Le idee non
fanno paura a chi ne ha. Vasco
Pratolini
Pagine di neorealismo
Vasco Pratolini nasce a Firenze il 19 ottobre del
1913. La sua famiglia è di estrazione operaia e il piccolo Vasco perde la madre
quando ha solo cinque anni; finisce così per trascorrere la sua infanzia con i
nonni materni. Una volta tornato dal fronte, il padre si risposa, ma Vasco non
riesce ad inserirsi nella nuova famiglia. Compie studi irregolari e ben presto
è costretto ad andare a lavorare. Lavora come operaio in una bottega di
tipografi, ma anche come cameriere, venditore ambulante e rappresentate.
Questi anni, apparentemente sterili, saranno
fondamentali per il suo apprendistato letterario: gli daranno infatti la
possibilità di osservare la vita di quelle persone comuni che poi diventeranno
le protagoniste dei suo romanzi. A diciotto anni lascia il lavoro e si dedica
ad una intensa preparazione da autodidatta.
Negli anni compresi tra il 1935 e il 1937 gli viene
diagnosticata la tubercolosi e viene ricoverato in sanatorio. Tornato a Firenze
nel 1937 comincia a frequentare la casa del pittore Ottone Rosai che lo spinge
a scrivere di politica e letteratura sulla rivista "Il Bargello".
Fonda con l'amico poeta Alfonso Gatto la
rivista "Campo di Marte", e viene in contatto con Elio Vittorini che
lo induce a focalizzarsi più sulla letteratura che sulla politica.
Vasco Pratolini si trasferisce intanto a Roma dove nel
1941 pubblica il suo primo romanzo "Il tappeto verde". Partecipa
attivamente alla resistenza e, dopo un breve periodo a Milano dove lavora come
giornalista, si trasferisce a Napoli dove rimane fino al 1951. Qui insegna
all'Istituto d'arte e intanto scrive "Cronache di poveri amanti" (1947).
L'idea del romanzo risale addirittura al 1936. Lo spunto, come racconta lo
stesso Pratolini, è la vita degli abitanti della via del Corno, dove ha abitato
insieme ai nonni materni. Una via lunga cinquanta metri e larga cinque che è
una sorta di oasi, di isola protetta dall'infuriare della lotta fascista e
antifascista. Nel 1954 Carlo Lizzani trarrà dal romanzo l'omonimo film.
Il periodo napoletano è particolarmente prolifico da
un punto di vista letterario; Pratolini scrive i romanzi: "Un eroe del
nostro tempo"(1949) e "Le ragazze di San Frediano" (1949),
portato sul grande schermo da Valerio Zurlini nel 1954.
I suoi romanzi vengono definiti neorealisti per
la capacità di descrivere la gente, il quartiere, il mercato e la vita
fiorentina con perfetta aderenza alla realtà. Con il suo stile semplice,
Pratolini descrive il mondo che lo circonda, rievoca i ricordi della sua vita
in Toscana e i drammi familiari come quello della morte del fratello, con il
quale instaura un vero e proprio dialogo immaginario nel romanzo "Cronaca
familiare" (1947). Dal romanzo Valerio Zurlini trae un film nel 1962.
Spesso i protagonisti dei romanzi di Pratolini sono
ritratti in condizioni di miseria e di infelicità, ma sono tutti animati dalla
convinzione e dalla speranza di potersi affidare alla solidarietà collettiva.
Torna definitivamente a Roma nel 1951 e pubblica
"Metello" (1955), primo romanzo della trilogia "Una storia
Italiana" con la quale si prefissa di descrivere diversi mondi: quello
operaio con Metello, quello borghese con "Lo scialo" (1960) e quello
degli intellettuali in "Allegoria e derisione" (1966). La trilogia ha
un'accoglienza non molto calorosa da parte dei critici che la definiscono
ancora troppo fiorentina e non ancora italiana.
Con la storia del manovale Metello lo scrittore
desidera superare i confini ristretti del quartiere, che fino ad ora è stato il
protagonista dei suo i romanzi. Pratolini tenta di fornire un affresco più
completo della società italiana a partire dalla fine dell'Ottocento. In
Metello, infatti, le vicende del protagonista abbracciano un arco di tempo che
va dal 1875 al 1902.
Si dedica anche all'attività di sceneggiatore
partecipando alle sceneggiature di: "Paisà" di Roberto
Rossellini, "Rocco e i suoi fratelli"
di Luchino
Visconti, e "Le quattro giornate di Napoli"
di Nanni Loy.
Alla pubblicazione della trilogia fa seguito un lungo
periodo di silenzio, interrotto solo nel 1981 dalla pubblicazione de "Il
mannello di Natascia" contenente testimonianze e ricordi risalenti agli
anni Trenta.
Vasco Pratolini muore a Roma il 12 gennaio del 1991
all'età di 77 anni.
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