La caduta
del Muro di Berlino: caduta di un simbolo
La caduta del Muro di Berlino
avvenne il 9 novembre 1989: era stato l'ultimo baluardo della Guerra Fredda,
una barriera fino ad allora insormontabile che aveva tenuto in ostaggio una
generazione di berlinesi. L'evento, innescato da un malinteso, fu il preludio
alla riunificazione della Germania e alla dissoluzione dell'Unione Sovietica.
«Nessuno ha intenzione di costruire un muro». Queste le proverbiali
"ultime parole famose" pronunciate da Walter Ulbricht, Presidente del
consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca (DDR), durante una
conferenza stampa del 15 giugno 1961. Eppure, appena due mesi dopo, nella notte
tra il 12 e il 13 agosto, il regime comunista iniziò la costruzione di una
barriera che per i successivi 28 anni avrebbe separato fisicamente e
ideologicamente la città di Berlino. Così come già da tempo la lunga linea di
confine nota come "cortina di ferro" separava i paesi sotto influenza
sovietica da quelli dell'orbita occidentale.
NON SUBITO. Nonostante la divisione del
territorio tedesco in due Stati (Germania Est e Germania Ovest, con capitali
Berlino e Bonn) risalisse al 1949, il Muro fu costruito solo 12 anni dopo. La
ragione principale fu quella di bloccare l'esodo di cittadini da Berlino verso
i territori occidentali (la città, divisa in quattro settori di occupazione,
ricadeva nella Germania Est). Tale fenomeno aveva già visto coinvolti oltre due
milioni e mezzo di individui, soprattutto giovani con livello di istruzione
medio-alto, intellettuali e lavoratori specializzati, tutti in cerca di
condizioni di vita più favorevoli. Una vera fuga di cervelli e di manodopera
oltremodo deleteria per la parte orientale, privata gradualmente della sua
futura classe dirigente, formata oltretutto a proprie spese. È dunque per
tamponare tale emorragia che si decise di "bloccare" i cittadini
della zona Est.
CIRCOLARE. Fu sufficiente una sola notte per dividere la città, e così, la
mattina del 13 agosto 1961 i berlinesi si svegliarono con centinaia di strade
sbarrate e molte linee del trasporto pubblico interrotte. All'inizio fu solo
una recinzione di filo spinato, ma nell'arco di pochi mesi il progetto si
concretizzò in una vera cortina di cemento lunga 155 chilometri e alta in media
oltre tre metri. Non si trattava peraltro di un muro che tagliava la città in
due, ma di un sistema divisorio che accerchiava solo Berlino Ovest, facendone
di fatto un'enclave della Germania Est.
Oltre al Muro propriamente detto, erano presenti altri recinti
fortificati, tratti di filo spinato, fossati, campi minati, bunker e centinaia
di torri di guardia. Il tutto, intervallato da posti di blocco come il
famigerato "Checkpoint Charlie" (che rimarrà formalmente in esercizio
fino al 30 giugno 1990). La Germania Est legittimò la neonata barriera
definendola un "muro di protezione antifascista" (Antifaschistischer Schutzwall), ma
dall'altra parte della barricata passò alla storia come "muro della
vergogna", termine coniato dall'allora sindaco di Berlino Ovest, Willy
Brandt.
TRAPPOLA MORTALE. Nel 1962, nel territorio della Germania orientale, fu eretto un secondo
muro parallelo al primo, creando in tal modo un'area denominata "striscia
della morte": i vopos, ossia le guardie di frontiera, avevano infatti il permesso di sparare
a vista a chiunque tentasse di oltrepassare il confine. Si stima che furono
circa 100.000 coloro che tentarono nell'impresa (spesso
con metodi rocamboleschi e assai ingegnosi), e almeno 138 di loro vennero uccisi.
Ma le "vittime del muro di Berlino" furono in realtà molte di
più: tra il 1961 e il 1988 morirono complessivamente più di 600 persone, perché
oltre ai caduti per mano dei soldati di frontiera si verificarono diversi casi
di suicidio e innumerevoli incidenti mortali. Molti, per esempio, morirono
annegati nel tentativo di oltrepassare i fiumi Spree e Havel, entrambi a
cavallo del confine tra Est e Ovest.
LA CADUTA DI UN SIMBOLO. La prima tappa della riunificazione andò in scena nell'agosto
1989, quando l'Ungheria eliminò le restrizioni alla frontiera con l'Austria,
creando così la prima "breccia" nella cortina di ferro. Dalla metà di
settembre dello stesso anno, migliaia di tedeschi orientali tentarono quindi di
raggiungere l'Ovest attraverso l'Ungheria, ma vennero respinti. Di lì in poi fu
un crescendo di dimostrazioni e proteste che costrinse il governo della
Germania Est, nella persona di Egon Krenz, ad allentare i controlli di
frontiera.
Tali disposizioni sarebbero dovute entrare in vigore a partire dal 10
novembre 1989, ma ci fu un clamoroso malinteso: alla conferenza stampa
internazionale del 9 novembre 1989, il portavoce del governo di Berlino Est,
Gunter Schabowski, evidentemente malinformato, annunciò in diretta che a tutti
i berlinesi sarebbe stato permesso di attraversare il confine
"immediatamente".
Fu allora che la popolazione si riversò contro il muro. Fu una massa
impossibile da arginare. Le frontiere furono così aperte e la città si ritrovò
finalmente unita. Nell'arco delle settimane successive, migliaia di berlinesi
demolirono quel muro che li aveva tenuti in ostaggio per quasi trent'anni,
abbattendo di fatto l'ultimo simbolo della Guerra Fredda e anticipando di un
anno la riunificazione della Germania (suggellata il 3 ottobre 1990).
https://www.focus.it/cultura/storia/il-muro-di-berlino-caduta-di-un-simbolo
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