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lunedì 11 aprile 2016

Lo Sapevate Che: Povera Democrazia: o è populista o e impopolare...



Certe Parole t’entrano in testa senza chiedere permesso. Populismo, che vorrà mai dire? Vattelapesca, non lo sa nessuno. Eppure questa parola ci buca i timpani ogni giorno, in Italia così come in Europa, così come negli Usa. Senza un significato univoco, però sempre con una connotazione spregiativa, come un epiteto, un insulto. E infatti nessun politico si dichiara populista;  sono gli altri ad affibbiargli l’etichetta. Sicchè è populista Donald Trump non meno di Marine Le Pen, sono populisti i partiti al governo in Ungheria  e in Slovacchia, in Polonia e in Grecia. Mentre in Italia la stessa accusa rimbalza da Berlusconi a Renzi, da Grillo a Salvini. Non Che Si Tratti d’un inedito. Il populismo è una categoria della politica, fin dal 1894, quando negli Stati Uniti il People’s Party prometteva una vita più felice per ogni cittadino. Ne furono celebri esponenti George Wallace non meno di Ross Perot, e poi Nasser, Peròn, e molti altri leader del Terzo mondo. Alle nostre latitudini il populismo s’incarnò, per una breve stagione, nell’ “Uomo qualunque” di Guglielmo Giannini, e successivamente in personaggi come Achille Lauro. Però in questo torno d’anni il populismo cresce a macchia d’olio, conquista quotidiana nuovi sacerdoti.(..). Ecco, La Paura. E’ la benzina che alimenta i populismi, e quel carburante sgorga da una crisi economica, poi morale, poi politica. Paura degli immigrati, paura del terrorismo che incrudelisce nelle nostre città. Ma al contempo paura di venire ricacciati indietro, nella plebaglia da cui s’era emancipato il ceto medio. Dalla paura cova poi la rabbia vero i nuovi ricchi, verso chi ha troppo quando a tutti gli altri resta troppo poco. E la disuguaglianza attizza  infine la protesa nei confronti delle classi dirigenti. Ingiustizia, miseria, terrorismo: tutta colpa loro, e soprattutto colpa dei politici, delle loro unghie rapaci. Da qui l’antipolitica, da qui l’istinto di affidarsi a un Capo, lui sì, megafono fedele dei nostri umori collettivi. Con un rapporto verticale, che spazza via ogni corpo intermedio, ogni altra istituzione. Sicchè il fallimento dei vecchi governanti diventa il fallimento d’un modello di governo, e infine della democrazia medesima, per come l’abbiamo praticata dall’ottocento in poi. Un sistema lento, complicato, appesantito da estenuanti mediazioni; meglio sostituirlo con un plebiscito permanente, in cui ciascuno ha l’illusione di parlare attraverso la parola del suo leader. E’ esattamente questo il brodo di coltura dei nuovi populismi: la crisi epocale della democrazia rappresentativa, in Italia come altrove. Tuttavia Non Basterà un esorcismo per sbarazzarci dei nuovi Pilato. Il populismo riflette l’esprit du temps, e infatti hanno tratti populisti tutti i leader politici, non solo i più estremisti. D’altronde non c’è scampo: o sei populista o diventi impopolare. Per salvare le istituzioni democratiche, l’unica via è rubare munizioni all’esercito nemico, innervandole con una cura semplificatrice, coniugandole agli strumenti di democrazia diretta. Come diceva Casanova, a volte da un male può nascere il bene.
Michele Ainis – Legge e libertà www.lespresso.it michele.ainis@uniroma3.it – 7 aprile 2016

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