Dubbi ed idee
Giuliano Ferrara nasce il 7 gennaio 1952 a Roma.
Figlio di Maurizio Ferrara, senatore comunista (nato nel 1920 e morto nel 2000,
già presidente della Regione Lazio e direttore de "L'Unità") e
dell'ex partigiana gappista Marcella de Francesco (nata nel 1920 e morta nel
2002, per lungo tempo segretaria particolare del segretario del Pci Palmiro Togliatti),
Ferrara lascia la facoltà di Giurisprudenza senza terminare gli studi, e si
avvicina alla politica riprendendo le contestazioni sessantottine: è presente,
per esempio, durante gli scontri di Valle Giulia.
Negli stessi anni, peraltro, entra a far parte del mondo
dello spettacolo diventando corista di "Then an alley", prima opera
rock italiana, di Tito Schipa Junior (con colonna sonora di Bob Dylan).
Ma rimane comunque la politica la sua vera passione: diventato responsabile del
coordinamento provinciale Fiat nella
sezione torinese del Partito Comunista Italiano nel 1973, scrive su "Nuova
società 2, quindicinale dell'epoca, venendo nominato pochi anni dopo
responsabile del settore cultura e scuola.
Eletto segretario cittadino nel 1979, diventa in
seguito consigliere comunale a Torino. La guerra in Libano del 1982 fa sì che
il sindaco del capoluogo piemontese Diego Novelli nomini Ferrara delegato del
primo cittadino per i soccorsi alla popolazione colpita dal conflitto. Poco
dopo, tuttavia, Giuliano Ferrara si dimette da consigliere. Accade, infatti,
che il 18 settembre del 1982 a Torino in piazza San Carlo venga organizzata dal
Comune la kermesse musicale denominata "Mille musicisti per la pace".
Nell'occasione, Ferrara chiede a Giorgio Balmas, assessore alla Cultura, e a
Luciano Berio, che dovrà esibirsi in "Accordo", di dedicare il concerto
alle vittime di Shatila e Sabra. Entrambi si rifiutano, e l'episodio viene reso
noto a fine concerto dallo stesso Ferrara. Scoppia un caso politico: i due si
difendono parlando di un mini-comizio non necessario, mentre Ferrara
controbatte rilanciando la propria proposta, sostenuto anche da Mario
Missiroli, direttore del Teatro Stabile. La proposta viene nuovamente
rifiutata, e così Ferrara si dimette prima dal Partito Comunista (il 20
settembre) e poi dal Consiglio Comunale (il 22 settembre). La richiesta di
Ferrara, secondo il partito, è assolutamente legittima, ma ciò che gli viene
contestato è il comportamento tenuto nel corso della vicenda.
In seguito Giuliano Ferrara avvia una duplice
collaborazione con "Il Corriere della Sera"
e con "L'Espresso", proseguendo nella sua critica al Pci da destra,
stante la sua vicinanza rispetto alla posizione politica di Giorgio Napolitano.
Anche per questa ragione Claudio Martelli nel 1985 lo avvicina per farlo
entrare nel Partito Socialista Italiano. Mentre Martelli desidera richiamare
tutti gli amendoliani piemontesi che negli ultimi anni sono fuoriusciti dal
Pci, Ferrara smentisce l'eventualità di un suo arrivo nel Psi, pur non negando
il proprio apprezzamento verso le scelte di Craxi,
ritenute le più giuste per l'Italia. Ferrara, quindi, rinuncia all'impegno
elettorale, anche se per il mese di febbraio viene organizzata una conferenza
stampa finalizzata a annunciare il suo arrivo tra i socialisti. La sua
candidatura alle elezioni municipali di Torino viene quindi annullata.
Come giornalista, Ferrara prosegue la sua
collaborazione con il "Corriere", realizzando la rubrica "Bretelle
rosse" e firmando gli articoli come Piero Dall'Ora. Nel frattempo entra a
far parte della redazione di "Reporter", foglio d'inchiesta orbitante
nell'area socialista diretto da Enrico Deaglio e Adriano Sofri,
in passato leader di Lotta Continua.
Il debutto televisivo di Giuliano Ferrara avviene il
10 novembre del 1987, con il programma "Linea rovente" in onda su
Raitre. Nel 1988, invece, su Raidue fa la propria comparsa "Il
testimone", uno dei primi esempi di infotainment sul piccolo schermo
italiano.
Divenuto in poco tempo una figura autorevole della tv,
Ferrara l'anno dopo si sposta alla Fininvest, attirato anche da un contratto
redditizio. Su Canale 5 conduce "Radio Londra", da febbraio, e
"Il gatto", da aprile. A giugno del 1989 Ferrara viene eletto
europarlamentare per il Partito Socialista, abbandonando momentaneamente il
tubo catodico: vi farà ritorno due anni più tardi, il 7 gennaio del 1991, con
una nuova edizione di "Radio Londra" su Canale 5, cui seguirà
"L'istruttoria", partito poche settimane dopo su Italia 1 (programma
che diverrà molto seguito soprattutto durante il periodo di Tangentopoli,
a causa delle critiche lanciate dal conduttore nei confronti della magistratura
di Mani pulite).
Nel 1992 Italia 1 ospita "Lezioni d'amore",
programma evidentemente ispirato alla pellicola di Pasolini "Comizi
d'amore", in cui Ferrara è affiancato dalla moglie Anselma Dell'Olio. La
trasmissione, dedicata principalmente al sesso, si trasforma immediatamente in
un caso politico, e viene cancellata solo dopo dieci giorni direttamente
da Silvio Berlusconi,
in seguito a evidenti pressioni compiute dalla Democrazia Cristiana.
A proposito di Berlusconi, Ferrara ne diventa subito
uomo di fiducia, complice la crisi di un Partito Socialista ormai in totale
disfacimento. Insieme a molti ex socialisti, quindi, il giornalista entra a
gravitare nell'area di Forza Italia, venendo nominato ministro per i Rapporti
con il Parlamento del governo di Berlusconi eletto nel 1994. L'avventura
politica, però, si concluderà poco dopo, complice lo sgambetto di Umberto Bossi al
Cavaliere.
Nel mese di gennaio del 1996 Ferrara mette a segno
un'importante novità nel panorama editoriale e politico italiano: nasce,
infatti, il quotidiano "Il Foglio", pubblicato dalla cooperativa
editoriale omonima di cui fa parte anche la seconda moglie di Berlusconi, Veronica
Lario. Il quotidiano fondato e diretto da
Giuliano Ferrara fin dalle origini si attesta su posizioni neo-conservatrici, a
sostegno del centro-destra e in generale dell'azione politica di Berlusconi.
Dopo essere stato direttore del settimanale
"Panorama" per alcuni mesi, il giornalista viene candidato per la
Casa delle Libertà e Forza Italia alle elezioni politiche suppletive del 9
novembre 1997 (per il posto in Senato del collegio elettorale del Mugello), ma
viene battuto da Antonio
Di Pietro, ex pubblico ministero divenuto simbolo
di Mani Pulite,
candidato dell'Ulivo.
Nel 2001, una nuova avventura televisiva prende il
via: Ferrara conduce su La7 "Otto e mezzo", programma di cui è anche
autore. Nel corso delle puntate, il giornalista ha modo di esprimere spesso le
sue posizioni socialmente conservatrici, sempre più improntate verso la
necessità di proteggere i valori cristiani e giudaici a difesa dell'Occidente
(valori messi in pericolo dopo gli attentati
dell'11 settembre del 2001). Nel corso degli anni
viene affiancato nella trasmissione da Gad
Lerner, Luca Sofri, Barbara Palombelli e
Ritanna Armeni: poi, nel 2008, è costretto a lasciarla visto che si candida
alle elezioni politiche.
Nel frattempo Ferrara ha pubblicato il libro "Non
dubitare. Contro la religione laicista", raccolta di saggi edita da
Solfanelli, ed è stato condannato a un risarcimento di 135mila euro nei
confronti dei giornalisti de
"L'Unità", ritenuti diffamati da una dichiarazione rilasciata a
"Porta a porta" nel 2003 ("E' un foglio omicida").
Non solo: nel 2006 Ferrara ha ottenuto diversi voti in occasione degli scrutini
per l'elezione del Presidente della Repubblica: otto al primo, nove al secondo,
dieci al terzo e sette al quarto.
Nel 2008, come detto, Ferrara torna in politica. Tutto
nasce, in realtà, nel mese di dicembre del 2007, quando l'Assemblea Generale
delle Nazioni
Unite approva una risoluzione non
vincolante a favore di una moratoria sulla pena di morte:
Ferrara propone a sua volta una moratoria sull'aborto,
ritenendolo un omicidio. Nasce un dibattito politico e mediatico piuttosto
forte, che trova la sua conclusione nella fondazione, a febbraio del 2008, del
partito "Associazione difesa della vita. Aborto? No grazie". Ferrara
scende ufficialmente in campo, presentandosi alle elezioni politiche del 2008
in solitudine (la trattativa per raggiungere un'alleanza con Silvio
Berlusconi e il Popolo della Libertà non va a
buon fine). La lista, presentata solo alla Camera, conquista lo 0.37 % delle
preferenze, pari a poco più di 135mila voti, e non supera la soglia di
sbarramento. Lo stesso Ferrara ammette che il risultato rappresenta una
catastrofe, un "pernacchio" da parte degli elettori.
Il giornalista, poi, torna sul piccolo schermo nel
2011 con "Qui Radio Londra", rifacimento dell'originale "Radio
Londra": una striscia quotidiana di approfondimento politico in onda dopo
il telegiornale delle 20 su Raiuno. Nel 2015 abbandona la direzione del
giornale "Il Foglio" da lui fondato, nominando al suo posto il
giovane giornalista Claudio Cerasa
https://biografieonline.it/biografia-giuliano-ferrara
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