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giovedì 4 febbraio 2016

Lo Sapevate Che: Dove nasce l'immaginazione...



Studio all’accademia di Belle Arti di Torno dove mi sono persuasa che l’uomo ha necessariamente bisogno delle immagini ogni qualvolta parla di vita interiore, la cui caratteristica è di mostrarsi attraverso il linguaggio, attraverso l’uso di metafore che, come scrive Hannah Arendt, “sono palesemente desunte da dati ed esperienze corporei”. I concetti sono così trasferiti (metapherein, trans-portati) alla giurisdizione dei sensi, al fine di rendere tangibili tali idee che altrimenti rimarrebbero astratte. E’ come se la conoscenza effettiva derivasse da questo segno, dall’immagine, che lascia una testimonianza effettiva, concreta, del nostro essere al mondo. Ma all’origine di questo bisogno che cosa c’è? Non c’è l’Io lacerato allo specchio? Per conoscere noi stessi non ci guardiamo, forse, allo specchio o negli occhi degli altri? Non veniamo a contatto “con noi” attraverso “l’immagine di noi”? E allora, noi siamo profondamente legati all’immagine, la cui forza sostituisce la realtà stessa. Cosa ne pensa? Maria Elena Marchetti marchetti.mariaelena@gmail.com
La sua lettera mi costringe a entrare in un campo, la filosofia, da cui la maggior parte delle persone si tiene lontana, incoraggiata anche dalla proposta, avanzata qualche mese fa, di abolirla dagli insegnamenti liceali, come peraltro è già accaduto nella maggior parte dei paesi europei, come se addestrarsi al pensiero e al senso critico fosse un pericolo da cui è bene tenersi lontani. In realtà è alla filosofia che l’Occidente deve il suo tratto costitutivo, a partire da Platone che ci ha insegnato pensare servendoci di idee e concetti e non delle cose sensibili. L’effetto fu che noi occidentali con il concetto di albero nominiamo tutti gli alberi sulla terra, mentre la mentalità orientale, che non è il contrapposto della mentalità occidentale ma la sua preistoria, è rimasta ancorata alle cose sensibili, e fin quando non è a sua volta pervenuta all’astrazione concettuale, non diceva “l’albero” nominando con una parola tutti gli alberi della terra per diversi che fossero, ma “questo albero della vita e della morte”, “questo albero della luce e delle tenebre”. Come fanno i bambini che, prima di arrivare ai concetti, conoscono il mondo maneggiando le cose concrete e successivamente le loro immagini. (..). Quindi è la filosofia ad averci allontanato dai corpi, dalle sensazioni, dalle cose colte nella loro singolarità e concretezza. In un certo senso sì. Ma non dalle immagini, anche se così ritiene la psicologia, seconda la quale i filosofi sono incapaci di pensare per immagini come invece vuole la nostra psiche, i cui percorsi, a partire dai sogni diurni e notturni, seguono la via dell’immaginazione. Per convincersi delle sue idee, che non sono così distanti dalle mie, le consiglio di leggere I segni dell’anima (Laterza) del filosofo Carlo Sini, secondo il quale l’immagine non ha un’origine psichica ma filosofica. Infatti, a differenza degli psicologi che considerano l’immaginazione un arricchimento della realtà, i filosofi sono abituati a pensare in assenza e, l’assenza dell’oggetto è il tratto peculiare dell’immagine che lavora senza realtà e, così lavorando, la presenta in assenza. Per questo è possibile dire che l’assenza è il luogo della parola. Noi siamo al monto tra la presenza delle cose e la loro assenza, e non potremmo né vivere, né pensare, né parlare se, in assenza delle cose, non potessimo evocarle in immagine. Detto questo, aboliamo pure la filosofia dalle scuole, così capiremo sempre meno il nostro modo di essere al mondo.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 30 gennaio 2016

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