E In Effetti fa una certa impressione vedere sulla
prima pagina dell’ “Unità”, quotidiano pur sempre fondato da Antonio Gramsci,
un editoriale dal titolo “Quando licenziare è di sinistra”. Già, quando?
Leggiamo: “Licenziare chi non lavora non solo è giusto, ma è anche di sinistra.
Può sembrare scontato che mandare a casa chi non fa il proprio dovere rubando
tempo e denaro anzitutto ai propri compagni di lavoro sia un atto così normale
da non meritare commenti. Purtroppo non lo è se l’ovvio (“Gli assenteisti
saranno licenziati”) diventa un titolo per tv e giornali: nella pubblica
amministrazione non è detto che è licenziato chi non si presenta in ufficio o
timbra il cartellino e poi va in palestra o a fare la spesa. Un altro tabù che
cade? L’ennesimo colpo di Matteo Renzi alla vecchia Italia? La seconda puntata
della sua “violenta lotta alla burocrazia” (Salone del mobile di Milano,2025)?
Il Cinico, variante del Gufo, avanzerebbe dei dubbi. Se non altro perché la
guerra contro una pubblica amministrazione lenta, farraginosa, inefficiente e
magari pure corrotta si parla almeno da un secolo. Invano. Dello strapotere dei
mandarini di Stato si lamentava già Mussolini; dopo la guerra, don Luigi Sturzo
mise la primo punto di un programma di governo proprio la riforma della
pubblica amministrazione; più tardi Guido Carli se la prese con i “lacci e i
lacciuoli” che facevano l’impresa; all’argomento hanno dedicato il loro impegno
di governo studiosi come Massimo Severo Giannini e Sabino Cassese; il leghista
Roberto Calderoli, bagnato dalle sacre acque del Po e sceso a Roma dal
produttivo nord, non andò molto oltre un pirotecnico fuoco di cartacce in un
cortile ministeriale, simbolo della missione – ahimè fallita – di disboscare il
groviglio di leggi che bloccano la macchina pubblica; poi toccò a Renato
Brunetta che partì lancia in resta, ma portò a casa molte polemiche e scarsi
risultati. Già, Brunetta. A sentir lui era già tutto scritto
nella sua riforma del 2009, che bisogno c’era di Marianna Madia ne facesse una
tutta sua? (..). Finora, però, diciamo la verità, è stato tutto un chiacchiere
e distintivo. Certo, è vero che grazie a Brunetta già ora si può licenziare, ma
i tempi lunghi dell’istruttoria (venti giorni per incastrare il reo, altri
venti perché si difenda) e della macchina giudiziaria (da 6° a cento gironi per
una sentenza), senza contare la marea di ricorsi, ha fatto sì che su circa
7mila denunce per assenteismo solo un centinaio si siano tradotte in interruzione
del rapporto di lavoro. Come se la legge non ci fosse. Adesso Si Vorrebbe fare più presto: entro 48 ore sospensione cautelare dal lavoro e dallo
stipendio a fronte di reati gravi (rubare, timbrare il cartellino per altri,
attestare il falso), cinque giorni per il diritto di difesa. (..). E sì, la
lotta alla burocrazia deve essere davvero “violenta”, e per combatterla ci
vuole molto coraggio. Nessuno finora c’è riuscito. Giulio Andreotti addirittura
la sconsigliava, lui i burocrati piuttosto li curava e li coccolava. Anzi per
centinaia di loro (..), in carica o no, organizzava ogni anno una grande “festa
del ringraziamento”. Perché anche da ex respirassero l’aria del Potere.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it -– L’Espresso – 28 gennaio
2016
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