Principe della risata
Antonio De Curtis,
decisamente più conosciuto come Totò,
nasce a Napoli il 15 febbraio 1898, in via Santa Maria Antesaecula (rione
Sanità), al secondo piano del numero civico 109. La madre, Anna Clemente, lo
registra all'anagrafe come Antonio Clemente e nel 1921 sposa il marchese Giuseppe
De Curtis che successivamente riconosce Antonio come suo figlio. Nel 1933 il
marchese Francesco Maria Gagliardi adotta Antonio trasmettendogli i suoi titoli
gentilizi. Solo a partire dal 1946 il tribunale di Napoli gli riconosce il
diritto a fregiarsi dei nomi e dei titoli di: Antonio Griffo Focas Flavio Dicas
Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte
palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di
Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia,
di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro,
conte e duca di Drivasto e Durazzo.
All'educazione di Antonio
provvede dunque la madre che, fra l'altro, è l'originaria
"inventrice" del nome Totò. E' lei infatti che per chiamarlo più in
fretta, gli affibbia il celebre nomignolo. Quest'ultimo poi, rivelatosi
particolarmente vivace e pieno di vita, all'età di quattordici anni lascia gli
studi e diventa aiutante di mastro Alfonso, un pittore di appartamenti. L'amore
per il teatro è un'altra causa importante del suo abbandono scolastico. Fra l'altro, nel
collegio dove studia viene colpito con un ceffone da un precettore,
probabilmente esasperato dalla sua irrequietezza, che gli devia il setto
nasale. In seguito questo difetto determinerà l'atrofizzazione della parte
sinistra del naso e quindi quella particolare asimmetria che caratterizza il
volto del comico in maniera così inconfondibile.
Totò inizia dunque a
recitare giovanissimo in piccoli e scalcinati teatri di periferia proponendo al
pubblico imitazioni e macchiette accolte inizialmente con poco entusiasmo.
A soli sedici anni ha
l'amara impressione che la sua passione non può avere sbocchi significativi, e
si arruola come volontario nell'esercito, in cui ben presto si trova però a
soffrire per le differenze gerarchiche che quella carriera comporta. Con un
escamotage riesce a farsi ricoverare evitando di finire in prima linea allo
scoppio della grande guerra. Da quanto racconta la leggenda sembra che sia
stata proprio l'esperienza nell'esercito a ispirargli il motto "Siamo
uomini o caporali?", diventato celebre come simbolo della differenza
tra i piccoli individui pedantemente attaccati alle forme e chi usa
l'elasticità mentale e la capacità di comprendere.
Alla fine della guerra Totò
riprende la sua attività teatrale a Napoli, ancora con poco successo ma nel
1922 si trasferisce a Roma con la famiglia. Qui riesce a farsi assumere nella
compagnia comica di Giuseppe Capece per poche lire. Quando chiede un aumento
della paga Capece non apprezza la pretesa e lo licenzia. Decide allora di
presentarsi al Teatro Jovinelli dove debutta recitando il repertorio di Gustavo
De Marco. E' il successo. In breve tempo i manifesti riportano il suo nome a
caratteri cubitali e fioccano le scritture nei teatri più famosi come, solo per
citarne alcuni, il Teatro Umberto, il Triaton, il San Martino di Milano e il Maffei di Torino.
La vera consacrazione
avviene a Napoli, in particolare grazie agli spettacoli della rivista
"Messalina" (accanto a Titina de Filippo). Intanto era anche nata la
figlia Liliana dall'unione con Diana Bandini Rogliani, che sposerà nel 1935
(divorzierà quattro anni dopo in Ungheria, ma vivranno comunque insieme fino al
1950). La forza di Totò sta principalmente nel forte carisma, cosa che lo
differenzia notevolmente dagli altri attori. Nel suo spettacolo Totò non si
limita a far ridere le persone ma trascina letteralmente il pubblico in un
vortice di battute e situazioni, entusiasmandolo fino al delirio.
Il suo volto rappresenta
davvero una maschera unica anche grazie alla capacità di utilizzare
quell'asimmetria che caratterizza il suo mento per sottolineare momenti comici.
Bisogna dire però che se il successo popolare è eccezionale ed indiscutibile,
la stampa non gli risparmia critiche più o meno giustificate, sicuramente
contrassegnate da un'eccessiva severità, dimostrando in questo di non capire il
suo genio comico fino in fondo (viene tacciato di buffoneria e di ripetere
troppo spesso le stesse battute).
Tuttavia per molti anni
Totò è padrone del palcoscenico, recitando accanto ad attori famosissimi
quali Anna Magnani e i fratelli
De Filippo, in molte riviste di successo, continuando poi la sua carriera,
com'è fisiologico, anche nel mondo del cinema. Già nel 1937 aveva debuttato nel
cinema con "Fermo con le mani" e fino al 1967
interpreterà circa un centinaio di film.
Fra i riconoscimenti
ottenuti nella settima arte si possono citare la Maschera d'argento
(nel 1947), cui fa seguito nel 1951 il Nastro d'argento per l'interpretazione
nel film "Guardie e ladri" di Steno e Monicelli.
Totò ha scritto anche diverse canzoni, fra cui vi è annoverata la celeberrima
"Malafemmena".
Nel 1952 si innamora
di Franca
Faldini cui resterà legato fino alla morte (dalla loro
unione nasce un bambino che purtroppo muore poche ore dopo). Nel 1956 torna al
teatro con la rivista di Nelli e Mangini "A prescindere". Gli impegni
della tournee gli impediscono di curare una broncopolmonite virale che gli
provoca una grave emorragia all'occhio destro, l'unico da cui vedesse dopo il
distacco della retina avvenuto per l'altro occhio vent'anni prima.
Pubblica anche una raccolta
di poesie "'A livella", che fa seguito alla biografia "Siamo
uomini o caporali?" di alcuni anni prima.
Nel 1966 il sindacato
Nazionale Giornalisti Cinematografici
gli assegna il secondo "Nastro d'argento" per l'interpretazione del
film "Uccellacci e uccellini", di Pier
Paolo Pasolini, un grande intellettuale a cui si deve per certi versi lo
"sdoganamento" di Totò. Per questo film Totò riceve anche una
menzione speciale al Festival di Cannes. Ormai quasi cieco
partecipa al film "Capriccio all'italiana" in due episodi: "Il
mostro" e "Che cosa sono le nuvole" (sempre di Pier
Paolo Pasolini).
Il 14 aprile interrompe la
lavorazione e nella notte di sabato 15 aprile subisce un gravissimo infarto.
Il 15 aprile 1967, intorno
alle tre e mezzo del mattino (l'ora in cui abitualmente si ritirava per
dormire), dopo un susseguirsi di vari attacchi cardiaci, Totò si spegne. Alle
11:20 del 17 Aprile 1967 la salma è trasportata nella chiesa di Sant'Eugenio in
Viale delle Belle Arti. Sulla bara, la bombetta con cui aveva esordito e un
garofano rosso. Alle 16:30 la sua salma giunge a Napoli accolta, già all'uscita
dell'autostrada e alla Basilica del Carmine, da una folla enorme.
Viene sepolto nella
cappella De Curtis al Pianto, nel cimitero sulle alture di Napoli, in località
Capodichino. https://biografieonline.it/biografia-toto
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