Mentre Il Suo Uomo
Scalava il silenzio
del cielo, lei era prigioniera del silenzio sulla Terra. John le volava sopra
la testa a 260mila metri d’altezza. Anna era chiusa nel mutismo di una balbuzie
paralizzante e totale. Fuori dalla porta della sua casa in Texas, assediata da
un battaglione di fotografi e di cineprese quel giorno di febbraio 1962, il
vice presidente Lyndon Johnson la implorava di lasciarlo entrare, di potersi
fare bello in televisione accanto alla moglie di John Glenn, dell’astronauta
americano che aveva finalmente cancellato l’onta di Yuri Gagarin, orbitando
attorno al nostro pianeta, ma Ann tacque. Sapeva che non avrebbe spiccicato
parola. Per vent’anni da quando aveva sposato nel1943 quel giovane asso
dell’aviazione, il segreto del mutismo di Anna Castor era stato nascosto
persino all’attenzione spasmodica che stampa e tv americane avevano concentrato
attorno al primo americano scelto per essere sparato in orbita. I vicini di
casa pensavano che Anna fosse sordomuta, perché non parlava e non rispondeva.
Con il dentista ed il medico di famiglia comunicava per iscritto. Agli incontri
con gli insegnanti della figlia partecipava ascoltando, annuendo o scuotendo la
testa. E quando la sua bambina si trapassò il piede su un grosso chiodo, la
prese in braccio sanguinante e corse da un vicino perché chiamasse l’ambulanza.
Sapeva che non sarebbe mai riuscita a spiegarsi, al telefono. C’era soltanto
una frase che riusciva a dire tutta d’un fiato: “Don’t be late”, torna presto. Era la risposta che aveva dato a John
la prima volta che lui era partito per una missione di combattimento contro i
giapponesi. “Vado fuori a comperarti un pacchetto di gomma da masticare”, le
aveva detto con un sorriso noncurante, e poiché lui era tornato intero, quella
frase era diventato il portafortuna con il pacchettino di chewing gum che lei
teneva, intatto, in un taschino sul petto della camicetta. Anche quella mattina
del 20 febbraio prima di essere sparato a 261 mila metri e 27 mila chilometri
all’ora il marito aveva comperato chewing gum e lei ripetuto la raccomandazione
di tornare presto e lui era tornato, come avrebbe fatto di nuovo risalendo in
cielo a bordo di uno Shuttle a 77 anni, ma con una differenza. Mentre i media
esaltavano il coraggio del vecchio astronauta tornato a volare, in casa Glenn
un’altra impresa era celebrata. Dopo aver visto un programma in tv che narrava
di un nuovo metodo per combattere la balbuzie e sentivo ripetere che, come già
era avvenuto a Re Giorgio d’Inghilterra o a Winston Churchill, il difetto
poteva essere curato. Anna si era iscritta al corso. Per tre settimane era
stata costretta a riapprendere l’alfabeto, lettera per lettera, a ricomporre le
parole più semplici. Monosillabe o bisillabe, Le era stato vietato di
telefonare ed era stata obbligata a far spesa da sola cominciando da merci
facilmente pronunciabili, tra le quali, naturalmente, gum. Al termine del corso, aveva potuto chiamare il marito e John
Glenn, eroe di 114 missioni di guerra, primo americano in orbita, senatore,
pianse quando sentì la sua Anna, la donna che conosceva da quando avevano due
anni, parlargli ridendo, senza incespicare. Per il resto della sua vita e
ancora oggi, lei si sarebbe dedicata ad assistere i bisognosi, raccogliendo
fondi, scrivendo, parlando in pubblico. Poco prima che il marito partisse per
l’ultima volta, l’8 dicembre scorso, e se ne andasse dopo 73 anni di
matrimonio, Anna aveva parlato in una chiesa di Houston, raccontando la storia
del proprio silenzioso coraggio. La gente piangeva, ma lei è riuscita a farla
sorridere: “L’ho salutato ieri sera, raccomandandogli di tornare presto, ma mi
ha lasciato senza gomma da masticare. Non ci si può fidare dei mariti”.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 7 Gennaio
2017 -
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