In fondo saremmo stati una coppia perfetta noi due: io
mi amo, tu ti ami...
dal film Il morbidone (1965) Sylva Koscina
Difficile
non riconoscerla. Difficile non rimanere incantati dalla sua bellezza
fotogenica. Faticoso non perdere la testa per quegli occhi da gatta o per
quella voce spirata stile Greta Garbo con
la quale recitava, e quasi impossibile non sorriderle, mentre ammiccava, senza
mai cadere nella volgarità, al sesso. Attrice di origini jugoslave che giocava
con la sua megalomania "da personaggio", in una maniera così ironica
da essere considerata una donna fin troppo schietta e divertente, che ha saputo
confermarsi oltretutto come interprete importante della commedia all'italiana
anni 50-60 e non solo.
Avvenenza nordica, attraente e prosperosa (faceva sfoggio della sua scollatura
che era il suo vanto), di padre greco e madre polacca, prima di diventare
attrice era una comune studentessa di fisica all'Università di Napoli, carriera
che poi abbandonò quando, nel 1954, vinse il titolo di Miss di Tappa al Giro
d'Italia.
Da quel momento, si spalancarono immediatamente le porte del cinema. Il suo
esordio è al fianco del re della risata Totò in Siamo
uomini o caporali (1955) di Camillo Mastrocinque, nel ruolo
di una ragazza in cerca di fama. Ma la sua notorietà è legata a film drammatici
come Guendalina (1955)
di Alberto
Lattuada e, soprattutto, Il
ferroviere (1956) di Pietro Germi.
Dotata di grande spontaneità nella recitazione di fronte alla macchina da
presa, colleziona una serie di brillanti autori (anche stranieri) che la
dirigono offrendole l'opportunità di confrontarsi in vari generi: polizieschi,
comici, horror e via discorrendo. Si parla ancora di Mastrocinque che ne fa una
perfetta spalla femminile al fianco di Totò, ma anche di Carmine Gallone, di Zampa (Ladro
lui, ladra lei), di Mauro
Bolognini (Giovani
mariti, Assoluto
Naturale), di Comencini, Steno, Damiani, Salce, Camerini, Fulci, Blasetti, Mattoli, Loy e
infine Mario
Bava.
Non mancano anche i geni del cinema nella sua lunghissima filmografia. Dino Risi la
vuole nel ruolo della postina che fa breccia nel cuore di Renato Salvatori in La nonna
Sabella (1957), accanto a Tina Pica e Peppino De Filippo (e
sarà presente anche nel seguito del film La nipote
Sabella, l'anno dopo), ma anche ne Il vedovo e
in Poveri
Milionari (entrambi del 1959). Mentre Ettore Scola la
introduce nel cast di Se
permettete parliamo di donne (1964), in mezzo a nomi
come Gassman, Chiari e Lualdi. E come
non menzionare il maestro Federico Fellini che
la tinge di lillà in Giulietta
degli spiriti (1965)? Fra gli stranieri invece, sono assolutamente da
ricordare le sue pellicole con Sautet e Molinaro che
la spingeranno poi a confrontarsi con Hollywood con un successo medio.
Protagonista anche del gossip mondano, sempre e rigorosamente vestita
all'ultima moda, ha avuto flirt con Paul Newman, Kirk Douglas, Jean Paul Belmondo, Rossano Brazzi, Alberto Sordi e Nino Manfredi, ma ha
sposato il produttore cinematografico Raimondo Castelli. Il loro matrimonio
(celebrato in Messico) però fu annullato nel 1967 a causa della bigamia di
quest'ultimo.
Fotografata a seno nudo per Playoby, a teatro offre la sua verve in
"Biondissimamente tua" e in televisione fa similmente con gli
sceneggiati ... e la vita
continua di Dino Risi (1984) e le commedie Topaze (1970) di
Giorgio Albertazzi. Adorava circondarsi di lusso, infatti fu la prima a
possedere una villa vicino a Roma in puro stile americano con piscina, cavalli
e coltivazioni varie e proprio per la sua passione spropositata per la bella
vita, finì anche nei guai per evasione fiscale.
Colpita da tumore al seno, si sottopose ad operazione, e con orgoglio e
determinazione, riprese a lavorare. Le lunghe ciocche bionde sono ormai un
lontano ricordo, i suoi capelli cominciano a tingersi d'argento, ma a lei non
importa. Indossa i panni di una miliardaria in Ricky e
Barabba di Christian De Sica e
appare nel film C'è Kim
Novak al telefono (1993), anche se i più giovani la ricorderanno sicuramente
nello sceneggiato musicale L'Odissea,
nel ruolo di una Minerva piena di sé e incredibilmente vanitosa che viene
decantata da un Andrea Roncato-Ulisse sulle note di "Come porti i capelli
bella bionda".
La bella bionda, che aveva la particolarità di parlare di sé sempre in terza
persona (usando come soggetto non "io", ma "la Koscina"),
si è prestata perfino per degli spot pubblicitari per una nota casa di
pellicce, dove ammiccava alle spettatrici, sussurrando: «Ve lo dice Sylva
Koscina». Ma cosa ci ha detto Sylva Koscina? Cosa ci ha lasciato quando è morta
a Roma?
Ci ha lasciato la capacità di sorvolare con un sorriso gli anni che passano e
il tempo che cambia senza piagnistei e pentimenti. Ci ha lasciato la dignità di
una persona di fronte a un male incurabile e soprattutto una piccola scalfittura
nel cinema italiano. Un graffio che ha la forma dei suoi occhi felini e dal
quale proviene ancora la sua inequivocabile voce che ci sospira: «La Koscina è
la Koscina».
https://www.mymovies.it/biografia/?a=1360
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