“La vera felicità del dono è tutta nell'immaginazione della felicità del destinatario.” Theodor W. Adorno
Attualità di un inattuale
Sociologo, musicologo e filosofo tedesco, Theodor Wiesengrund Adorno nasce l'11
settembre del 1903 a Francoforte sul Meno. Figlio unico di un mercante di vini
ebreo, firma i suoi primi scritti con il cognome della madre, Maria Adorno, una
cantante cattolica di origini còrse e, prima ancora, genovesi. Il nome ebraico
del padre viene così abbreviato in una W.
Introdotto dalla madre
allo studio della musica e da Siegfried Kracauer, un amico di famiglia assai
colto ed erudito, alla filosofia classica tedesca, Adorno si laurea
in Filosofia nel 1924, con una dissertazione sulla
fenomenologia di Husserl.
Il primo articolo del
giovane filosofo è invece dedicato all'espressionismo, improvvisamente sedotto dal violento ed
intenso linguaggio del compositore austriaco Arnold
Schönberg, uno degli esponenti
più in vista di quella corrente artistica. Adorno si reca quindi a Vienna per
studiare con lui, diventando quindi anch'egli un "adepto" della sua
cerchia, la stessa che partorirà la celeberrima "Seconda scuola di
Vienna". L'intento principale di questi artisti era quello di scardinare
le regole soggiacenti la musica tonale (ossia le regole che informano tutta la
musica occidentale), nella convizione che il cromatismo esasperato a cui erano
giunti i compositori precedenti (un "piano inclinato" innescato
da Wagner), avesse portato a lidi che andavano superati.
Per certi versi un processo che nella loro ottica era "naturale" e
non rivoluzionario, come in genere si tende a credere ancora oggi (e basterebbe
andare a rileggere, per convincersi di questo, gli scritti di Webern).
Il
contributo fondamentale a questo superamento sarà proprio quello apportato
da Schoenberg che,
inizialmente pervenuto ad un tipo di scrittura "a-tonale", approda al
metodo di composizione chiamato "Dodecafonico", una sorta di
"Comunismo dei dodici suoni" o di "emancipazione della
dissonanza", per usare espressioni dello stesso compositore.
Adorno,
nella sua produzione saggistica e polemica, sarà sempre strenuo sostenitore di
questa Nuova Musica, del tutto avversata invece dal pubblico e da buona parte
della critica di allora.
Paradigmatico,
in questo senso, il testo del 1949 intitolato proprio "La filosofia della nuova musica".
Adorno si colloca in quel tragico clima culturale che segna il
passaggio dalla vecchia concezione del mondo alla società di massa, la stessa
che andava elaborando le sue autonome tavole dei valori, ancorate senza dubbio
alle regole fondamentali dei linguaggi del passato, ma semplificate al massimo
grado e svuotate di tutti i loro contenuti.
Nel 1931 Adorno diviene libero docente all'università di
Francoforte, dove insegnerà fino a quando sarà costretto - a causa dell'avvento
del nazismo - ad emigrare a Parigi, in Inghilterra e infine negli Stati Uniti.
Nel 1950 fa ritorno a Francoforte dove insegna filosofia e sociologia e dirige
l'Istituto per le ricerche sociali.
Personalità poliedrica, dai molteplici interessi culturali, ha
lasciato un contributo originalissimo in tutti i campi in cui ha esercitato la
sua eccezionale capacità dialettica e speculativa. La filosofia e la musica sono in
sintesi le sue passioni fondamentali, passioni che si condensano nello stupendo
"Dialettica dell'illuminismo", scritto nel 1947 in
collaborazione con l'altro grande esponente della cosiddetta "Scuola di
Francoforte", ossia Horkheimer.
I due misero qui a punto la più raffinata critica della cultura
occidentale del Novecento, elaborando una riflessione sul modo in cui la
società occidentale ha trasformato il suo potenziale di emancipazione e
dedicando una parte considerevole dell'opera a uno studio teorico sulla
"questione antisemita" (espressione che preferivano a quella
disorientante di "questione ebraica").
L'acutezza di questo sguardo filosofico sarebbe stata tale che
nella comunità degli esuli tedeschi si proverà a tradurre in una ricerca
empirica questa analisi che intrecciava freudismo
e marxismo. Si ha così la pubblicazione di
una serie di volumi collettivi intitolata "Studi sul pregiudizio".
Altrettanto fondamentali in campo estetico sono invece
l'incompiuta "Teoria estetica" e la "Dialettica negativa".
Il primo testo mette in rilievo il sottile rapporto dialettico fra opera d'arte
e realtà sociale, mentre il secondo è un tentativo stimolante di aggiornare
l'eredità hegeliana.
La spettacolare intelligenza di Adorno si è anche esercitata in
sagaci aforismi,
pubblicati in quel vero e proprio "cult" che reca il titolo di
"Minima moralia" (1947), debitore, per la vena paradossale e
brillante che lo percorre, verso gli illustri precedenti di Nietzsche e Kierkegaard.
Ma assieme alla "bellezza" nietzscheana, in quel testo che stabilisce con
vigore nella storia un prima e un dopo la grande mattanza nazista, traspare il
lutto per i tragici avvenimenti dell'Europa di quegli anni.
Ansioso di riprendere a insegnare a studenti tedeschi, il filosofo fa
come detto negli ultimi anni ritorno in Germania, convinto che la lingua madre
sia lo strumento più adatto per esprimere il suo pensiero. Attento alla
ricostruzione democratica del Paese, mette da parte i toni anti-borghesi della
gioventù e toglie dalla circolazione i suoi scritti più influenzati dal marxismo.
Quando esplode il Sessantotto che
a lui si richiamava, Adorno se ne mostra infastidito, ampiamente ricambiato in
seguito dagli ottusi "rivoluzionari".
L'anno successivo, dopo un'ennesima contestazione, si allontana
dall'università. Muore di crepacuore di lì a qualche giorno a Visp, in
Svizzera, il 6 agosto 1969.
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