“The
media circus is on the way”, mi dice Danilo Balducci, fotografo aquilano dedito
da tempo al racconto dell’odissea dei profughi lungo la rotta balcanica. La
frase, a metà tra l’epico e il minaccioso, gli è stata appena pronunciata al
telefono da un collega inglese che, come noi, ha appena pronunciata al telefono
da un collega inglese che, come noi, ha appena saputo che qui, nel fango di
Idomeni, a portare conforto e telecamere alle circa 14 mila anime in pena
bloccate alla frontiera, sta per arrivare Angelina Jolie. L’attrice testimonial
UNHCR, dopo aver visitato alcuni campi profughi in Libano, in mattinata è stata al porto del Pireo,
Atene, a colloquio con gli immigrati lì stipati. Nel primo pomeriggio
incontrerà Tsipras. Poi toccherà a Idomeni, pare, si dice. Immaginare Angelina
Jolie qui, con i piedi nel fango nel quale affondano scarpe rotte, piedi
nudi, tende e speranze, è veramente
difficile, roba per visionari. E però, anche immaginare posti come Calais,
Grande Synthe, Rignano Garganico, Rosarno, Gorizia (la Jungle lungo il fiume
Isonzo), Roszke o Idomeni, se non ci fossi stato non mi sarebbe stato
lontanamente possibile. Ben venga dunque Hollywood, con tutte le telecamere che
può portare, e vediamo che succede. Nel
mentre, nell’attesa posto , la quotidianità di questo posto toglie il respiro,
plasma da zero la sensibilità di ognuno secondo nuovi parametri, rafforza le
spalle di tutti. Sarebbe altrimenti difficile resistere alle scene dei camion
pieni di generi di prima necessità assaltati da persone che si litigano un
pacco di carta igienica. O della bambina che aspetta la madre bussando sulla
porta di un bagno chimico con i piedi nei liquami che da quel bagno
fuoriescono. O dei bambini che trasportano legna per il fuoco. O di uomini e
donne che si accapigliano per un paio di scarpe qualsiasi, aperte o chiuse poco
cambia, lanciato loro dai volontari. Giro per il campo don Mohamed, il giovane
studente di ingegneria, siriano dal sorriso contagioso e dai lineamenti da
fotomodello, che sta qui da più di tre settimane. Con la sua famiglia, in sei
dentro una tenda per due, sogna la Germania.
Due giorni fa, come quasi tutti qui, si è messo in marcia, ha
attraversato il fiume col fratello di un anno in spalla, è stato fermato dalla
polizia macedone, è rimasto zuppo al freddo per dieci ore senza cibo o coperte,
ed è stato ributtato in Grecia attraverso un buco della rete di protezione
della frontiera. Guardiamo insieme l’elicottero che vola sulle nostre teste
chiedendoci se sia quello che porta Angelina. “Se viene qui, ce la mangiamo”,
commenta tra sarcasmo e cinico realismo, una donna di passaggio, prima che si
sappia che l’attrice ha dirottato su Lesbo.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
1 aprile 2016 -
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