Di lui Nietzsche dirà:
"Che un tale uomo abbia scritto, ha accresciuto il nostro piacere di
vivere su questa terra".
Alla luce dello scetticismo
Viaggiatore e moralista antesignano del "filosofo ideale" degli illuministi, Michel de
Montaigne nacque il 28 febbraio 1533 nel castello di Montaigne nel Périgord in
Francia. Educato dal padre in modo del tutto libero ed esente da inutili
costrizioni, imparò il latino come lingua materna da un precettore che non
conosceva il francese. Studiò diritto e divenne consigliere nel parlamento di
Bordeaux (1557).
Il suo primo lavoro letterario fu la traduzione di
un'opera del teologo catalano Raimondo di Sabunda (morto a Tolosa nel 1436),
ossia il celebre "Libro delle creature o Teologia naturale", un testo
di apologetica che cercava di dimostrare, più che con l'appoggio dei testi
sacri o dei canonici dottori della chiesa, la verità della fede cattolica
mediante lo studio delle creature e dell'uomo. Nel 1571 si ritirò nel suo
castello per dedicarsi agli studi. I primi frutti del suo lavoro, raccolti
tuttora nella sterminata raccolta di saggi, sono semplici collezioni di fatti o
di sentenze, desunte da scrittori diversi antichi e moderni, nelle quali non
ancora compare la personalità dell'autore.
Ma in seguito questa stessa personalità
comincia ad essere il vero centro della meditazione di
Montaigne, la quale assume il carattere di una, per unare una sua espressione,
"dipintura dell'io". Nel 1580 egli pubblicò i primi due libri di quelli
che divennero i celeberrimi "Saggi", di cui usci una prima edizione
in due libri nel 1580. Negli anni successivi continuò a rivedere ed ampliare
l'opera fino all'edizione de11588, in tre libri. La morte gli impedì invece di
ultimare la revisione di quest'ultima edizione.
Sempre nel '71, invece, Montaigne lasciò
la Francia e viaggiò in Svizzera, in Germania e in Italia dove, a Roma,
trascorse l'inverno 1580-1581. Nominato sindaco di Bordeaux, ritornò in patria,
ma le cure della carica non gli impedirono di attendere allo studio e
alla meditazione.
Montaigne attendeva come detto ad una
nuova edizione della sua opera con ulteriori arricchimenti, quando morì nel suo
castello il 13 settembre 1592.
"La riflessione di Montaigne si
colloca in un momento di profondi rivolgimenti nella cultura e nella storia
europea, ed egli può dirsi testimone per eccellenza della crisi dei valori e
del sistema di conoscenze scientifiche e filosofiche avvertita nell'Europa
della seconda metà del Cinquecento: da un lato, la caduta del geocentrismo, la
critica ai principi di Aristotele, le innovazioni
mediche dimostravano la provvisorietà di ogni acquisizione umana nelle scienze;
dall'altro, la scoperta del continente americano imponeva la riflessione su
valori morali fino ad allora giudicati eterni e immutabili per tutti gli
uomini. Lo sconvolgimento dell'orizzonte culturale convince Montaigne che il
cambiamento non è uno stato provvisorio cui possa succedere un assestamento
definitivo del mondo umano: la mutevolezza si rivela infatti espressione tipica
della condizione umana, impossibilitata a raggiungere verità e certezze
definitive; di qui ha origine lo scetticismo montaignano, la critica alla
ragione stoica che, fiduciosa nella propria capacità di essere il veicolo della
liberazione umana, non si accorge di essere a sua volta determinata da
consuetudini, influenze geografiche e storiche" [Enciclopedia Garzanti
di Filosofia].
I suoi filosofi preferiti furono Seneca, per il suo stoicismo e la sua razionalità, Catone per il rifiuto alla tirannide, e Plutarco per la sua
profondità etica. Fondamentali furono però gli scettici: nota, infatti, è la
sua preferenza alla volontà razionale contro le passioni che spingono sovente
al fanatismo. - https://biografieonline.it/biografia-michel-de-montaigne
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