Pecora Dolly
Cosa sognano le pecore
clonate?
Il 5 luglio 1996, per la prima volta nella storia
dell'umanità,
si è riusciti a clonare artificialmente un essere vivente partendo
esclusivamente dalle sue stesse cellule, anche se in passato procedimenti
analoghi, sebbene "spuri" fossero già stati realizzati con successo,
soprattutto con anfibi, topi e bovini.
Il risultato di questo esperimento è passato alla
cronaca con il nome di Dolly, una "semplice" pecora di razza Finn
Dorset che è la "fotocopia" esatta di un altro esemplare. Ciò
significa che i patrimoni genetici dei due animali sono assolutamente identici
tra loro.
La notizia della sua nascita venne dal Roslin Institute
di Edimburgo dove un gruppo di ricercatori, capitanati da Ian Wilmut, si
occupava da tempo di clonazione di animali da fattoria. A tutt'oggi, comunque,
la clonazione è una pratica che presenta molti aspetti ancora poco chiari. Gli
animali clonati, ad esempio, sono in genere affetti da obesità e gigantismo,
soffrono di problemi respiratori e cardiaci e hanno gravi problemi immunitari.
La stessa Dolly è andata incontro ad una serie di degenerazioni genetiche che
hanno smorzato, almeno in parte, gli entusiastici proclami che gli scienziati
avevano diffuso alla sua apparizione.
E' per questo che Ian Wilmut, il "padre"
della pecora clonata, si è affrettato a dichiarare che, malgrado l'artrite
contratta in giovane età, "è ancora presto per tirare conclusioni dal caso
Dolly. Tuttavia sarebbe importante che le aziende biotecnologiche e i
laboratori si ricerca pubblici si scambiassero le informazioni sulla salute
degli animali clonati, per vedere se ci sono possibili minacce".
Ripercorrendo le tappe che hanno portato ad un
risultato che, comunque lo si voglia giudicare, è del tutto straordinario,
bisogna risalire al "lontano" 1994, quando vi fu il primo successo
nella caccia alla cellula madre di tutte le cellule, in grado di generare ogni
tipo di tessuto e organo: il gruppo di Peschle identificò infatti il gene Kdr,
che controlla il recettore del fattore di crescita delle pareti dei vasi
sanguigni. In seguito, numerosi altri animali sono stati clonati ma sempre
partendo dalle cellule embrionali. In passato, ad esempio, era già stato
clonato un topo mentre in Giappone, per fare un altro esempio, da una mucca
vennero riprodotti otto vitelli identici. Oppure, il ricercatore Cesare Galli
aveva annunciato di aver clonato a Cremona il Toro Galileo.
La particolarità di Dolly e il motivo per cui ha
provocato fiumi di inchiostro e la descrizione di scenari futuri di ogni
genere, è che si tratta di un clone "puro", ossia la replica di un
singolo individuo adulto, senza gli elementi di variabilità tipici degli
esperimenti precedenti. Le cellule embrionali, infatti, contengono geni
maschili e femminili in una mescolanza che non lascia prevedere a priori quali
saranno le caratteristiche del clone.
Da questo susseguirsi impressionante di successi
scientifici si è levato però anche un coro di voci preoccupate di una possibile
degenerazione etica della pratica della clonazione, anche perché da più parti
si è evocato lo spettro dell'applicazione di questa tecnica
"innaturale" ad esseri umani. Ad esempio, si vocifera che in estremo
oriente, in remoti e segretissimi laboratori, qualcosa del genere sia già
avvenuto. Per il momento, sono solo voci di corridoio o, più probabilmente,
come sostiene qualcuno, studiati allarmismi dei soliti catastrofisti. Ad ogni
buon conto, è da questi giustificati timori che prende corpo l'ordinanza
dell'allora ministro della sanità Rosy Bindi che
pone un freno alla pratica della clonazione, di fatto vietandola. In effetti,
fino a quel momento in Italia vigeva a proposito un vero e proprio Far
West.
Vediamo dunque nello specifico come funziona la
tecnica della clonazione. Un uovo, estratto dalla madre, e dello sperma, preso
dal padre, vengono usati per produrre un uovo fertilizzato. Una volta che
l'embrione si è diviso in otto cellule, questo viene diviso in quattro embrioni
identici, ognuno dei quali è costituito di due sole cellule.
I quattro embrioni vengono impiantati nell'utero di
una femmina adulta per la gestazione.
La tecnica in sostanza consente di riprogrammare il
nucleo di una cellula adulta e farlo partire da zero, consentendo così
all'ovocita in cui viene immesso, di sviluppare un feto e poi un animale
adulto. In sostanza, nel nucleo di ogni cellula di Dolly c'è il Dna
dell'animale adulto clonato, mentre negli altri organuli cellulari, come i
mitocondri, c'è il Dna della femmina che ha fornito l'ovulo.
Ma, questa è la domanda, l'organismo che nasce
porterebbe in qualche modo memoria dell'età adulta del nucleo cellulare da cui
si è sviluppato e, quindi, nascere già vecchio o andare incontro ad impreviste
degenerazioni genetiche.
Il 14 febbraio 2003 all'età di sei anni, i veterinari
hanno iniettato un siero letale dopo aver scoperto che soffriva di una malattia
degenerativa al polmone.
Harry Griffin, il direttore dell'istituto, confermando
la notizia della morte di Dolly aggiunse che le malattie polmonari sono comuni
nelle pecore anziane.
https://biografieonline.it/biografia-pecora-dolly
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