Abbiamo una cosa in comune con i
pesci: come loro – e a differenza degli altri mammiferi – abbiamo perso la cosa
durante l’evoluzione. Ma i pesci l’hanno rimpiazzata riadattando una pinna
formatasi, inizialmente, per altri scopi. Lo sostiene uno studio pubblicato su Current Biology da una paleobiologa
della University of Pennsylvania: Laurent Sallan. “A supportare questa ipotesi
oggi il fossile di un pesce di 350 milioni di anni fa, l’Aetheretmon: le sue
larve avevano due code, una carnosa, più antica, e l’altra simile a una pinna”
spiega la ricercatrice. “L’evoluzione della cosa carnosa ha consentito ai pesci
di nuotare più velocemente. La seconda coda, quella a pinna, è servita dapprima
a stabilizzare l’assetto del pesce – proprio come la pinna dorsale – e in un
secondo momento si è spostata verso la fine della coda carnosa, assumendo una
nuova funzione motrice. Ed è risultata così efficace che nei milioni di anni
successivi la coda carnosa, nei pesci, si è progressivamente ritirata. “Per
capire come sia possibile, bisogna pensare che la coda cresce come se fosse un
arto: sospinta da continui segnali molecolari che provengono da uno specifico
gruppo di cellule “organizzatrici” poste sulla sua sommità. Nei primissimi stadi
embrionali dell’uomo e del pesce, la coda appare ancora. Ma l’organismo la
sopprime subito, proprio interrompendo i segnali molecolari di crescita. E’
questo che rende possibili certi movimenti – le manovre più complicate nei
pesci e la nostra capacità di camminare eretti o di arrampicarci – che sarebbero ostacolati da una cosa” osserva
Laren Sallan. “La storia di questi antichi riadattamenti mostra che
l’evoluzione non segue alcun piano ma procede, per così dire a vista e opera
col materiale che ha: piuttosto che generare nuove strutture coopta strutture
già esistenti e le modifica per nuovi usi e abilità”.
(g.a.) – Evoluzione – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 30
Dicembre 2016 -
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