Divulgare il lume
Voltaire nasce a Parigi il 21 novembre
1694; il suo vero nome è Francois-Marie Arouet. Figlio di una ricca famiglia
borghese compie i primi studi presso i giansenisti e i gesuiti, acquisendo una solida formazione umanistica.
Ancora giovanissimo viene introdotto
nella Société du Temple, cenacolo parigino di orientamento libertino, dove si
segnala subito per la sua vivacità intellettuale.
Imprigionato una prima volta per alcuni
versi irriverenti nei confronti del reggente, con lo pseudonimo di Voltaire
scrive durante il soggiorno alla Bastiglia (1717-1718) la tragedia "Edipo",
rappresentata con successo nel 1718, e il poema epico "La lega o Enrico il
Grande" (1723), ripubblicato nel 1728 col titolo di "Enriade".
Il felice momento si interrompe
bruscamente a causa di uno screzio col cavaliere di Rohan, in seguito al quale
viene costretto all'esilio in Gran Bretagna (dal 1726 al 1729). Il soggiorno
londinese sarà fondamentale per la formazione intellettuale di Voltaire: la
conoscenza della realtà politica e sociale britannica lo convince della
necessità di una profonda riforma dello stato assolutistico e feudale della
Francia.
Queste sue convinzioni vengono espresse
nelle "Lettere filosofiche" (o "Lettere sugli inglesi",
1733 a Londra, 1734 a Parigi), che hanno una vasta eco in Francia, divenendo
uno dei testi di riferimento della pubblicistica contro l'Ancien régime.
Compie poi un breve soggiorno a Parigi
durante il quale pubblica alcune tragedie ("Bruto", 1730; "La
morte di Cesare", 1731) e la "Storia di Carlo XII"
(1731), subito sequestrata; poi nel 1732 viene nuovamente costretto, per
evitare un altro arresto, a fuggire in Lorena.
Ospite di Madame Émilie de
Châtelet nel castello di Cirey, Voltaire scrive alcune tragedie
("Maometto", 1741-42; "Merope",
1743), porta a termine il trattato "Gli elementi della filosofia di Newton"
(1738), attacco contro la fisica cartesiana, e
dà inizio all'opera storiografica "Il secolo di Luigi XIV"
(1751), oltre che al "Saggio sui costumi" (1756).
La sua posizione con la corte si riappacifica grazie alle
simpatie di Madame de Pompadour e alla pubblicazione dell'encomiastico
"Poema di Fontenoy" (1745); fa quindi ritorno a Parigi, dove viene
nominato storiografo del re e diviene membro dell'Académie Francaise nel 1746.
Negli anni tra il 1749 e il 1753 Voltaire è a Berlino, ospite
di Federico II di Prussia; qui, oltre a portare a
termine "Il secolo di Luigi XIV",
scrive il racconto filosofico "Micromega" (1752), ma a seguito di un
litigio con Pierre Louis de Maupertuis, presidente dell'Accademia di Berlino, è
costretto a lasciare la città.
Soggiorna per qualche tempo a Ginevra e a Losanna, poi dal 1758
si stabilisce nel castello di Ferney. Qui, ormai ricco e famoso, Voltaire
trascorrerà gli ultimi vent'anni della sua vita, divenendo un punto di
riferimento dell'opinione pubblica illuminata di tutta Europa.
Dopo aver scatenato le ire dei cattolici per l'irriverente
parodia di Giovanna
D'Arco contenuta nella "Pulzella d'Orléans" e quelle
protestanti con la pubblicazione del "Saggio sui costumi" (1756), nel
"Poema sul disastro di Lisbona" (1756), ispirato al recente terremoto
che aveva colpito la città, si lascia andare a considerazioni di cupo
pessimismo sul mondo, provocando la viva reazione di Jean-Jacques
Rousseau.
La sua posizione di fiero avversario di ogni provvidenzialismo e
di convinto assertore del disordine fisico e morale presente nella natura trova
la sua espressione letterariamente più riuscita nel nuovo romanzo filosofico
"Candido" (1759).
Continua intanto a dedicarsi al teatro, curando egli stesso la
rappresentazione dei suoi drammi all'interno del castello
("Tancredi", 1760; "Gli sciti", 1767, e altri) e persegue
attraverso un'intensissima attività di polemista e pubblicista la sua battaglia
contro ogni forma di superstizione e di fanatismo religioso, contro i privilegi
politici e a favore di una maggior tolleranza e giustizia.
Significative a questo proposito sono le ultime opere
filosofiche, spesso rimaste allo stato di brevi capitoli, come il
"Trattato sulla tolleranza" (1763), il fortunato "Dizionario
filosofico" (1764) e le "Questioni dell'Enciclopedia"
(1770-1772), in cui auspica il trionfo della ragione sui pregiudizi.
Ritornato a Parigi nei primi mesi del 1778 per assistere alla
rappresentazione della sua ultima tragedia "Irene" (1778), è accolto
con un eccezionale tripudio di folla e viene incoronato con l'alloro.
Voltaire muore a Parigi il 30 maggio 1778.
La sepoltura ecclesiastica gli è negata, e solo durante la
rivoluzione i resti dello scrittore saranno trasportati nel Panthéon parigino.
Fondamentale per la conoscenza della sua personalità e della sua
instancabile attività di divulgatore delle idee illuministiche e riformiste è
il ricchissimo "Epistolario", ancora in parte inedito.
https://biografieonline.it/biografia-voltaire
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