Roma. Da una parte c’è il luogo fisico: la
cassa, dove bisogna materialmente esserci. Dall’altra c’è il web dove basta un
clic. Poi ci sono le giornate ad hoc: come il Black Friday e il Cyber
Monday, E infine una domanda che unisce il tutto: ha ancora senso parlare
di saldi di fine stagione? La domanda se la sono posta sia le associazioni dei
consumatori che quelle dei commercianti. I primi non hanno dubbi: i saldi di
gennaio (e quelli estivi di luglio) sono ormai una farsa, tanto vale
liberalizzare gli sconti tutto l’anno. I secondi chiedono regole certe, in nome
della trasparenza del mercato. Del resto sempre più italiani comprano in rete e
spuntano sconti in media del 10-15 per cento a prescindere dal periodo. Trend
per altro cresciuto visti i dati delle vendite e confermato da una recente
ricerca dell’OsservatoreeCommerce B2C del Politecnico di Milano: gli acquisti
online in Italia nel 2016 hanno raggiunto 19 miliardi 649 milioni di euro, il
18 per cento in più rispetto al 2015. E se Natale è stata una pedina strategica
in questa maratona a doppia cifra, il Black
Friday ha fatto da apripista a questo processo. Quest’anno le svendite
invernali sono cominciate prima della Befana, tra il 2 e il 5 gennaio e
proseguiranno fino a febbraio (in Calabria, Lazio e Liguria, Piemonte, Veneto e
Provincia di Bolzano) e marzo (in tutte le altre regioni, eccetto la Campania
che chiuderà la stagione degli sconti nientedimeno che ad aprile). Ognuno fa
come gli pare? Sì, perché dal 1991 la durata dei saldi la decidono le Regioni.
Ma le previsioni di vendita non sono rosee. Secondo l’associazione dei
consumatori, Adoc, gli italiani spenderanno non più di 250 euro a famiglia e il
grosso degli acquisti si concentrerà alla fine, quando gli sconti arriveranno
fino al 50-60 per cento. Vede nero il Codacons, secondo cui ci sarà una
concentrazione media delle vendite del 5 per cento, il budget previsto scenderà
a non più di 175 euro a famiglia e meno di un cittadino su due (il 45 per
cento) metterà mano ai portafogli per rinnovare il guardaroba. Più ottimisti i
commercianti, come spiega Roberto Manzoni, presidente di Fismo, l’associazione del
settore moda di Confesercenti: “Abbiamo stimato una spesa media di circa 330
euro a famiglia per un valore di oltre 4,9 miliardi di euro”. Una boccata
d’ossigeno per un settore che – secondo i dati Confesercenti – non è ancora
uscito dalla crisi: nel solo 2016 hanno cessato l’attività oltre 6 mila negozi
indipendenti d’abbigliamento, tessili, calzature. Gli esercenti, dal canto
loro, si dicono contrari alla politica del “sempre in sconto”: “Per chi ama
l’abbigliamento in svendita di fine stagione sono meglio del Black Friday, perché non sono semplici
promozioni isolate” continua Manzoni. “Inoltre bisogna distinguere tra
strategie di marketing, spesso aggressive, per attirare clienti con piccoli
sconti, a volte fasulli e i saldi. Questi ultimi sono più convenienti perché
riguardano prodotti che noi definiamo di marcata stagionalità già in assorbimento
nei negozi. Ma servono regole certe e controlli per bloccare i pre-saldi
illegali”. Secondo l’Adoc, infatti circa il 20 per cento degli esercizi
anticipa gli sconti, lanciando promozioni via sms o email ai propri clienti.
Qualche consiglio per evitare brutte sorprese? Conservare lo scontrino perché i
capi in svendita si possono sempre cambiare o restituire. Diffidare degli
sconti superiori al 50 per cento, mai acquistare nei negozi che non espongono
il cartellino che indica il pezzo iniziale e la percentuale di sconto
applicato.
Monica Rubino – Economie – Il
Venerdì di Repubblica – 13 Gennaio 2017 -
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