Il rapporto tra la biografia e le opere di
Fernando Pessoa è così profondo che, nel valutare i suoi scritti, non si
possono ignorare le circostanze e le vicende che in qualche modo li hanno
determinati. E’ uno dei più grandi poeti in lingua portoghese; secondo il
critico letterario Harold Bloom, Pessoa insieme a Pablo Neruda sono i poeti più
rappresentativi del XX secolo. Nato a Lisbona il 13 giugno 1888 trascorse parte
della sua giovinezza in Sudafrica e la lingua inglese ebbe una parte importante
in quegli anni. Se ne servì per lavoro come corrispondente commerciale, scrisse
i primi testi in inglese e tradusse “Il Corvo” di Edgar Allan Poe. Nel 1905 si
trasferì a Lisbona da solo e fu ospitato da una zia, in seguito con il ritorno
della madre e il patrigno andò a vivere con loro. Muore a causa di una crisi
epatica nel 1935 a Lisbona. Dalla lettura della suo straordinario opus poetico
si delinea una personalità complessa resa particolare dalla fervida fantasia
nel creare intorno a sé un mondo fittizio e nel cogliere con ansia la realtà
come si presenta con il suo peso esistenziale. Qualche critico si chiede se mai
il poeta abbia manifestato in toto il suo “io” reale
oppure tutto sia il frutto della sua creatività. Nel trattare temi che
riguardano la sua persona e nell’usare l’eteronomia Pessoa diviene enigmatico
tanto che il poeta Frederico Barbosa con un gioco di parole, pessoa in
portoghese significa “persona”, lo definisce “l’enigma in persona.” Non firmò
mai con il suo nome ma inventò gli eteronomi che usò nella sua vita. Essi non
sono pseudonimi ma personalità poetiche autentiche e complete. In una lettera a
Adolfo Casais Monteiro del 13 gennaio del 1935 rivela l’origine degli
eteronomi: “Ricordo quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronomo o,
meglio, il primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando
avevo 6 anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui
figura, non del tutto vaga, ancora colpisce quella parte del mio affetto che
confina con la nostalgia.” Chiarisce ancora questa sua disposizione: “Fin da
bambino ho avuto la tendenza a creare intorno a me un mondo fittizio, a
circondarmi di amici e conoscenti che non erano mai esistiti.”
I tre eteronimi più noti sono: Alvaro de
Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro che rappresentano la produzione letteraria
quasi intera. Tra gli eteronomi bisogna annoverare Fernando Pessoa che si deve
considerare ortonimo e pare più simile agli altri e quindi non
si può identificare con l’uomo Pessoa. I tre hanno una data di nascita e di
morte, tranne questa ultima di Ricardo Reis. Scrive Pessoa “Ho messo in Caeiro
tutta la mia forza di spersonalizzazione drammatica, ho messo in Ricardo Reis
tutta la mia disciplina mentale, vestita della musica che le è propria, ho
messo in Alvaro de Campos tutta l’emozione che non ho dato né a me né alla mia
vita.”
Fernando Pessoa parte dall’assioma: “Il
poeta è un fingitore./ Finge così completamente / che arriva a fingere che è
dolore / il dolore che davvero sente.” Nella stessa lettera a Casais Monteiro,
Pessoa rende noto la nascita del suo primo eteronomo, il giorno fortunato è l’8
marzo del 1914: “Mi sono avvicinato ad un alto comò e prendendo un foglio di
carta mi sono messo a scrivere in piedi, come faccio ogni volta che posso. Ho
scritto trenta poesie di seguito, in una specie di estasi di cui non riesco a
capire il senso.” Il poeta comincia la sua avventura poetica con il
titolo: O Guardador de Rebanhos (Il custode di
greggi) e si firma con il nome di Alberto Caeiro. Uno degli eteronomi che l’accompagneranno
durante l’esistenza e che egli definì “il mio maestro”. La poesia di Pessoa
prende forma dalle sensazioni, dalla solitudine, dalla tristezza che danno
forza all’immaginazione in sintonia perfetta con Alberto Caeiro: “Non ho
ambizioni o desideri /. Essere poeta non è una ambizione mia. / E’ la maniera
di essere solo”. Attraverso gli eteronomi Pessoa con una metodica lucida
riflette profondamente sui rapporti reali tra verità, esistenza, identità. E’
su questo aspetto che si è venuto a creare un’aura di mistero che circonda il
poeta tanto da fare dire a Octavio Paz, poeta messicano premio Nobel: “Il poeta
non ha biografia: la sua opera è la sua biografia.”
Pessoa fa nascere Alvaro de Campos a
Tavira il 15 ottobre 1890 alle ore 13,30. Lo descrive fisicamente come un uomo
alto 1,75. Dopo il diploma si recò in Scozia per studiare ingegneria meccanica
e navale a Glasgow. Durante un viaggio in Oriente compose il poemetto Oppiario, che
il poeta .forse non avrebbe mai scritto con il suo nome: “Trovo che non valga
la pena essere andato / in Oriente e aver visto l’India e la Cina. […] Per
questo prendo l’oppio. E’ una medicina. / Sono un convalescente del momento. /
Abito al piano terra del pensiero / e vedere la vita che passa mi tedia”.
Nell’oppio cerca di trovare il rimedio per sfuggire alla sua irrequietudine e
alla noia esistenziale con il suo vagabondare in terre lontane. Alvaro Campos
per non pensare al passato scrive l’Ode trionfale: “Potrei essere
stritolato da un motore / con lo stesso sentimento di delizioso abbandono di /
una donna che si possiede”. Manifestò nel corso dei suoi scritti fasi poetiche
diverse. Da poeta decadente è influenzato dal simbolismo per poi abbracciare la
poetica futurista. Le avversità esistenziali lo spingono verso il nichilismo
che sfocia nel poema Tabacaria. Pessoa ebbe una sola donna nella
sua vita come risulta dall’epistolario di Alvaro Campos con Ophèlia Queiroz. In
una lettera, in cui esprime tormento e appare adombrato un mistero della sua
vita, scrive a lei: “Ho avuto desideri, ma mi è stata negata la ragione di
averli. Per ogni cosa ho esitazione, spesso senza sapere perché. Non ho mai
avuto l’arte di vivere in maniera attiva […] fra me e la vita ci sono sempre
dei vetri opachi.” L’eteronimo Ricardo Reis, autore delle Odi si
presenta come medico umanista amante del latino con idee monarchiche.
Rappresenta la tradizione classica espressa con armonia con radici nella
filosofia stoica ed epicurea. “Che breve tempo è la più lunga vita / e la
giovinezza in essa! Ah Cloe, Cloe, / se non amo, non bevo, / senza amare non
penso”. Con Reis, che riecheggia la poesia lirica antica da Mimnermo a Catullo,
traspare nostalgia del tempo che trascorre, il ruit hora dei latini, e nello
stesso tempo il timore che l’amore possa finire e l’invito ad amare: “Non
svegliamo, dove dorme, l’erinni / che ogni piacere frena. / Come un ruscello,
muti passanti, / godiamo nascosti. / La sorte è invidiosa. Lidia. Stiamo
zitti”.
Pessoa è un universo poetico che offre
immensa materia da esplorare per la complessità della sua persona in cui le
contraddizioni esistenziali forniscono una visione multipla della vita. Il
poeta stesso nella creazione di personaggi informa: “L’origine dei miei
eteronomi è il tratto profondo di isteria che esiste in me […] L’origine
mentale dei miei eteronomi sta nella mia tendenza organica e costante alla
spersonalizzazione e alla simulazione. Questi fenomeni, fortunatamente per me e
per gli altri non si sono mentalizzati.” La poesia di Pessoa è uno specchio
riflettente in cui la figura del poeta riproduce tante altre figure che nella
visione sono diverse ma nella realtà è unica. In questo consiste l’originalità
e l’universalità di Fernando Pessoa la cui immaginazione non conosce limite e
abbraccia il mondo intero.
http://www.literary.it/dati/literary/d/dellapa/gli_eteronimi_di_fernando_pessoa.html
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