“Chiunque
stia dalla parte di una giusta causa non può essere definito un terrorista.”
Yasser Arafat
Colomba nel sangue
Esiste una disputa sul giorno e sul
luogo di nascita di Yasser Arafat, il quale affermava di essere nato il 4
agosto 1929 a Gerusalemme, mentre il certificato di nascita ufficiale afferma
che sia nato in Egitto, a Il Cairo, il 24 agosto 1929.
Arafat nasce in una importante famiglia
originaria di Gerusalemme, gli Husseini.
Il suo vero e completo nome è Mohammed
Abd al-Rahman Abd al-Raouf Arafat ma è stato anche conosciuto con un altro
appellativo, quello usato in guerra, ossia Abu Ammar. Il padre era un commerciante
di successo, la madre muore quando lui ha solo quattro anni. Trascorre
l'infanzia al Cairo, poi a Gerusalemme presso uno zio. Entra da subito nelle
fazioni in lotta contro la costituzione dello Stato israeliano. Diciannovenne,
prende parte attiva alla lotta palestinese.
Intanto studia ingegneria civile
all'università del Cairo dove, nel 1952, si unisce alla Fratellanza musulmana e
alla Lega degli studenti palestinesi di cui diviene anche il presidente.
Consegue il diploma di laurea nel 1956. Allo scoppio della guerra per il
controllo del canale di Suez è sottotenente dell'esercito egiziano.
Ormai facente parte del gruppo di leader
del nascente movimento palestinese è un personaggio scomodo, ricercato dalle
autorità israeliane. Per evitare l'arresto abbandona l'Egitto per il Kuwait
dove nel 1959 fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli,
"al-Fatah". L'organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila
centinaia di giovani palestinesi e a creare un movimento consistente ed
incisivo.
Dopo la sconfitta nella guerra araba
contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP,
"l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina": nel febbraio
1969 Yasser Arafat diventa presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio
Nazionale della Palestina.
Con il suo carisma e
la sua abilità politica Arafat indirizza l'OLP verso la causa palestinese
allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo la crescita del suo
ruolo politico corrisponde a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa
Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi.
Nel luglio 1974 Arafat decide una svolta
importante dell'OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto
all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese; a novembre,
in uno storico discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiede una soluzione pacifica, politica, per
la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele.
Nel 1983, nel pieno svolgimento della
guerra civile libanese, sposta il quartier gnerale dell'OLP da Beirut a Tunisi
e, nel novembre di cinque anni più tardi, proclama lo Stato indipendente di
Palestina. Chiede inoltre il riconoscimento delle risoluzioni ONU e chiede di aprire un negoziato con Israele.
Nell'aprile 1989 è eletto dal Parlamento
palestinese primo Presidente dello Stato che non c'è, lo Stato di Palestina.
E' un periodo rovente, che vede
l'esplosione delle sue tensioni sotterranee nella Guerra del Golfo, scatenata nel 1990 dagli Stati Uniti contro Saddam Hussein, reo di aver proditoriamente invaso il vicino Kuwait.
Arafat stranamente - forse accecato
dall'odio nei confronti dell'Occidente e soprattutto nei confronti degli Stati
Uniti - si schiera proprio con Saddam. Una "scelta di campo" che gli costerà cara
e di cui lo stesso Arafat avrà di cui pentirsi, soprattutto alla luce degli
avvenimenti legati all'attentato
alle Torri Gemelle dell'11 Settembre 2001.
La mossa attira su di lui sospetti
consistenti di avere le mani in pasta nelle frange terroristiche che pullulano
in Medio Oriente. Da qui l'incrinarsi della sua credibilità come controparte
sul piano delle trattative con Israele.
Ad ogni modo, piaccia o non piaccia,
Arafat è sempre rimasto l'unico interlocutore attendibile, a causa di un fatto
molto semplice: è stata l'unica personalità che per anni i palestinesi hanno
riconosciuto come loro portavoce (escludendo le solite frange estremiste). Pur
essendo accusato da più parti di essere fomentatore del terrorismo e della linea
integralista, per altri Arafat è sempre stato invece sinceramente dalla parte
della pace.
I negoziati fra Israele e
palestinesi condotti da lui, d'altronde, hanno avuto una storia travagliata,
mai conclusa.
Un primo tentativo si fece con la
conferenza per la pace in Medio Oriente a Madrid, poi con trattative segrete
portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993.
Nel dicembre dello stesso anno per
Arafat arriva un importante riconoscimento dell'Europa: il leader palestinese è
ricevuto come capo di Stato dal Parlamento europeo, al quale chiede che
l'Unione diventi parte in causa del processo di pace. Un anno più tardi, nel
dicembre 1994, riceve il Nobel per
la pace ex aequo con importanti esponenti dello Stato
israeliano, Yitzhak Rabin e Shimon Peres.
Nel frattempo il leader palestinese si trasferisce a Gaza, dove guida
l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp).
La sua eventuale successione, all'interno
di un quadro che vede le istituzioni dell'Anp assai fragili e poco consolidate,
delinea potenzialmente scenari da guerra civile palestinese che rischiano di
alimentare ancora di più il terrorismo internazionale.
In questa realtà, gruppi fondamentalisti
e fautori del terrorismo più sanguinario come quelli di "Hamas"
suppliscono all'assenza di uno Stato con attività di proselitismo, ma anche di
assistenza, istruzione islamica e solidarietà fra famiglie.
E' grazie a questa rete di supporto e di
guida che Hamas riesce a condizionare i suoi adepti fino a portarli al
sacrificio di se stessi nelle famigerate azioni suicide.
Sul piano della sicurezza dunque,
sostiene lo stesso Arafat, non è possibile poter controllare tutte le frange di
terroristi con un poliziotto ogni cinquanta palestinesi, in questo trovando
supporto e consensi anche in parte dell'opinione pubblica israeliana.
Alla fine di ottobre 2004 Arafat viene
stato trasferito urgentemente a Parigi, in terapia intensiva, per curare il
male che lo ha colpito. Nei giorni che hanno seguito il suo ricovero sono
continuamente susseguite voci e smentite di una sua probabile leucemia, di sue
varie perdite di conoscenza e su un coma irreversibile.
La sua morte è stata annunciata dalla tv
israeliana nel pomeriggio del 4 novembre, ma subito è nato un giallo perchè il
portavoce dell'ospedale dove Arafat era ricoverato smentiva. In serata è stata
ufficializzata dai medici la sua morte cerebrale.
Dopo un frenetico susseguirsi di voci
sulle sue condizioni nei giorni successivi, Yasser Arafat è morto alle 3:30 del
giorno 11 novembre.
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