“Il regista
dei bambini”, il 23 gennaio 1992, portava nelle sale il remake dell’omonimo
film di Ladislao Vajda, del 1955, dando la sua inconfondibile impronta. Il
regista, con stile semplice e lineare, racconta la storia commovente di
Marcellino e della sua amicizia con la statua di Cristo Crocifisso che, ancora
oggi, non smette di emozionare.
“Marcellino
pane e vino”(noto anche solo come “Marcellino”) è l’ultimo film del grande
maestro Luigi Comencini (diretto in collaborazione con la figlia Francesca),
uscito nel nostro paese il 23 gennaio 1992. La pellicola è il remake del
famosissimo e omonimo film di Ladislao Vajda, uscito nel 1955, a sua volta
basato sul libro di José Maria Sanchez Silva, “Marcelino Pan Y Vino”(1953). Il
film ci riporta al 1600, quando alcuni frati francescani trovano, tra le rovine
di un castello, un neonato che sarà allevato nel loro convento, chiamandolo
Marcellino. Un conte, senza figli, cercherà di farlo passare per suo figlio, ma
Marcellino fuggirà dal castello dell’uomo e tornerà in convento. Una volta lì,
instaurerà una forte amicizia con la statua di Cristo Crocifisso, a cui porta
pane e vino, quando può. Cristo gli farà il più grande regalo, quello di
riportarlo dalla sua adorata mamma.
"Il
regista dei bambini" commuove con una storia tra realtà e favola
“Il regista
dei bambini” non poteva non occuparsi delle commovente storia di Marcellino,
qui interpretato da Nicolò Paolucci. Comencini curò anche la sceneggiatura,
scritta a quattro mani con Ennio De Concini e, nonostante lo scarso seguito di
pubblico e il riscontro negativo da parte della critica specializzata,
“Marcellino pane e vino” è sempre molto amato quando viene trasmesso in
televisione. Il regista riesce a dare la sua inconfondibile impronta personale,
con uno stile semplice e lineare, per uscire dallo stucchevole copia e incolla
del film del 1955, dandogli ancora di più l’atmosfera della favola, emozionante
e coinvolgente, con i buoni e i cattivi schierati nettamente, mantenendo
intatti i colloqui celesti tra il bimbo e Cristo, vero fulcro del romanzo e del
film originale. Uno degli elementi nuovi, è la presenza e la storia del conte,
interpretato da Bernard-Pierre Donnadieu (la contessa era Ida Di Benedetto),
che ha dato più dinamismo al racconto, ma le emozioni restano, praticamente,
intatte, al di là di ogni critica al buonismo o a quelle più dure che
attaccarono le nozioni del cattolicesimo bigotto e ancestrale, che si
esplicherebbe, soprattutto, nel finale.
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