Due Corvi Beccano senza remissione gli occhi degli italiani, e ci accecano: il corvo della
pseudoriforma elettorale e il corvo della controriforma costituzionale. L’uno e
l’altro hanno dalla loro un argomento: meglio cambiare che lasciare tutto
com’è. E’ vero. Il punto è che cosa
cambiare, come farlo, chi deve farlo, per quale ragione, con quale progetto e per quale futuro.
Ma queste domande di fondo, le più importanti, restano al margine della
discussione pubblica: una spessa nebbia copre la posta in gioco e indirizza
l’attenzione su falsi bersagli. (Pseudo)riforma elettorale e (contro) riforma
costituzionale si intrecciano e confondono quasi fossero una sola cosa, e
questo groviglio prende l’aspetto di un effimero scontro di appartenenze, di
fazioni, di tribù. Pur davanti agli enormi problemi del problemi del presente,
dovremmo invece interrogarci sul contenuto
delle riforme (anzi, di ogni singolo
punto di esse) pensando alle prospettive e alle incertezze del futuro. Se crediamo
sulla parola del governo, o ne respingiamo in blocco ogni sillaba, parteggiando
pregiudizialmente per il Sì o per il No, stiamo dimenticando che dall’esito di
queste “riforme” dipenderà non la sorte dell’attuale governo, bensì il nostro
destino e quello dei nostri figli. Ma chi cade in questa trappola asseconda la
personalizzazione della politica, la logica plebiscitaria e populista che tenta
il presidente del Consiglio, l’idea autoritaria e antidemocratica che il
cittadino abbia solo due opzioni: o chinare la testa o ribellarsi. Ma c’è una
terza scelta, la migliore: fermarsi a pensare, volgendo al futuro uno sguardo
“presbite”, che secondo Calamandrei è quello della Costituzione. (..). Non
possiamo, non dobbiamo legare la sorte della riforma della Costituzione al
governo oggi in carica. Né per il Sì né per il No. Padre di questa riforma non
è Renzi, né lo sono i suoi ministri: il suo percorso parte da lontano, negli
anni della presidenza Berlusconi, ha una sorta di “prova generale” con la
fulminea modifica bipartisan dell’art.81 (pareggio di bilancio) sotto il
governo Monti, continua durante i governi Letta e Renzi. I padri di questa
riforma sono molti, e oltre ai presidenti del Consiglio includono due
Presidenti della Repubblica (Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella), che si
sono espressi in suo favore. Includono ministri, senatori e deputati che hanno
partecipato a commissioni ad hoc o anche solo al voto in aula. Includono
giuristi, giornalisti, economisti e altri intellettuali che hanno incoraggiato,
confezionato o avallato le operazioni di ingegneria costituzionale che stiamo
subendo. Perciò il giudizio sulla riforma non può essere immeschinito a un
“plebiscito” per Renzi o contro di lui. (..). Renzi ha preso la giocosa
abitudine di bollare come “gufo”, con apposite barzellette e disegnini, chi non
è d’accordo con lu: ma certo sa che, per adempiere la sua funzione con onore,
un presidente del Consiglio deve saper ascoltare anche i “gufi”. Anche perché,
come dice il gufo in un apologo di Claris de Florian (ca.1792): “la mia sola
colpa è che vedo lontano anche di notte”. Mentre cala la notte della
democrazia, meglio vederci chiaro che lasciarsi accecare. E in ogni caso:
meglio gufi che corvi. (..). E’ vero, meglio cambiare che lasciare tutto com’è.
Ma oggi il vero, il grande cambiamento sarebbe attuare la Costituzione, e non
stravolgerla. Le conclamate “riforme” non fanno nulla per mettere in pratica il
progetto della Costituzione, nulla per proteggere i nostri diritti, ma fanno
molto per limitarli. Perciò, non solo al bivio del referendum ma negli anni che
ci aspettano, la parola d’ordine non dev’essere “riforme”. Dev’essere:
Costituzione!
Salvatore Settis – Anticipazioni – L’Espresso – 12 maggio
2016 -
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