“Il più solido piacere di questa vita, è il piacere
vano delle illusioni.” Giacomo Leopardi
Storia di un'anima
Giacomo Leopardi nacque il 29 giugno del 1798 a Recanati
(Macerata) dal conte Monaldo e da Adelaide dei Marchesi Antici. Il padre,
dotato di squisiti gusti letterari e artistici, riuscì a collezionare
un'importante biblioteca domestica, contenente migliaia di libri e che vedrà il
giovane Giacomo frequentatore assiduo, tanto che a tredici anni già si
dilettava di letture greche, francesi e inglesi, di fatto insensibile alle
esortazioni paterne che avrebbe voluto per lui la conduzione di una vita più
sana e dinamica.
Nella biblioteca di casa trascorre i "sette anni
di studio matto e disperatissimo" nella volontà di impossessarsi del più
ampio universo possibile: sono anni che compromettono irrimediabilmente la
salute e l'aspetto esteriore di Giacomo, fonte fra l'altro delle eterne dicerie
sulla nascita del cosiddetto pessimismo leopardiano. Leopardi stesso si è
invece sempre opposto al tentativo di svilire la portata delle sue convinzioni,
contestando che queste nascessero da quelle.
La verità è che il precoce letterato soffriva di una
forma di ipersensibilità che lo teneva lontano da tutto ciò che avrebbe potuto
farlo soffrire, tra cui vanno ascritti di diritto i rapporti interpersonali. A
diciotto anni scriveva odi greche facendole credere antiche, e cominciava a
pubblicare opere d'erudizione storica e filologica. Il padre Monaldo,
organizzava accademie in famiglia per farvi brillare l'ingegno del figlio, ma
questi ormai sognava un mondo più grande, un pubblico più vario e meno
provinciale.
Tra il 1815 ed il 1816 si attua quella che è divenuta famosa
come la "conversione letteraria" di Leopardi, il passaggio cioè dalla
semplice erudizione alla poesia; quella che lo stesso Leopardi definì appunto
"passaggio dalla erudizione al bello". Seguirà l'abbandono della
concezione politica reazionaria del padre ed il distacco dalla religione
cattolica.
È il 1816, in particolare, l'anno in cui più
distintamente la vocazione alla poesia si fa sentire, pur tra le tante opere di
erudizione che ancora occupano il campo: accanto alle traduzioni del primo
libro dell'Odissea e del secondo
dell'Eneide, compone una lirica, "Le rimembranze," una cantica e un
inno. Interviene nella polemica milanese tra classici e romantici. Nel 1817 si
registrano nuove traduzioni e prove poetiche significative.
La vita di Giacomo Leopardi in sè è povera di vicende
esteriori: è la "storia di un'anima". (Con questo titolo il Leopardi
aveva immaginato di scrivere un romanzo autobiografico). E' un dramma vissuto e
sofferto nell'intimità dello
spirito.
Il poeta, e così nella sua trasfigurazione l'essere
umano "tout-court" aspira ad un'infinita felicità che è totalmente
impossibile; la vita è inutile dolore; l'intelligenza non apre la via ad alcun
mondo superiore poiché questo non esiste se non nell'illusione umana;
l'intelligenza serve soltanto a farci capire che dal nulla siamo venuti e al
nulla torneremo, mentre la fatica e il dolore di vivere nulla costruiscono.
Nel 1817, sofferente per una deformazione alla colonna
vertebrale e per disturbi nervosi, stringe rapporti epistolari con Pietro Giordani,
che conoscerà di persona solo l'anno dopo e che presterà sempre umana
comprensione agli sfoghi dell'amico. In questo periodo il grande poeta comincia
fra l'altro ad annotare i primi pensieri per lo Zibaldone e scrive alcuni sonetti.
Il 1818, invece, è l'anno in cui Leopardi rivela la sua conversione, con il
primo scritto che abbia valore di manifesto poetico: il "Discorso di un
Italiano intorno alla poesia romantica", in difesa della poesia classica;
inoltre pubblica a Roma, con dedica a Vincenzo Monti,
le due canzoni "All'Italia" e "Sopra il monumento di
Dante". Intanto, è colpito da una grave malattia agli occhi che gli
impedisce non solo di leggere, ma anche di pensare, tanto che più volte medita
il suicidio.
Matura in questo clima la cosiddetta "conversione
filosofica", ossia il passaggio dalla poesia alla filosofia,
dalla condizione "antica" (naturalmente felice e poetica) alla
"moderna" (dominata dall'infelicità e dalla noia), secondo un
percorso che riproduce a livello individuale l'itinerario che il genere umano
si trovò a compiere nella sua storia. In altre parole, la condizione originaria
della poesia si allontana ai suoi occhi sempre più nelle epoche passate, e
appare irriproducibile nell'età presente, dove la ragione ha inibito la
possibilità di dare vita ai fantasmi della fantasia e dell'illusione.
Sfortunatamente, in questo periodo si innamora pure
segretamente della cugina Geltrude Cassi Lazzari, che rappresenta uno dei suoi
tanti amori non corrisposti, amori ai quali il poeta attribuiva capacità quasi
salvifiche di lenimento delle pene dell'anima. Finalmente nel febbraio del 1823
Giacomo può realizzare, col permesso paterno, il sogno di uscire da Recanati
dove si sentiva prigioniero di un ambiente mediocre, che non lo sapeva né lo
poteva comprendere. Ma recatosi a Roma presso lo zio materno, rimane
profondamente deluso dalla città, troppo frivola e poco ospitale.
Lo commuove soltanto il sepolcro del Tasso.
Ritornato a Recanati, vi rimane due anni. Prende poi dimora a Milano (1825)
dove conosce Vincenzo Monti;
e poi ancora a Bologna (1826), Firenze (1827), dove conosce Vieusseux,
Niccolini, Colletta, Alessandro
Manzoni, e Pisa (1827-28). Si mantiene con lo
stipendio mensile dell'editore milanese Stella, per il quale cura il commento
alle rime del Petrarca,
esegue traduzioni dal greco e compila due antologie di letteratura italiana:
poesie e prose. Venutegli a mancare queste entrate torna a Recanati (1828).
Nell'Aprile del 1830 torna a Firenze su invito del Colletta; qui stringe
amicizia con l'esule napoletano Antonio Ranieri, il cui sodalizio durerà sino
alla morte del poeta.
Nel 1831 vede la luce a Firenze l'edizione dei
"Canti". Nel 1833 parte con Ranieri alla volta di Napoli, dove due
anni più tardi firma con l'editore Starita un contratto per la pubblicazione
delle proprie opere. Nel 1836, per sfuggire alla minaccia del colera, si
trasferisce alle falde del Vesuvio, dove compose due grandi liriche: "Il tramonto della luna"
e "La
ginestra". Il 14 giugno 1837 muore
improvvisamente, a soli 39 anni, per l'aggravarsi dei mali che lo affliggevano
da tempo.
Approfondimenti sulle opere
di Leopardi
- A Silvia
- A Silvia -
Analisi della poesia
- La poetica di
Leopardi
- La lirica
leopardiana
- La critica
leopardiana
- Operette Morali
- Ad Angelo Mai
- La sera del dì di
festa
- Il passero
solitario
- Dialogo della Natura e di un Islandese: riassunto e analisi
- Dialogo della Natura e di un Islandese
- Ultimo canto di
Saffo
- L'Infinito
- Alla luna
- Il tramonto della
luna
- Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
- La quiete dopo la
tempesta
- La ginestra (testo
della poesia)
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