Una casa per gli ebrei
L'idea della costituzione di uno stato
d'Israele risale ad almeno un secolo fa e altrettanto antiche sono le
ripercussioni e le conseguenze che tale idea ha generato. Brevemente,
ripercorriamo qui le tappe che hanno portato alla creazione di una patria, in
pieno Medioriente, che vuole essere una casa e un rifugio per tutti gli ebrei
sparsi per il mondo.
Alcuni eventi pre-bellici segnano il il
percorso verso il futuro stato d'Israele. Già nel 1897, infatti, Theodor Herzl
fonda in Svizzera, al Congresso di Basilea, il movimento sionista con l'obiettivo
di creare appunto in Palestina uno Stato ebraico. Del 1917 è invece la
"Dichiarazione di Balfour" in cui il governo inglese si dichiara
favorevole alla "fondazione di una Madre Patria Ebraica in
Palestina". I palestinesi, la cui terra fu "promessa",
denunciano "la Dichiarazione della vergogna", con conseguenti
disordini in tutta la regione. A causa di questo stato di cose arroventato,
l'Inghilterra assume l'amministrazione della Palestina e conferma il sostegno
agli interessi sionisti. Il mandato è stabilito dalla Lega delle Nazioni per
"i popoli non ancora in grado di auto governarsi". Anche in questo
caso, si verifica una rivolta araba contro il mandato inglese a cui fa seguito
la proposta (sempre inglese) di una divisione del territorio: a nord-ovest lo
Stato ebraico, la parte maggiore del paese alla Cisgiordania e una zona
comprendente Gerusalemme e Jaffa sotto dominio britannico. Il piano viene però
rifiutato sia dai Sionisti che dagli arabi.
Intanto, purtroppo, si arriva ai
drammatici anni che vanno dal 1942-1945 in cui il Terzo Reich hitleriano organizza la deportazione di massa e
l'eliminazione della popolazione di fede ebraica. Il bilancio finale di questo
orrore porta lo stigma di oltre sei milioni di ebrei uccisi. Due anni dopo la
guerra, nel 1947, una Commissione speciale delle Nazioni Unite, propone di dividere la Palestina in uno Stato
ebraico e uno arabo, mentre alla città di Gerusalemme dovrebbe essere concesso
uno status internazionale. La risoluzione viene approvata: votano a favore
Urss, Usa e Francia, ma gli Stati arabi votano contro; la Gran Bretagna, la
Cina e altri si astengono. Il 29 settembre 1947, viene posto fine al mandato
inglese e decisa la spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno
ebraico.
Il 14 maggio del 1948 nasce ufficialmente
lo stato di Israele. Subito, tra arabi e israeliani è guerra. Migliaia di
palestinesi vengono espulsi dalla loro terra. La Lega araba (Siria, Iraq,
Egitto e Giordania) invade il nuovo stato il giorno stesso della sua nascita ma
viene sconfitta. Il primo censimento conta una popolazione di 872.700 persone:
716.700 ebrei e 156.000 non-ebrei. Si assiste all'immigrazione di massa
dall'Europa nel dopoguerra: cominciano ad arrivare ebrei anche dai paesi arabi.
Negli anni 1948-52, arrivano 687.000 ebrei in Israele che raddoppia la sua
popolazione ebraica.
Nel 1949 si svolgono le prime
elezioni: David Ben-Gurion viene eletto Primo Ministro, alla testa di un
governo di coalizione. La prima Knesset (Parlamento) si riunisce a Gerusalemme.
Chaim Weizmann viene eletto Presidente di Israele dalla Knesset.
Lo stato di Israele viene accettato
dalle Nazioni Unite come 59° membro. Gerusalemme, divisa tra Israele
e Giordania, è dichiarata capitale. La Città Vecchia a Gerusalemme est passa
sotto il controllo della Giordania, le parti occidentali e meridionali della
città vengono controllate da Israele.
Il 1956 è l'anno invece della seconda
guerra arabo-israeliana. Nasser, il leader egiziano, nazionalizza il canale di Suez (che fin dalla sua apertura, nel 1896,
apparteneva a una compagnia anglo-francese) e proibisce il transito delle navi
israeliane. Francia e Inghilterra si accordano con Israele per punire l'Egitto
e occupare il Canale. L'operazione viene condotta con successo per l'esercito
israeliano.
1959: Yasser Arafat e Abu Jihad (Khalil al Wazir) fondano "Al
Fatah", un movimento di guerriglia per la liberazione della Palestina da
Israele mentre il 1964 è l'anno di fondazione dell' "Olp",
L'Organizzazione di Liberazione della Palestina. Pochi anni dopo, nel 1967, è
la volta della Terza guerra arabo-israeliana che vede le forze israeliane,
comandate dal generale Moshe Dayan conquistare le alture del Golan al confine
siriano, il settore arabo di Gerusalemme, il porto di Gaza e la penisola del
Sinai. Gerusalemme viene ufficialmente riunificata sotto il controllo
israeliano.
Successivamente, L'Olp in un documento
nega l'esistenza di Israele. Si intensificano gli attacchi terroristici dei
palestinesi, ad esempio con il dirottamento di un aereo del El Al da Roma ad
Algeri. Arafat invece diventa presidente dell'Organizzazione
per la liberazione della Palestina.
Gli attacchi dei combattenti palestinesi
e le conseguenti repressioni israeliane si susseguono senza sosta. Il punto
culminante di questo stato di cose si ha nel 1973, quando scatta la Quarta
guerra arabo-israeliana nota come "Guerra del Kippur" perchè iniziata
nel giorno di digiuno più solenne dell'anno ebraico (il 6 ottobre). Egitto e
Siria lanciano un attacco a sorpresa per riconquistare i territori perduti
nella guerra precedente; l'attacco viene respinto con gravissime perdite umane
e vengono ripristinati i confini del 1967.
Interviene l'Onu che
con la Decisione 338 chiede una sistemazione del conflitto Arabo-Israeliano
sulla base delle Decisioni 242 del 1967. Il 22 ottobre cessano le ostilità in
previsione di futuri negoziati che avrebbero affrontato i problemi del ritiro
degli israeliani da tutti i territori occupati e della definitiva sistemazione
dei profughi palestinesi. Nel mese di dicembre muore David Ben Gurion, considerato il padre dello Stato di Israele.
Dopo questi sanguinosi avvenimenti, si
cerca una pacificazione di stampo politico. E' l'anno 1979, quello dei celebri
Accordi di Camp David. Egitto e Israele firmano alla Casa Bianca il trattato di
pace dopo un lungo percorso avviato dal presidente Usa Jimmy Carter. Il trattato mette formalmente fine allo stato di
guerra tra i due Paesi. In cambio del riconoscimento egiziano del diritto
all'esistenza di Israele, gli israeliani restituiscono all'Egitto la penisola
del Sinai. I due Paesi stabiliscono formali relazioni diplomatiche.
L'"idillio" dura poco. Solo qualche anno dopo, nel 1982, gli
israeliani attaccano l'Olp a Beirut e nel Libano del Sud (l'Olp infatti si era
trasferito in quel paese per proseguire meglio la sua battaglia), come
rappresaglia per gli attacchi sferrati per molti anni attraverso la frontiera
dai guerriglieri. L'esercito israeliano invade il Libano e circonda Beirut,
fermandosi per iniziare negoziati con l'Olp.
Dopo dieci settimane di intensi
bombardamenti, l'Olp accetta di lasciare Beirut sotto la protezione di una
forza multinazionale. L'evento apre la lotta all'interno del gruppo dirigente
palestinese. Israele si ritira dalla maggior parte del Libano nel 1985, ma
continua a mantenere il controllo di una zona cuscinetto lungo il confine che
creato nel 1978. I palestinesi che vivono a Gaza, in Cisgiordania e a
Gerusalemme si rivoltano contro gli israeliani, è l' "Intifada", la
"rivolta". Arafat proclama l'Olp come il governo in esilio di uno
"Stato di Palestina".
Nel 1988 una piccola, grande svolta.
L'Olp riconosce il diritto di Israele all'esistenza. Nel 1991 si apre a Madrid,
alla fine della guerra del Golfo, una conferenza di pace all'insegna di "pace in
cambio di territori" ma destinata a fallire. L'Olp ne è formalmente
esclusa, anche se propri uomini formano la metà della delegazione giordana.
L'anno dopo i due maggiori leader dei rispettivi paesi, Arafat e Peres danno vita a trattative segrete che
intendono spianare la strada agli accordi. Entrambi, poi, accettano una
"Dichiarazione di principi" e un reciproco riconoscimento che prevede
l'autogoverno palestinese. Tutti i veri nodi, però, come il problema delle
colonie, la liberazione dei detenuti politici palestinesi, la gestione delle
risorse d'acqua, i confini del futuro Stato palestinese, vengono rinviati a
colloqui "definitivi", di cui non viene mai fissata la data.
Il trattato fu sigillato sul prato della
Casa Bianca il 13 settembre del 1993, con la storica stretta di mano tra Yasser Arafat e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin.
Rabin, Arafat e il ministro degli Esteri israeliano Shimo
Peres ricevono il premio Nobel per la pace.
A settembre Rabin e Peres firmano un accordo per allargare le aree
dell'autonomia palestinese, affidando all'Autorità palestinese il controllo di
sei importanti città della Cisgiordania. Non si attenua però il clima di
violenza degli elementi più radicali delle due parti. Il primo ministro
israeliano viene assassinato da uno studente israeliano di Legge con
collegamenti a gruppi estremisti di destra.
In Israele, in seguito, elegge il leader
del partito di destra Likud, Benjamin Netanyahy, che sconfigge Shimon Peres. Nonostante gli impegni di Netanyahu e di Arafat ad arrivare a un trattato definivo di pace, il
governo israeliano consente la ripresa delle costruzione di insediamenti israeliani
nei territori occupati. Netanyahu e Arafat sottoscrivono un accordo a Wye Mills, in
Maryland, con la mediazione del presidente americano Bill Clinton. L'accordo prevede lo scambio "terra contro
pace" e la repressione dei gruppi terroristici, nonché il ritiro parziale
dell'esercito israeliano, il trasferimento del 14,2 per cento della
Cisgiordania sotto il controllo palestinese, corridoi di libero passaggio tra
Gaza e la Cisgiordania, la liberazione di 750 detenuti palestinesi e la
costruzione di un aeroporto palestinese a Gaza.
Nuove elezioni in Isarele. Ehud Barak,
vince con largo margine contro Netanyahu. A settembre Barak e Arafat firmano un'accordo per attuare gli accordi di
Wye Mills, Israele libera 200 detenuti palestinesi e comincia a passare il
controllo di una parte della Cisgiordania ai palestinesi. I nuovi accordi
di Sharm el Sheik "ridefiniscono" il calendario di Wye
Mills, giungendo alla conclusione che il ridispiegamento (e non il ritiro
dell'esercito israeliano) dovrà avvenire non oltre il 13 settembre 2000. Questa
data, come le altre stabilite, non sarà rispettata, e provoca frustrazioni dopo
l'entusiasmo seguito alle intese raggiunte a Oslo.
Scoppia allora la seconda Intifada Per
quindici giorni, nel mese di luglio, Barak e Arafat trattano a Camp David, residenza di montagna
del presidente degli Stati
Uniti. L'Olp ha fissato per il 13 settembre
la proclamazione della nascita dello Stato palestinese (che poi verrà
rinviata). Le trattative e la mediazione di Bill Clinton non portano all'accordo. Le parti non sono
disposte a cedere su punti ritenuti fondamentali: status di Gerusalemme e il
rientro dei rifugiati palestinesi. E' il fallimento di "Camp David
II".
A fine settembre i palestinesi a Gaza e
nella Cisgiordania cominciano ad attaccare le forze militari israeliane con
pietre e armi da fuoco. Moltissimi i morti, in larga maggioranza palestinesi,
ma anche numerosi israeliani e arabi israeliani. Il linciaggio di due soldati
israeliani a Ramallah provoca la reazione militare di Israele che per la prima
volta bombarda alcune città palestinesi. Arafat, dopo il rifiuto opposto a Camp David, è costretto a
cavalcare la rivolta.
Leggi anche: Israele, Palestina e i conflitti
arabo-israeliani
Siamo ormai quasi ai nostri giorni. Nel
2001 l'inchiesta della Commissione dei diritti dell'uomo dell'Onu prevede
il dispiegamento urgente di osservatori internazionali. George W. Bush chiede ad Arafat di far cessare la violenza in Medio Oriente per
rendere possibile il dialogo con Israele.
Gli Stati Uniti mettono in guardia Israele
contro la tentazione di dare un carattere permanente alle incursioni militari
nelle zone sotto il controllo palestinese, Colin Powell, il segretario di Stato americano, chiede ad Arafat di "fare tutto quello che può" per
arrestare la violenza.
Sharon afferma a Mosca che il leader palestinese
costituisce "il principale ostacolo alla pace" e che i negoziati sono
in questo momento impossibili.
Dopo gli attentati a New York e
Washington, Sharon afferma
che Israele ha il suo Bin Laden nella
persona di Arafat.
Il 12 marzo 2002, il Consiglio di
sicurezza dell'Onu approva
la risoluzione 1397, in cui per la prima volta si parla esplicitamente di
"una regione in cui due stati, Israele e Palestina, vivano fianco a
fianco, all'interno di frontiere riconosciute e sicure". La risoluzione
chiede la fine immediata delle violenze e del terrorismo, la cooperazione fra
le due parti per l'applicazione dei piani di pace "Tenet" e
"Mitchell" ed esprime sostegno agli sforzi del Segretario generale e
a chi cerca di aiutare le parti ad arrestare le violenze e a far ripartire il
dialogo.
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu il
30 marzo approva la risoluzione 1402, per il ritiro delle truppe israeliane
dalle città palestinesi mentre gli attacchi terroristici dei figli
dell'Intifada non smettono di martoriare il giovane stato ebraico.
Il resto è storia dei nostri giorni.
[fonti: www.sole24ore.com e www.cnn.it]
Nessun commento:
Posta un commento