009). In Europa la prima nazione a istituire un registro dei lobbisti è stata la Germania, nel 1951. L’Unione europea regola le lobby dal 1996; e dagli anni Duemila norme specifiche sono state approvate in Lituania, Polonia, Ungheria, Macedonia, Francia, Slovenia, Austria, Olanda, Regno Unito, Irlanda. Noi, viceversa, siamo sempre fermi al palo. Nonostante decine di progetti di legge via via depositati in Parlamento (16 in questa legislatura). (..) E’ un delitto democratico, qui come nel caso dei sindacati. Perché non c’è democrazia senza controllo popolare, e non c’è alcun controllo senza trasparenza. Come diceva Bobbio, “la democrazia è il potere del pubblico in pubblico”.
Michele Ainis – Legge e libertà www.lespresso.it – L’Espresso – 28 aprile 2016-

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