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venerdì 6 gennaio 2017

Lo Sapevate Che: Insonnia, brutto affare le notti in bianco degli italiani costano 5 miliardi...



Milano. Stop all’austerity. Addio alle antiquate ricette keynesiane e agli inutili stimoli a pioggia. I Pil non sale? No problem: per far ripartire l’economia mondiale (e regalare qualche decimale di crescita all’Italia) c’è una strada molto più semplice: convincere tutti a dormire di più. L’insonnia – parola del Center for desease control Usa – “è un problema di salute pubblica”. Gli americani hanno tagliato in mezzo secolo da 8 ore a 6 e mezza il tempo che passano ogni notte tra le braccia di Morfeo, calcola Charles Cleizer, responsabile di queste patologie ad Harvard. In Gran Bretagna la media è crollata a 6,8 ore contro le 7,7 consigliate. E pagare un pedaggio salato (oltre ai diretti interessati) è anche l’economia: i disturbi del sonno costano all’Italia per l’Istituto superiore della Sanità fino a cinque miliardi l’anno. Le imprese negli Stati Uniti perdono 63 miliardi l’anno a causa del bioritmo sballato dei loro dipendenti e il costo totale del caro-insonnia per il Paese, incluse spese sanitarie e altre uscite correlate, è per Rand Europe di 411 miliardi di dollari, il 2,2 % del Pil. La bolletta sale a 680 miliardi includendo nel conto Germania (dove il 9% dorme meno), Gran Bretagna (o quasi), insomma, è altissimo. E dopo aver sottovalutato il problema per anni, anche l’America Inc. si è arresa all’evidenza: il riposo dei dipendenti è un bene prezioso per i conti societari. Almeno per due motivi. Il primo è ridurre al minimo il rischio di incidenti: il disastro ecologico della Exxon Valdex, la tragedia di Chernobyl e l’esplosione dello Shuttle Challenger hanno tra le loro concause le troppe ore consecutive di veglia di chi li ha causati. Il secondo è prevenire il “presentismo”, la nuova patologia brevettata dai manuali medici per definire gli impiegati che si presentano al lavoro senza aver dormito e in condizioni di lucidità discutibili: riposare meno di sette ore, stima lo studio Rand, fa calare del 2,4% la produttività. In soldoni, è come se un dipendente lavorasse 6,7 giorni in meno all’anno. La perdita per ogni singolo “malato” d’insonnia, calcola Harvard, è di 2.280 dollari l’anno. E il diretto interessato “ha 1,62 volte di possibilità in più di avere incidenti sul lavoro rispetto a un collega che ha dormito tra sette e nove ore” come ha spiegato in uno studio Sergio Garbarino, neurologo dell’Università di Genova e uno dei maggiori esperti mondiali sul tema. Questo bollettino di guerra – specie la voce dei mancati guadagni, ça va sans dire – ha convinto le società a stelle e strisce a correre ai ripari e a prendere il sonno per le corna. L’Assicurazione Aetna paga un bonus di 25 dollari (per un massimo di 500 dollari l’anno) ai dipendenti che dormono venti giorni – non obbligatoriamente consecutivi – per almeno sette ore. Il piano è stato lanciato dall’ad Mark Bertolini dopo aver letto un articolo della Duke University in cui si sosteneva che un lavoratore ben riposato aumenta il rendimento di 69 minuti al mese. Il revisore dei conti PriceWaterhouse Cooper – una realtà che di numeri ne mastica – organizza da qualche tempo corsi interni per insegnare ai dipendenti a gestire al meglio il riposo notturno. Si illustrano i danni dell’uso dei dispositivi elettronici a letto, si invita a non leggere mail di lavoro dopo l’orario d’ufficio (abitudine che penalizza l’efficienza del giorno successivo, certifica l’Università della Florida e proibita ormai in Francia dalla Loi Travail). Ben G.Jerry, lo storico produttore di gelati americano, ha allestito i suoi uffici con salette e sdraio riservate a chi vuol fare una pennichella a metà giornata. Un azzardo? Mica tanto. La Nasa ha provato scientificamente che un pisolino post-prandiale di 26 minuti aumenta del 34% il rendimento e del 54% l’attenzione pomeridiana. E chi si concede un riposino dopo aver tentato invano per ore di risolvere un videogioco – garantisce la Harvard business Review – Ha il doppio di possibilità di riuscirci al risveglio rispetto a chi si è incaponito a cercare la soluzione senza prendersi una pausa. Di fronte all’evidenza scientifica, insomma, l’insonnia è trattata oggi (ed era ora) come una seria malattia professionale. Goldman Sachs ha nei suoi ranghi “sleep experts” per aiutare i dipendenti a dormire meglio. Johnson G Johnson gestisce sofisticati corsi per gli impiegati comprensivi di video rilassanti e diari del sonno personali per monitorare i progressi. Google, Uber e Capital Lab hanno appena inserito nei loro quartier generali aree ad hoc per chi vuole schiacciare un pisolino senza essere disturbato. Chi non riposa per 20 ore di seguito, ammonisce un consulente del lavoro autorevole come McKinsey, ha la stessa reattività di una persona con tasso alcolemico dello 0,1% nel sangue. Quanto basta begli Usa per essere accusati di ubriachezza. Decisamente meglio non rischiare e dormirci sopra per le canoniche otto re. Ci tengono anche le aziende: la notte – se dedicata a Morfeo – porta consiglio. E anche soldi, molti, ai datori di lavoro.
Ettore Livini – Attualità -  La Repubblica – 4 Gennaio 2017 -

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