Il segreto del caffè è nella misura. Se bere più di 3-4 tazzine
al giorno viene sconsigliato, da un consumo moderato continuano ad emergere
effetti benefici per metabolismo, cervello, sistema nervoso e prevenzione dei
tumori. Quale sia l’ingrediente specifico che fa abbassare il rischio di
diabete negli adulti, ridurre di un terzo quello di sclerosi multipla,
diminuire le probabilità di malattie al fegato, di infarto, cancro e demenza
non è chiaro. Molto probabilmente non si tratta della caffeina, visto che il
decaffeinato offre benefici analoghi e la Coca- Cola no. Gli Energy drink poi,
che di caffeina sono ricchi, vengono considerati tutt’altro che salutari
dall’American Heart Association. Secondo la socie americana di cardiologia,
basterebbe infatti una sola lattina di bevande energetiche per far aumentare in
modo pericoloso pressione sanguigna e ormoni dello stress. La stessa associazione americana ha promosso, al
contrario, il caffè pubblicando, lo scorso novembre, un articolo
dell’Università di Harvard sulla sua rivista Circulation. Due o tre tazze al giorno, dice lo studio, riducono
leggermente il rischio di morte per malattie di cuore, neurologiche, diabete di
tipo due e suicidio. La ricerca di Harvard ha un pregio e un limite. Il pregio
è la dimensione: oltre 200 mila persone sono state seguite per trent’anni.
Ciascuna di esse ha periodicamente compilato un questionario con le sue
pratiche di vita e si è sottoposto a un accurato check-up medico.. Il limite è
che lo studio osserva un legame fra consumo di caffè e maggior durata della
vita, ma non è in grado di spiegare esattamente il perché. Gli amanti della
tazzina, poi, si sono rivelati anche più affezionati del normale a bacco e
tabacco (e in questo caso gli effetti positivi sul rischio di mortalità
finiscono per annullarsi). “Chi ha un consumo moderato di caffè tende
effettivamente ad ammalarsi di meno” spiega Carlo La Vecchia (..) epidemiologo
dell’Università di Milano, autore di uno studio sul consumo della bevanda e la
riduzione del tumore del fegato. “L’aumento della durata della vita può essere
tradotto con un minore rischio di morte del 5-10 per cento ogni anno. Non è un
dato eclatante, ma è comunque evidente e significativo. Di certo il dibattito
sul caffè si è spostato dalla sua presunta pericolosità ai suoi reali effetti
benefici”. La Vecchia ha pubblicato il suo studio sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology. La
sua osservazione è che nei bevitori moderati di caffè il rischio di tumore del
fegato diminuisce del 40 per cento. “E’
un dato davvero forte, ma non è l’unico. Il rischio del tumore dell’endometrio
scende del 20 per cento e quello dell’intestino del 15-20”. E’ sotto esame anche
il legame fra tazzina e salute del fegato in generale. “Il caffè è ricco di
antiossidanti e lipidi che hanno effetto positivo. I bevitori affezionati hanno
in generale valori degli enzimi epatici più bassi. Un segno che il fegato sta
funzionando bene. Un effetto protettivo sui neuroni potrebbe essere invece alla
base anche di un rischio ridotto fino al 30 per cento di ammalarsi di sclerosi
multipla. L’osservazione è stata fatta a inizio marzo dai ricercatori del
Karolinska di Stoccolma, delle Università americane Johns Hophins e Berkeley, ed
è stata pubblicata sul Journal of
Neurology, Neurosurgery and Psychiatry. Con il caffè bisognerebbe invece
andare cauti in gravidanza. C’è il sospetto che oltre 1-2 tazzine il neonato
corra il rischio di nascere sottopeso.
Elena Dusi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 25 marzo
2016 -
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