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mercoledì 4 maggio 2016

Lo Sapevate Che: Il Papa tra i migranti di Lesbo, dove il destino dipende dal curriculum...



“Ciao Francesco!” urlo al Papa fermo nella sua vettura in attesa di uscire dall’aeroporto  di Mitilene, Lesbo, Grecia. “Ciao, Fabrizio”, urla un italiano al mio fianco. “Ma come Fabrizio?”, gli faccio pensando sia impossibile sbagliare il nome del Papa. “Conosco l’autista”, mi risponde quello lasciandomi senza parole. Lì davanti al Papa, con la telecamera in mano ci siamo solo io e il mio sodale Pierfrancesco. Dietro di noi, i tecnici del Ducato Fiat che salutano l’autista dando corpo alla gag dell’anno. Nel resto dell’isola, Tsipras, qualche centinaio di giornalisti e qualche migliaio di immigrati, per lo più di religione musulmana, stanno aspettando Francesco  (e Fabrizio). Il Papa comincia la visita del posto intorno al quale ogni questione legata ai flussi migratori sembra girare. Per mesi principale approdo per i migranti in arrivo, Lesbo è l’Isola da cui sono iniziate le prime “deportazioni” figlie dell’accordo del 20 marzo tra Ue e la Turchia. Migliaia di persone sono bloccate qui, senza sapere nulla del proprio destino. Detenute nel centro di Moria o braccate su una spiaggia occupata da attivisti, sono anime in pena consegnate alle incognite di un casting d’accesso basato sulle nazionalità e non sui casting d’accesso basato sulle nazionalità e non sui drammi dai quali scappano. Fahad, 17 anni,è arrivato qui da solo, un mese e mezzo fa. La sua famiglia è stata sterminata, ma è  pakistano, e il cv non è quello giusto per ottenere l’asilo in Grecia. Tre giorni fa dormiva in una tenda sulla spiaggia insieme ad altri trecento ragazzi come lui. Poi quella spiaggia è stata sgombrata dalla polizia, chi stava lì è stato riportato nel centro di Moria, dove senza il cv giusto, si rischia di essere rispediti indietro.  Ma il tempo ci abitua a tutto, L’enormità di storie come questa sembra annacquarsi nel fastidio di pensare Fahad diretto a casa nostra. Vedere uomini, donne, anziani e bambini passare mesi dietro a un filo spinato intrecciato da noi per difenderci dai loro sguardi,è diventato normale. Che questa gente abbia rischiato la vita, a molti sembra il minimo che potesse fare ambire a stare tra noi che siamo nati di qua. E andrebbe tutto bene per le coscienze di tanti se non fosse che tra i pochi leader politici ancora sensibili e impressionabili non figurasse proprio il Papa. Ad un animo laico e agnostico come il mio, risulta insopportabilmente evidente e imbarazzante la distanza tra gesti, parole e messaggi del Papa e gesti, parole e messaggi dei più cattolici tra i politici. Di questo passo, per difendere le statuine del presepe del prossimo Natale, metteranno del filo spinato nei loro salotti.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 29 aprile 2016 -

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