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martedì 18 gennaio 2022

Lo Sapevate Che: Conferenza di Parigi: A due mesi dalla conclusione della Prima guerra mondiale, s'inaugurò con la Conferenza di Parigi una serie di trattati destinati a dare un nuovo assetto geopolitico all'Europa, con conseguenze...

 

La conferenza di pace di Parigi del 1919 fu una conferenza di pace organizzata dai paesi usciti vincitori dalla prima guerra mondiale, impegnati a delineare una nuova situazione geopolitica in Europa e a stilare i trattati di pace con le potenze centrali uscite sconfitte dalla guerra. La conferenza si aprì il 18 gennaio 1919 e durò fino al 21 gennaio 1920, con alcuni intervalli.

Da questi trattati la cartina d'Europa uscì completamente ridefinita, in base al principio della autodeterminazione dei popoli, concepito dal presidente degli Stati Uniti d'America Woodrow Wilson, nel tentativo, in seguito rivelatosi fallace, di riorganizzare su base etnica gli equilibri del continente europeo. Nel tentativo di creare stati "etnicamente omogenei" sulle ceneri degli imperi multietnici di Austria-Ungheria e Turchia, furono riconosciuti Stati di recente formazione, quali la Cecoslovacchia (Prima Repubblica cecoslovacca) e la Jugoslavia (Regno dei Serbi, Croati e Sloveni), destinati ad alimentare nuove tensioni ed instabilità, oltre ad esodi e conflitti di popoli e nazioni. Il dibattito fu dominato dagli Stati Uniti, dalla Francia e dall'Inghilterra, mentre l'Italia, pur figurando tra le quattro grandi, ebbe un ruolo marginale. Alla conferenza parteciparono solo i paesi vincitori, a eccezione della Russia che si era ritirata.

Antefatti

L'11 novembre 1918, giorno dell'armistizio tra la Germania e le potenze alleate (detto armistizio di Compiègne), l'Austria si ritrovò senza impero e la Germania senza imperatore. Ma i problemi che le nazioni sconfitte dovettero affrontare non si limitarono a questo; entrambi i paesi si trovarono a dover combattere le forze rivoluzionarie a sinistra e il militarismo a destra, rivitalizzare un'economia distrutta, tenere alto il morale della nazione bollata dal marchio della sconfitta e schiacciata dal peso oneroso della "colpa della guerra", che si traduceva nel desiderio di recuperare i territori perduti e nella ricerca di capri espiatori

La mattina del 1º dicembre le prime truppe britanniche e statunitensi varcarono la frontiera tedesca verso le città sul Reno, mentre a Vienna le autorità locali inviarono a Berna l'ex ambasciatore austro-ungarico a Londra, conte Mensdorff, a colloquio con sir Horace Rumbold per richiedere l'invio, da parte dei paesi vincitori, di derrate alimentari nella capitale austriaca, in quanto il problema della fame diveniva ogni giorno più grave.

Dalla frantumazione dei quattro imperi sconfitti emersero rapidamente nuovi stati. Il 1º dicembre, nel giorno in cui le truppe Alleate entrarono in Germania, a Belgrado venne proclamato il Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni, che racchiudeva molte minoranze, tra le quali 500 000 ungheresi e altrettanti tedeschi, e decine di migliaia di romeni, albanesi, bulgari e italiani.

Il 4 dicembre, le truppe britanniche entrarono a Colonia, dove istituirono una zona di occupazione, e nove giorni dopo arrivò in Europa il presidente statunitense Wilson in vista della conferenza di pace che si sarebbe svolta a Parigi

Il contesto storico

Il contesto storico in cui si svolsero le trattative era però funestato dalle molte ombre del passato, dagli irrisolti problemi delle frontiere, dalla sicurezza internazionale e dai frementi nazionalismi non contenibili in un contesto che avrebbe dovuto salvaguardare le minoranze e le identità nazionali. Le rivendicazioni rimaste in sospeso dopo la catastrofe del 1870, la carica punitiva contro la Germania e la sempre più pressante paura di una "rivoluzione bolscevica" irrigidirono tutte le delegazioni, soprattutto quella francese, desiderosa di impedire alla Germania di poterle più nuocere

Protagonista con poca fortuna delle discussioni di Versailles fu il presidente statunitense Woodrow Wilson, che con i suoi Quattordici punti avrebbe dovuto ispirare i negoziatori dei trattati e dare la risposta con cui l'Occidente avrebbe contrastato l'assolutismo e il militarismo degli Imperi Centrali, e l'internazionalismo leninistaMa questi quattordici punti, in cui si rivendicava la nazionalità e l'autodeterminazione dei popoli nello stabilire le nuove frontiere, si trovarono a dover competere con le diverse componenti nazionalistiche nei Balcani, con la necessità di creare stati "cuscinetto" contro la Russia bolscevica, con le rivendicazioni italiane sugli slavi e con le rivendicazioni e i risentimenti che i francesi covavano nei confronti dei tedeschi fin dall'epoca napoleonica[6]. Lo stesso Wilson ben presto capì che i suoi programmi non sarebbero stati seguiti dagli altri vincitori. In un incontro con Raymond Poincaré il 14 dicembre 1918 a Parigi, il presidente francese espose a Wilson, quasi con ultimativa chiarezza, l'idea centrale della presenza e dell'azione della delegazione francese alla conferenza: «la Germania doveva essere punita per tutto quanto aveva fatto con e durante la guerra» mentre Wilson fino ad allora non aveva mai parlato di "punizione", ma solo di preparare una situazione in cui la classe dirigente tedesca, aristocratica, autocratica e militarista, non avrebbe potuto più nuocere e ciò avrebbe favorito una democratizzazione della nazione. Una dura "punizione" avrebbe colpito, secondo Wilson, non l'autocrazia, bensì proprio gli sviluppi democratici che in quel momento il popolo tedesco stava faticosamente cercando. Nonostante ciò, Wilson conosceva la storia "giacobina" della democrazia francese e nella sua risposta a Poincaré appoggiò la necessità di condannare e rendere «giusto castigo» alla Germania

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Avvio della conferenza

La conferenza di pace si aprì il 18 gennaio 1919 a Parigi (lo stesso giorno in cui, quarantanove anni prima, fu solennemente proclamato l'impero tedesco), nella sala dell'orologio del Quai d'Orsay, sede del ministero degli esteri francese, con un discorso del presidente francese Raymond Poincaré.

Presidente effettivo della conferenza venne designato Georges Clemenceau, il quale dichiarò:

«[…] Non si tratta di pace territoriale o di pace continentale, ma di pace dei popoli. […] Tregua alle parole; bisogna agire presto e bene]»

(Georges Clemenceau)

Il consiglio dei dieci — formato da cinque capi di governo e cinque ministri degli esteri delle maggiori potenze vincitrici (Stati Uniti, Italia, Francia, Gran Bretagna, nonché Giappone per quanto riguardava l'Oriente) — trattò le questioni più importanti e le risoluzioni pratiche. Il nuovo assetto politico e geografico dell'Europa fu discusso e definito dai quattro "grandi"; Thomas Woodrow Wilson il presidente degli Stati Uniti, Georges Clemenceau, primo ministro francese, David Lloyd George, primo ministro britannico, e Vittorio Emanuele Orlando, presidente del consiglio italiano, coadiuvati dai rispettivi ministri degli esteri, Robert LansingStephen PichonArthur James Balfour e Sidney Sonnino.

La Russia, che per tre anni aveva combattuto a fianco delle potenze Alleate impegnando duramente la Germania, il 15 dicembre 1917 era stata costretta all'armistizio di Brest-Litovsk seguito dalla pace il 3 marzo 1918. Un comunicato ufficiale della conferenza dichiarava che la sua rappresentanza non era esclusa, ma che "le modalità saranno fissate dalla conferenza nel momento in cui esaminerà gli affari russi". I paesi vinti, esclusi dai negoziati, furono ammessi solo nella fase conclusiva, consegna e firma dei protocolli.

La conferenza fu un vero e proprio terreno di scontro tra gli Alleati, e un modo per imporre alla Germania le peggiori condizioni di resa e rendere gli sconfitti più "malleabili". La Francia insistette per mantenere il blocco navale contro la Germania fino al momento in cui non fosse stato firmato il trattato.

I danni di guerra

Il 25 gennaio la conferenza di pace nominò una commissione per la riparazione dei danni di guerra, con il compito di esaminare l'ammontare della somma che ciascuno degli stati sconfitti avrebbe dovuto pagare per riparare i danni arrecati durante il conflitto. I rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Italia pensavano di poter ottenere un risarcimento pari all'intero costo della guerra; da ciò nacque la preoccupazione del delegato belga, secondo cui, adottando questo sistema, il suo paese sarebbe stato sfavorito nonostante fosse stato sconvolto per oltre quattro anni da una guerra sulla quasi totalità del proprio territorio. Il Belgio aveva infatti speso relativamente poco per combattere, mentre le sue città e le sue campagne avevano sofferto i rigori e le distruzioni di quattro anni di occupazione. La Gran Bretagna, d'altro canto, rivendicava i costi e le perdite della guerra sottomarina contro le sue flotte, e le incursioni aeree contro le sue città.

Mentre era in corso il dibattito, Lloyd George si levò dalla discussione con tono moderato, chiedendo di aspettare due anni prima di procedere, in modo tale da lasciar decantare le passioni e aspettare che i prezzi inflazionati dai costi della guerra fossero tornati quasi alla normalità. In ogni modo, né l'atteggiamento più morbido nei confronti della somma da versare, né la decisione di rateizzare il pagamento fino al 1º maggio 1961 — anche se un miliardo di sterline dovevano essere versate entro il 1º maggio 1921 — servirono a "consolare" i tedeschi. Era il concetto stesso di "riparazione" a bruciare, perché imponeva alla Germania di pagare non solo per la sconfitta sul campo, ma anche perché ritenuta responsabile di aver provocato la guerra[13]. E proprio per obbligare la Germania a firmare il trattato, gli Alleati si rifiutarono di togliere il blocco navale fino a che la Germania non avesse firmato, assumendosi di fatto tutta la responsabilità e la colpa della guerra.

La spartizione delle colonie e le aspettative dell'Italia

«La mappa del mondo […] aveva più parti in rosso di quante non ne avesse prima»

(A.J. Balfour, ministro degli Esteri britannico

Un primo terreno di scontro tra gli alleati fu costituito dalle ex colonie tedesche appena conquistate, che non sarebbero state più restituite alla Germania. La soluzione adottata fu quella di istituire un sistema di mandati che la Società delle Nazioni avrebbe affidato alle potenze vincitrici. Tali mandati erano soggetti a condizioni. Quelli di Africa e Pacifico, per esempio, imponevano di non impegnarsi nel commercio degli schiavi

I territori turchi furono distribuiti con diversi mandati; la Francia ebbe la Siria e il Libano, la Gran Bretagna ebbe la Mesopotamia (l'attuale Iraq) e la Palestina, nella cui parte occidentale si impegnò a creare un "focolare" per gli ebrei. Il Sudafrica fu ricompensato per il suo sforzo bellico con un mandato sull'Africa sudoccidentale tedesca. Il Camerun e il Togo furono spartiti tra Gran Bretagna e Francia. Nel Pacifico, dove le colonie tedesche erano passate già in altre mani nel 1914, allo scoppio della guerra il Giappone ottenne un mandato sulle isole MarianneCaroline e Marshall, la Nuova Zelanda su Samoa e l'Australia sulla Nuova Guinea Tedesca. Mentre Nauru, ricca di fosfati e ambita da Australia, Nuova Zelanda e Gran Bretagna, fu affidata, com'era prevedibile, all'Impero britannico[16].

Non pochi dei paesi vincitori rimasero scontenti. Il Belgio si vide negare l'assegnazione dell'Africa Orientale tedesca, che aveva occupato e che avrebbe voluto conservare, ricevendo in cambio il Ruanda-Urundi, un territorio senza sbocchi sul mare. Sugli stessi territori aveva messo gli occhi anche il Portogallo, ma siccome erano ambiti anche dalla Gran Bretagna, dovette accontentarsi del "triangolo di Kionga", nel Mozambico settentrionale. L'Italia chiese mano libera per i commerci con l'Abissinia, ma tale richiesta fu respinta, così come per l'Africa settentrionale e orientale, dato che avrebbero potute esser soddisfatte solo a spese di Francia e Gran Bretagna (e quest'ultima fece la parte del leone nella distribuzione delle colonie)[15]. Un tentativo di ingrandire le colonie italiane oltre il Corno d'Africa era quello di un'espansione che andasse dal mar Mediterraneo al golfo di Guinea. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu chiaro durante le trattative per il trattato di Versailles (1919), dopo la prima guerra mondiale, che causò frizioni diplomatiche con la Francia. Per realizzare questa intenzione, avendo già formale possesso della Libia, il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del Camerun e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla Francia e l'Italia ottenne solamente l'Oltregiuba, oltre a una ridefinizione dei confini tra la Libia e ed il Ciad, possedimento francese.

Una delle richieste italiane durante il trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale fu quella di annettere la Somalia francese e il Somaliland in cambio della rinuncia alla partecipazione nella ripartizione delle colonie tedesche tra le forze dell'Intesa. Il tentativo non ebbe seguito. Fu l'ultima manovra dello Stato liberale, prima del fascismo, relativa alla penetrazione nel Corno d'Africa.

https://it.wikipedia.org/wiki/Conferenza_di_pace_di_Parigi_(1919)

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