«Fare un’architettura è come fare una creatura: essere riempito, riempirsi,
esplodere, esultare, restando freddi in mezzo a circostanze complesse,
diventare un cane contento» (Le Corbusier, 1955)
BEST OF
ARCHIVIO:
Charles-Edouard
Jeanneret, che scelse di presentarsi al mondo con lo pseudonimo Le Corbusier, è
certamente la figura di maggior spicco nel complesso panorama dell’architettura
del XX secolo: abilissimo costruttore del proprio mito, ha esercitato (e
continua a esercitare) un’influenza straordinaria sulle generazioni che gli
sono succedute.
Considerato il
maestro del Movimento Moderno, è stato la fonte d’ispirazione – tra
gli altri – per i giovanissimi membri del Gruppo 7, l’anima dei Congressi
Internazionali di Architettura Moderna (CIAM), la pietra di paragone nei
giudizi sulla contemporaneità, apparsi sulle riviste di ogni dove: da “Domus” a
“Casabella”, da “The Architectural Review” a “L’Architecture d'Aujourd'hui”.
Nato e cresciuto nel borgo di La Chaux-de-Fonds, formatosi all’ombra di Charles
L’Eplattenier, Le Corbusier ha esordito come architetto nel 1905, costruendo a
soli diciassette anni una villa per Louis Fallet (in collaborazione con
l’architetto René Chapallaz).
Vedi anche: L'Italia di Le Corbusier
Come da tradizione
dell’epoca, però, subito dopo la conclusione degli studi (svolti presso la
locale Scuola di Arti Decorative), ha intrapreso un lungo viaggio in
giro per l’Europa, che lo ha profondamente segnato: tra il 1907 e il 1909,
Le Corbusier ha visitato (e spesso ridisegnato) opere osservate in Italia (in
particolare, la Certosa di Ema che negli anni Cinquanta diventerà modello per
la costruzione del convento di La Tourette), Ungheria e Austria (a Vienna ha
frequentato gli studi di Josef Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt). Fino a
raggiungere la Francia – a Lione ha incontrato Tony Garbier - e Parigi,
divenuta temporaneamente la sua nuova casa, grazie a un impiego ottenuto come
disegnatore presso i fratelli Perret. Rientrato brevemente a La Chaux-de-Fonds,
viene incaricato di redigere uno studio sulle arti decorative tedesche (Étude
sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, 1912) durante il quale matura la
volontà di trasferirsi in Germania. Qui, ha contatti con Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Heinrich Tessenow e Peter
Berehens, che lo assume per
un breve periodo. Per poi partire nuovamente, stavolta in direzione est: si
spinge fino a Istanbul e ripiega attraverso la Grecia. Atene è altra tappa
fondamentale nell’evoluzione del suo pensiero architettonico (celebri sono i
disegni dedicati al Partenone) ma, durante l’intero, lungo tour, Le Corbusier
invia alla rivista svizzera “Feuille d’avis” una serie di articoli che
raccontano il significato che ciascuna delle opere visitate ha per il giovane
progettista.
Le
Corbusier lascia definitivamente la Svizzera nel 1917, in favore di Parigi,
dove apre il primo studio professionale.
A questo periodo risalgo seminali progetti,
irrealizzati: la Città per tre milioni di abitanti, presentata al Salon
d’Automne nel 1922, i disegni per le Immeubles-villas, gli studi
sulla maison Citrohan, immaginata come prototipo d’abitazione
da riprodurre in serie (esattamente come l’automobile a cui è ispirato il nome
del progetto), grazie all’impiego di uno scheletro in cemento armato.
Insieme alle prime opere costruite in Francia (l’atelier per Ozenfant, 1922; la
doppia villa La Roche-Jeanneret, 1923-1924; il padiglione dell’Esprit Nouveau,
1925; Villa Stein-de Monzie a Garches, 1927) e alla stesura di quello che a
tutt’oggi rimane uno dei più importanti libri dedicati al progetto: Vers une
Architecture (1922), raccolta ragionata di gran parte dei testi apparsi su
“L’Esprit Noveau”, poi ripresi anche in “L’Urbanisme” (1924), “Almanach
d’architecture moderne” e “L’Art décoratif d’aujourd’hui” (1925). Grazie
all’incessante attività di teorico, Le Corbusier è già divenuto un personaggio
di fama internazionale, invitato a conferenze ed esposizioni che ne consacrano
la figura, insieme al planetario successo di critica ottenuto con la costruzione
della Villa Savoy a Poissy (1929): summa delle riflessioni svolte fino a quel
momento, la casa è la dimostrazione in scala reale dei vantaggi offerti dal
cemento armato, che rende possibile l’applicazione di cinque principi –
conosciuti come “i cinque punti della nuova architettura” – che sono
cardine per attuare la rivoluzione architettonica guidata dalla macchina.
Per approfondire: L'operatività costruttiva di Le
Corbusier
È infatti la macchina che rende possibili produzione
standardizzata e prefabbricazione pesante, necessarie a costruire strutture
in cemento armato a travi e pilastri (i “pilotis”, primo dei
cinque punti). Che a loro volta consentono di svincolare i tramezzi interni
dallo scheletro portante, posizionandoli a proprio piacimento (è il principio
del “plan libre”) e di organizzare le facciate come semplice sequenza
di pieni e vuoti, che asseconda le necessità degli spazi interni
(“façade libre”); di sostituire le tradizionali finestre verticali con le aperture
a nastro (“fenêtre en longueur”), che massimizzano gli effetti
dell’illuminazione naturale. E, infine, è il cemento armato che consente di
costruire i tetti piani adibiti a terrazza o giardino (“Toit
terrasse”), che divengono parte integrante dello spazio domestico.
Charles-Edouard Jeanneret, che scelse di presentarsi al mondo con lo pseudonimo
Le Corbusier, è certamente la figura di maggior spicco nel complesso panorama
dell’architettura del XX secolo: abilissimo costruttore del proprio mito, ha
esercitato (e continua a esercitare) un’influenza straordinaria sulle
generazioni che gli sono succedute.
Considerato il maestro del Movimento Moderno,
è stato la fonte d’ispirazione – tra gli altri – per i giovanissimi membri del
Gruppo 7, l’anima dei Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM),
la pietra di paragone nei giudizi sulla contemporaneità, apparsi sulle riviste
di ogni dove: da “Domus” a “Casabella”, da “The Architectural Review” a
“L’Architecture d'Aujourd'hui”. Nato e cresciuto nel borgo di La
Chaux-de-Fonds, formatosi all’ombra di Charles L’Eplattenier, Le Corbusier ha
esordito come architetto nel 1905, costruendo a soli diciassette anni una villa
per Louis Fallet (in collaborazione con l’architetto René Chapallaz).
Vedi anche: L'Italia di Le Corbusier
Come da tradizione dell’epoca, però, subito dopo la
conclusione degli studi (svolti presso la locale Scuola di Arti
Decorative), ha intrapreso un lungo viaggio in giro per l’Europa,
che lo ha profondamente segnato: tra il 1907 e il 1909, Le Corbusier ha
visitato (e spesso ridisegnato) opere osservate in Italia (in particolare, la
Certosa di Ema che negli anni Cinquanta diventerà modello per la costruzione
del convento di La Tourette), Ungheria e Austria (a Vienna ha frequentato gli
studi di Josef Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt). Fino a raggiungere la
Francia – a Lione ha incontrato Tony Garbier - e Parigi, divenuta
temporaneamente la sua nuova casa, grazie a un impiego ottenuto come
disegnatore presso i fratelli Perret. Rientrato brevemente a La Chaux-de-Fonds,
viene incaricato di redigere uno studio sulle arti decorative tedesche (Étude
sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, 1912) durante il quale matura la
volontà di trasferirsi in Germania. Qui, ha contatti con Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Heinrich Tessenow e Peter
Berehens, che lo assume per
un breve periodo. Per poi partire nuovamente, stavolta in direzione est: si
spinge fino a Istanbul e ripiega attraverso la Grecia. Atene è altra tappa
fondamentale nell’evoluzione del suo pensiero architettonico (celebri sono i
disegni dedicati al Partenone) ma, durante l’intero, lungo tour, Le Corbusier
invia alla rivista svizzera “Feuille d’avis” una serie di articoli che
raccontano il significato che ciascuna delle opere visitate ha per il giovane
progettista.
Le Corbusier
lascia definitivamente la Svizzera nel 1917, in favore di Parigi, dove apre il
primo studio professionale.
A questo periodo risalgo seminali progetti,
irrealizzati: la Città per tre milioni di abitanti, presentata al Salon
d’Automne nel 1922, i disegni per le Immeubles-villas, gli studi
sulla maison Citrohan, immaginata come prototipo d’abitazione
da riprodurre in serie (esattamente come l’automobile a cui è ispirato il nome
del progetto), grazie all’impiego di uno scheletro in cemento armato.
Insieme alle prime opere costruite in Francia (l’atelier per Ozenfant, 1922; la
doppia villa La Roche-Jeanneret, 1923-1924; il padiglione dell’Esprit Nouveau,
1925; Villa Stein-de Monzie a Garches, 1927) e alla stesura di quello che a
tutt’oggi rimane uno dei più importanti libri dedicati al progetto: Vers une
Architecture (1922), raccolta ragionata di gran parte dei testi apparsi su
“L’Esprit Noveau”, poi ripresi anche in “L’Urbanisme” (1924), “Almanach
d’architecture moderne” e “L’Art décoratif d’aujourd’hui” (1925). Grazie
all’incessante attività di teorico, Le Corbusier è già divenuto un personaggio
di fama internazionale, invitato a conferenze ed esposizioni che ne consacrano
la figura, insieme al planetario successo di critica ottenuto con la
costruzione della Villa Savoy a Poissy (1929): summa delle riflessioni svolte
fino a quel momento, la casa è la dimostrazione in scala reale dei vantaggi
offerti dal cemento armato, che rende possibile l’applicazione di cinque
principi – conosciuti come “i cinque punti della nuova architettura” –
che sono cardine per attuare la rivoluzione architettonica guidata dalla
macchina.
Per approfondire: L'operatività costruttiva di Le
Corbusier
È infatti la macchina che rende possibili produzione
standardizzata e prefabbricazione pesante, necessarie a costruire strutture
in cemento armato a travi e pilastri (i “pilotis”, primo dei
cinque punti). Che a loro volta consentono di svincolare i tramezzi interni
dallo scheletro portante, posizionandoli a proprio piacimento (è il principio
del “plan libre”) e di organizzare le facciate come semplice sequenza
di pieni e vuoti, che asseconda le necessità degli spazi interni
(“façade libre”); di sostituire le tradizionali finestre verticali con le aperture
a nastro (“fenêtre en longueur”), che massimizzano gli effetti
dell’illuminazione naturale. E, infine, è il cemento armato che consente di
costruire i tetti piani adibiti a terrazza o giardino (“Toit
terrasse”), che divengono parte integrante dello spazio domestico.
Da qui al 1940, anno in cui Le Corbusier è costretto a
chiudere lo studio parigino in seguito allo scoppio della seconda conflitto
mondiale, la carriera dell’architetto svizzero si arricchisce di premi,
riconoscimenti e prestigiose commesse ricevute in tutto il mondo. L’evento
bellico segna però una fortissima cesura, anche nella poetica di Le Corbusier:
all’indomani dell’armistizio, il progettista si scopre deluso dalle
terrificanti conseguenze dell’applicazione della macchina all’industria della
guerra e sempre più attratto dalle potenzialità espressive che derivano, per
esempio, dalla realizzazione con scarsi mezzi – quasi manuale - del cemento. I
cinque punti vengono rielaborati, in parte rinnegati, e Le Corbusier lavora
sempre più spesso con il cosiddetto beton brut (uno degli
elementi che verranno poi ripresi dai membri della corrente del Brutalismo,
nata in Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta), con geometrie e sagome
curvilinee, con colori e materiali rintracciabili in alcuni dei capolavori
costruiti a partire dal 1945: l’Unité d’Habitation a Marsiglia (1945), la
Cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp (1950- 1955), il convento di
Sainte-Marie de la Tourette a Eveux-sur-l'Arbresle (1953), fino alla
straordinaria occasione che gli viene offerta con la costruzione di
Chandigarh, nuova capitale dello stato indiano del Punjab che vedrà Le
Corbusier impegnato fino alla sua scomparsa (avvenuta nel 1965).
https://www.domusweb.it/it/progettisti/le-corbusier.html
«Fare un’architettura è come fare una creatura: essere riempito, riempirsi,
esplodere, esultare, restando freddi in mezzo a circostanze complesse,
diventare un cane contento» (Le Corbusier, 1955)
BEST OF
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Charles-Edouard
Jeanneret, che scelse di presentarsi al mondo con lo pseudonimo Le Corbusier, è
certamente la figura di maggior spicco nel complesso panorama dell’architettura
del XX secolo: abilissimo costruttore del proprio mito, ha esercitato (e
continua a esercitare) un’influenza straordinaria sulle generazioni che gli
sono succedute.
Considerato il
maestro del Movimento Moderno, è stato la fonte d’ispirazione – tra
gli altri – per i giovanissimi membri del Gruppo 7, l’anima dei Congressi
Internazionali di Architettura Moderna (CIAM), la pietra di paragone nei
giudizi sulla contemporaneità, apparsi sulle riviste di ogni dove: da “Domus” a
“Casabella”, da “The Architectural Review” a “L’Architecture d'Aujourd'hui”.
Nato e cresciuto nel borgo di La Chaux-de-Fonds, formatosi all’ombra di Charles
L’Eplattenier, Le Corbusier ha esordito come architetto nel 1905, costruendo a
soli diciassette anni una villa per Louis Fallet (in collaborazione con
l’architetto René Chapallaz).
Vedi anche: L'Italia di Le Corbusier
Come da tradizione
dell’epoca, però, subito dopo la conclusione degli studi (svolti presso la
locale Scuola di Arti Decorative), ha intrapreso un lungo viaggio in
giro per l’Europa, che lo ha profondamente segnato: tra il 1907 e il 1909,
Le Corbusier ha visitato (e spesso ridisegnato) opere osservate in Italia (in
particolare, la Certosa di Ema che negli anni Cinquanta diventerà modello per
la costruzione del convento di La Tourette), Ungheria e Austria (a Vienna ha
frequentato gli studi di Josef Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt). Fino a
raggiungere la Francia – a Lione ha incontrato Tony Garbier - e Parigi,
divenuta temporaneamente la sua nuova casa, grazie a un impiego ottenuto come
disegnatore presso i fratelli Perret. Rientrato brevemente a La Chaux-de-Fonds,
viene incaricato di redigere uno studio sulle arti decorative tedesche (Étude
sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, 1912) durante il quale matura la
volontà di trasferirsi in Germania. Qui, ha contatti con Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Heinrich Tessenow e Peter
Berehens, che lo assume per
un breve periodo. Per poi partire nuovamente, stavolta in direzione est: si
spinge fino a Istanbul e ripiega attraverso la Grecia. Atene è altra tappa
fondamentale nell’evoluzione del suo pensiero architettonico (celebri sono i
disegni dedicati al Partenone) ma, durante l’intero, lungo tour, Le Corbusier
invia alla rivista svizzera “Feuille d’avis” una serie di articoli che
raccontano il significato che ciascuna delle opere visitate ha per il giovane
progettista.
Le
Corbusier lascia definitivamente la Svizzera nel 1917, in favore di Parigi,
dove apre il primo studio professionale.
A questo periodo risalgo seminali progetti,
irrealizzati: la Città per tre milioni di abitanti, presentata al Salon
d’Automne nel 1922, i disegni per le Immeubles-villas, gli studi
sulla maison Citrohan, immaginata come prototipo d’abitazione
da riprodurre in serie (esattamente come l’automobile a cui è ispirato il nome
del progetto), grazie all’impiego di uno scheletro in cemento armato.
Insieme alle prime opere costruite in Francia (l’atelier per Ozenfant, 1922; la
doppia villa La Roche-Jeanneret, 1923-1924; il padiglione dell’Esprit Nouveau,
1925; Villa Stein-de Monzie a Garches, 1927) e alla stesura di quello che a
tutt’oggi rimane uno dei più importanti libri dedicati al progetto: Vers une
Architecture (1922), raccolta ragionata di gran parte dei testi apparsi su
“L’Esprit Noveau”, poi ripresi anche in “L’Urbanisme” (1924), “Almanach
d’architecture moderne” e “L’Art décoratif d’aujourd’hui” (1925). Grazie
all’incessante attività di teorico, Le Corbusier è già divenuto un personaggio
di fama internazionale, invitato a conferenze ed esposizioni che ne consacrano
la figura, insieme al planetario successo di critica ottenuto con la costruzione
della Villa Savoy a Poissy (1929): summa delle riflessioni svolte fino a quel
momento, la casa è la dimostrazione in scala reale dei vantaggi offerti dal
cemento armato, che rende possibile l’applicazione di cinque principi –
conosciuti come “i cinque punti della nuova architettura” – che sono
cardine per attuare la rivoluzione architettonica guidata dalla macchina.
Per approfondire: L'operatività costruttiva di Le
Corbusier
È infatti la macchina che rende possibili produzione
standardizzata e prefabbricazione pesante, necessarie a costruire strutture
in cemento armato a travi e pilastri (i “pilotis”, primo dei
cinque punti). Che a loro volta consentono di svincolare i tramezzi interni
dallo scheletro portante, posizionandoli a proprio piacimento (è il principio
del “plan libre”) e di organizzare le facciate come semplice sequenza
di pieni e vuoti, che asseconda le necessità degli spazi interni
(“façade libre”); di sostituire le tradizionali finestre verticali con le aperture
a nastro (“fenêtre en longueur”), che massimizzano gli effetti
dell’illuminazione naturale. E, infine, è il cemento armato che consente di
costruire i tetti piani adibiti a terrazza o giardino (“Toit
terrasse”), che divengono parte integrante dello spazio domestico.
Charles-Edouard Jeanneret, che scelse di presentarsi al mondo con lo pseudonimo
Le Corbusier, è certamente la figura di maggior spicco nel complesso panorama
dell’architettura del XX secolo: abilissimo costruttore del proprio mito, ha
esercitato (e continua a esercitare) un’influenza straordinaria sulle
generazioni che gli sono succedute.
Considerato il maestro del Movimento Moderno,
è stato la fonte d’ispirazione – tra gli altri – per i giovanissimi membri del
Gruppo 7, l’anima dei Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM),
la pietra di paragone nei giudizi sulla contemporaneità, apparsi sulle riviste
di ogni dove: da “Domus” a “Casabella”, da “The Architectural Review” a
“L’Architecture d'Aujourd'hui”. Nato e cresciuto nel borgo di La
Chaux-de-Fonds, formatosi all’ombra di Charles L’Eplattenier, Le Corbusier ha
esordito come architetto nel 1905, costruendo a soli diciassette anni una villa
per Louis Fallet (in collaborazione con l’architetto René Chapallaz).
Vedi anche: L'Italia di Le Corbusier
Come da tradizione dell’epoca, però, subito dopo la
conclusione degli studi (svolti presso la locale Scuola di Arti
Decorative), ha intrapreso un lungo viaggio in giro per l’Europa,
che lo ha profondamente segnato: tra il 1907 e il 1909, Le Corbusier ha
visitato (e spesso ridisegnato) opere osservate in Italia (in particolare, la
Certosa di Ema che negli anni Cinquanta diventerà modello per la costruzione
del convento di La Tourette), Ungheria e Austria (a Vienna ha frequentato gli
studi di Josef Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt). Fino a raggiungere la
Francia – a Lione ha incontrato Tony Garbier - e Parigi, divenuta
temporaneamente la sua nuova casa, grazie a un impiego ottenuto come
disegnatore presso i fratelli Perret. Rientrato brevemente a La Chaux-de-Fonds,
viene incaricato di redigere uno studio sulle arti decorative tedesche (Étude
sur le mouvement d’art décoratif en Allemagne, 1912) durante il quale matura la
volontà di trasferirsi in Germania. Qui, ha contatti con Walter Gropius, Mies Van der Rohe, Heinrich Tessenow e Peter
Berehens, che lo assume per
un breve periodo. Per poi partire nuovamente, stavolta in direzione est: si
spinge fino a Istanbul e ripiega attraverso la Grecia. Atene è altra tappa
fondamentale nell’evoluzione del suo pensiero architettonico (celebri sono i
disegni dedicati al Partenone) ma, durante l’intero, lungo tour, Le Corbusier
invia alla rivista svizzera “Feuille d’avis” una serie di articoli che
raccontano il significato che ciascuna delle opere visitate ha per il giovane
progettista.
Le Corbusier
lascia definitivamente la Svizzera nel 1917, in favore di Parigi, dove apre il
primo studio professionale.
A questo periodo risalgo seminali progetti,
irrealizzati: la Città per tre milioni di abitanti, presentata al Salon
d’Automne nel 1922, i disegni per le Immeubles-villas, gli studi
sulla maison Citrohan, immaginata come prototipo d’abitazione
da riprodurre in serie (esattamente come l’automobile a cui è ispirato il nome
del progetto), grazie all’impiego di uno scheletro in cemento armato.
Insieme alle prime opere costruite in Francia (l’atelier per Ozenfant, 1922; la
doppia villa La Roche-Jeanneret, 1923-1924; il padiglione dell’Esprit Nouveau,
1925; Villa Stein-de Monzie a Garches, 1927) e alla stesura di quello che a
tutt’oggi rimane uno dei più importanti libri dedicati al progetto: Vers une
Architecture (1922), raccolta ragionata di gran parte dei testi apparsi su
“L’Esprit Noveau”, poi ripresi anche in “L’Urbanisme” (1924), “Almanach
d’architecture moderne” e “L’Art décoratif d’aujourd’hui” (1925). Grazie
all’incessante attività di teorico, Le Corbusier è già divenuto un personaggio
di fama internazionale, invitato a conferenze ed esposizioni che ne consacrano
la figura, insieme al planetario successo di critica ottenuto con la
costruzione della Villa Savoy a Poissy (1929): summa delle riflessioni svolte
fino a quel momento, la casa è la dimostrazione in scala reale dei vantaggi
offerti dal cemento armato, che rende possibile l’applicazione di cinque
principi – conosciuti come “i cinque punti della nuova architettura” –
che sono cardine per attuare la rivoluzione architettonica guidata dalla
macchina.
Per approfondire: L'operatività costruttiva di Le
Corbusier
È infatti la macchina che rende possibili produzione
standardizzata e prefabbricazione pesante, necessarie a costruire strutture
in cemento armato a travi e pilastri (i “pilotis”, primo dei
cinque punti). Che a loro volta consentono di svincolare i tramezzi interni
dallo scheletro portante, posizionandoli a proprio piacimento (è il principio
del “plan libre”) e di organizzare le facciate come semplice sequenza
di pieni e vuoti, che asseconda le necessità degli spazi interni
(“façade libre”); di sostituire le tradizionali finestre verticali con le aperture
a nastro (“fenêtre en longueur”), che massimizzano gli effetti
dell’illuminazione naturale. E, infine, è il cemento armato che consente di
costruire i tetti piani adibiti a terrazza o giardino (“Toit
terrasse”), che divengono parte integrante dello spazio domestico.
Da qui al 1940, anno in cui Le Corbusier è costretto a
chiudere lo studio parigino in seguito allo scoppio della seconda conflitto
mondiale, la carriera dell’architetto svizzero si arricchisce di premi,
riconoscimenti e prestigiose commesse ricevute in tutto il mondo. L’evento
bellico segna però una fortissima cesura, anche nella poetica di Le Corbusier:
all’indomani dell’armistizio, il progettista si scopre deluso dalle
terrificanti conseguenze dell’applicazione della macchina all’industria della
guerra e sempre più attratto dalle potenzialità espressive che derivano, per
esempio, dalla realizzazione con scarsi mezzi – quasi manuale - del cemento. I
cinque punti vengono rielaborati, in parte rinnegati, e Le Corbusier lavora
sempre più spesso con il cosiddetto beton brut (uno degli
elementi che verranno poi ripresi dai membri della corrente del Brutalismo,
nata in Inghilterra sul finire degli anni Cinquanta), con geometrie e sagome
curvilinee, con colori e materiali rintracciabili in alcuni dei capolavori
costruiti a partire dal 1945: l’Unité d’Habitation a Marsiglia (1945), la
Cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp (1950- 1955), il convento di
Sainte-Marie de la Tourette a Eveux-sur-l'Arbresle (1953), fino alla
straordinaria occasione che gli viene offerta con la costruzione di
Chandigarh, nuova capitale dello stato indiano del Punjab che vedrà Le
Corbusier impegnato fino alla sua scomparsa (avvenuta nel 1965).
https://www.domusweb.it/it/progettisti/le-corbusier.html
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