Il 24 febbraio 1990 moriva
a Roma Sandro Pertini, partigiano, padre costituente, presidente della Camera e
settimo Presidente della Repubblica italiana. Un personaggio che ha segnato la
storia del nostro Paese ed è rimasto nei cuori di molti -
24 febbraio 2015 Il
Presidente più amato. Nella memoria collettiva Sandro Pertini è senza dubbio il
Capo dello Stato che più di ogni altro ha saputo riavvicinare le istituzioni ai
cittadini. Ma prima di salire al Colle, lunga e intensa è stata la vita del 7°
Presidente della Repubblica italiana.
Classe 1896, Pertini fa
parte della generazione chiamata a combattere nella Grande Guerra e, appena
ventenne, è inviato sul fronte dell’Isonzo come sottotenente e viene decorato
con la medaglia al valore per un assalto sulla Bainsizza. A fine guerra, nominato
tenente, Pertini entrerà a Trento alla testa del suo plotone.
Tornato nella sua Liguria,
il futuro Presidente riprende gli studi, si diploma, si laurea, si iscrive al
partito socialista e comincia la sua militanza antifascista anche grazie agli
incontri con figure di spicco della nascente opposizione come Gaetano
Salvemini, i fratelli Rosselli ed Ernesto Rossi.
Finito nel mirino delle
camice nere, Pertini subisce le aggressioni delle squadracce e, condannato al
confino, si rifugia in Francia da dove tornerà sotto falso nome nel 1929 per
riorganizzare il partito socialista e metterlo in contatto con le altre forze
antifasciste. Pertini viene però riconosciuto e arrestato. La condanna del
Tribunale speciale é durissima: dieci anni di carcere e tre di vigilanza
speciale nelle strutture di Santo Stefano, Turi, Pianosa, Ponza e Ventotene.
Durante la prigionia sua madre scriverà una richiesta di grazia cui Pertini si
opporrà scrivendo: “Non mi associo a simile domanda perché sento che macchierei
la mia fede politica, che più d’ogni altra cosa, della mia stessa vita, mi
preme”.
Nel ’43, dopo la caduta di Mussolini, viene
liberato ma la sua libertà dura poco, viene infatti catturato dalle SS e
condannato a morte. Incarcerato a Regina Coeli insieme a Giuseppe Saragat,
viene liberato dai partigiani.
Nel ’44 Pertini parte per Milano per
partecipare alla liberazione della città dai nazifascisti come membro del CLNAI
e segretario del Partito Socialista per l’Italia occupata. E sarà proprio la
sua voce a proclamare alla radio lo sciopero generale insurrezionale della
città il 25 aprile, tenendo poi uno storico comizio in Piazza Duomo, davanti
alla cittadinanza liberata. E sarà Pertini anche tra le personalità che
decideranno il destino del Duce: “Mussolini, mentre giallo di livore e di paura
tentava di varcare la frontiera svizzera, è stato arrestato. Egli dovrà essere
consegnato a un tribunale del popolo, perché lo giudichi per direttissima. E
per tutte le vittime del fascismo e per il popolo italiano dal fascismo gettato
in tanta rovina egli dovrà essere e sarà giustiziato. Questo noi vogliamo,
nonostante che pensiamo che per quest’uomo il plotone di esecuzione sia troppo
onore. Egli meriterebbe di essere ucciso come un cane tignoso”.
Alla fine della guerra
Pertini viene eletto all’Assemblea Costituente e, nel 1968, è il primo non
democristiano e di sinistra ad essere eletto presidente della Camera dei
Deputati. E’ invece il giugno del 1978 quando viene eletto 7° Presidente
della Repubblica. Nei primi tre scrutini la DC opta per Guido Gonella, il PCI
per Giorgio Amendola e il PSI per Pietro Nenni. La convergenza tra le tre forze
politiche si avrà solo al 16° scrutinio e il nome accettato da tutti sarà
quello di Sandro Pertini: 832 voti a favore su 995.
Salito al Colle in un
momento particolarmente delicato per l’Italia, nel pieno degli anni di piombo,
Pertini caratterizzerà la sua presidenza per il modo non convenzionale in cui
la interpreta, scegliendo ad esempio di non andare ad abitare al Quirinale e
preferendo la sua casa romana.
Storiche sono le immagini che lo ritraggono in
Spagna, durante i mondiali di calcio vinti dagli azzurri, e sull’aereo dove
gioca a carte con il ct Enzo Bearzot. Nel 1984, alla scomparsa di Enrico
Berlinguer, parte da Roma con un volo presidenziale per poter scortare la salma
del leader comunista nella capitale e durante le esequie in piazza S. Giovanni,
Nilde Iotti, ringraziando Pertini dal palco delle autorità, susciterà un lungo
e commovente applauso.
Il 29 giugno del 1985,
Pertini si dimette dalla carica per permettere l’immediato insediamento di
Francesco Cossiga, eletto suo successore, e diventa senatore a vita, ma non
svolgerà più attività politica, tenendo come unico incarico ufficiale la
presidenza della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati, nata a Firenze
nello stesso anno.
Muore a Roma la notte del
24 febbraio 1990, all’età di 93 anni, per le complicazioni di una caduta. Per suo
espresso desiderio le sue ceneri vengono traslate a Stella San Giovanni, suo
paese natale in Liguria.
Nessun commento:
Posta un commento